Quando si è “punti” dalla Vespa è finita. Si finisce per esserne ossessionati, fino ad arrivare a dedicarle anche un piccolo museo. Non ci riferiamo ovviamente al piccolo insetto ma allo scooter italiano conosciuto in tutto il mondo. Ovunque, in Italia, ci sono collezioni e musei dove appassionati custodiscono le loro amate Vespa. L’ultima struttura ad essere stata inaugurata è stata quella fondata da Gianni Spagnolo, un imprenditore di Carmagnola, paese in provincia di Torino.
Sono ben 36 gli esemplari raccolti dal 2002 da quest’appassionato piemontese. Una collezione iniziata con una Vespa 125 del 1964, poi fatta crescere con l’acquisto di molti esemplari che hanno fatto la storia di quest’eccezionale prodotto italiano. “Attualmente – dice Spagnolo – ne ho 53. Ho deciso di esporne solo una parte”. Nei locali situati nel centro storico della cittadina piemontese ci sono anche un’Ape “calessino” (primo modello del famoso mezzo commerciale a tre ruote che ancora oggi riscuote grande successo) e una Vespa 400, vettura utilitaria prodotta dalla Piaggio a Fourchambault (in Francia) dalla ACMA (Ateliers de Construction de Motocycles et Automobiles), consociata transalpina della Piaggio dove venivano costruite le Vespa destinate al mercato francese. In questo spazio sono custodite tutte le Vespa più significative. Per recuperare spazio è stato allestito una sorta di “ mensola-soppalco”: di fatto i veicoli sono su due livelli. Faro basso del1949, 150 “ Struzzo” del 1955, GL del 1963, Sprint Veloce 150 del 1970, 90 SS del 1970, Rally 180 del 1971, Rally 200 del 1973, P 125 X del 1978 e Vespa T5 del 1985 sono solo alcune di quelle esposte. Una sfilza di Vespa che permette di apprezzare l’evoluzione tecnica ed estetica di questo straordinario mezzo, visibile soprattutto grazie ai differenti telai adottati. L’allestimento del museo ha permesso anche di riportare alla luce delle colonne facenti parti di una chiesa ormai non più esistente.
Collezione Le nostre Vespe
Museo Agusta
Il Museo è una delle espressioni della storia industriale di quest’azienda, concepito per essere una struttura viva, continuamente aggiornata ed estesa, ha tra i suoi propositi quello di rappresentare un polo culturale industriale di richiamo per studenti, appassionati, ricercatori, operatori economici e culturali. Inaugurato nel 2002 per iniziativa del Gruppo Lavoratori Anziani dell’Azienda, è fortemente sostenuto dalla stessa, poiché rappresenta la prima raccolta completa e organizzata dei più significativi mezzi prodotti.
Esso raccoglie centinaia di cimeli, documenti, disegni, fotografie di personaggi, eventi e prodotti, prototipi, modelli e riproduzioni in scala ridotta di aerei, elicotteri, moto e componenti, che ripercorrono quasi un secolo di storia dell’Agusta.
Nella prima sala, appena oltre la biglietteria, viene ripercorsa la storia della Società, tramite dieci pannelli e numerose immagini. È così possibile documentarsi sul primo volo dell’AG1, nel 1907, sulla fondazione della Società MV Agusta, nel 1945 e sul suo debutto nel mondo motociclistico meccanico, fino all’accordo con la Bell Aircraft Corporation per la licenza per la realizzazione dell’elicottero AB47 nelle officine di Cascina Costa e all’acquisizione di SIAI, Marchetti e Caproni Vizzola.
La sezione tecnologica espone l’elicottero monoposto A103, interamente composto di pezzi italiani e alcuni motori, sia aeronautici, sia motociclistici, appartenenti a diverse epoche, che testimoniano i progressi compiuti in questo settore.
Si prosegue nell’ala riservata alle aziende Caproni Vizzola e SIAI Marchetti, che hanno dato un contributo allo sviluppo dell’aeronautica italiana e di cui è possibile ammirare eliche in legno, filmati d’epoca, modelli e varie visualizzazioni grafiche degli aerei fabbricati da entrambe le Società durante la loro attività.
Infine, l’ultima sala espone un simulatore, che consente, a chi vuole provare, di pilotare un elicottero, mentre nella parte inferiore dell’ala nuova sarà possibile sperimentare l’emozione del volo, grazie ad alcuni effetti speciali, e conoscere l’attuale produzione dell’Agusta.
A seguire la sezione dedicata alle moto MV Agusta, dove in una teca è contenuta la prima coppa aggiudicata da una motocicletta MV Agusta. Tra i modelli esposti, anche la gloriosa 350 tre cilindri, costruita su misura per Giacomo Agostini, che conquistò ben 23 titoli mondiali e 11 Tourist Trophy, e varie versioni delle quattro e sei cilindri.
Museo Motom
Storia completa di un marchio glorioso
In un ampio locale di ben 350 mq, porzione di un edificio industriale a breve distanza dal Polo Fieristico di Cerea (Verona) trova spazio il Museo monotematico del motociclo Motom, marchio che si rese famoso per aver motorizzato un gran numero di italiani nell’immediato dopoguerra. Il marchio Motom rappresenta una delle glorie del ciclo-motorismo italiano ed è uno dei simboli del “boom” economico del nostro Paese negli anni Cinquanta e Sessanta. Il museo, inaugurato l’8 marzo 2008, apre al pubblico secondo il calendario pubblicato nel sito del museo e in occasione di eventi motoristici particolari. Apre anche nei giorni infrasettimanali per le scolaresche e/o gruppi di almeno cinque visitatori. All’interno del museo, unico al mondo per la sua specificità, sono visibili gli atti costitutivi della società Motom, i manoscritti in originale notarile e i documenti societari che testimoniano l’evoluzione storica del marchio, tutta la serie dei ciclomotori Motom prodotti dal 1947 al 1970, l’intera collezione di motoleggere e motocicli del medesimo periodo, i motocarri e gli attrezzi agricoli ideati e prodotti per l’industria e l’agricoltura, centinaia di componenti meccaniche brevettate, motori sezionati e scomposti dei principali motoveicoli, molte curiosità d’epoca e tutti i cataloghi dei ricambi e i manuali per l’uso e manutenzione dei veicoli.
Collezione Guido Borghin
Cinquecento moto cross e enduro
Non è facile vedere una collezione-museo con 500 (cinquecento) moto da cross, enduro e regolarità della seconda metà del Novecento. E’ il frutto della passione di Guido Borghin, classe 1940, imprenditore e lui stesso pilota dal 1958 nelle corse ruvide di quell’epoca, che rispecchiano il suo carattere diretto. Lo spaccato che lui stesso offre su quella dimensione agonistica è sintetico ed eloquente: “Ho iniziato a correre a 18 anni nelle competizioni di motocross e nelle gymkane con Laverda 100 e Benelli 125 che non si alzavano da terra nemmeno con la gru, perché allora non esistevano moto da cross ma solo stradali, col manubrio alto e le gomme artigliate”. Corre così, Borghin, un migliaio di gare con Gilera, Morini, Ancillotti Aermacchi, Gori, Zundapp, BSA, AJS, Ossa, Montesa. Poi decide che si può fare di più, come canterà Morandi una decina d’anni dopo. E nel 1975 diventa costruttore della Gabor, che produce un centinaio di modelli di piccola cilindrata, di 50, 75 e 100 centimetri cubici. Il prototipo 125 cc non arriva alla produzione. Nel 1980 chiude tutto “perché la stagione d’oro era ormai tramontata, la legislazione era diventata più severa e non era più possibile andare in moto su sentieri e mulattiere”. Per ricordare quell’epoca ha raccolto in un hangar 500 moto. Visitabili se è in giornata buona.
Collezione Graziano
Un piccolo oliatore in stagno chiuso in una teca di vetro. Giuseppe Graziano, classe 1946, non ha dubbi. E’ quello l’oggetto più vecchio di tutta la sua collezione, definita anche “Museo del progresso”. Una raccolta che narra la storia della più grande industria italiana senza includere al suo interno nessuna vettura.
L’impostazione che questo vivace imprenditore nel campo metalmeccanico ha voluto dare al suo interessantissimo museo permette al visitatore di “vivere” gli aspetti meno conosciuti della Fabbrica Italiana Automobili Torino. Un mondo fatto di colonie estive per i figli dei dipendenti, di penne, orologi, lavatrici, frigoriferi, scatole metalliche di cioccolatini, tazze, bottiglie, spille, lettere e molti altri oggetti accumunati dall’avere impresso il logo della Fiat. Pezzo assolutamente unico è anche la taglierina utilizzata per tagliare i pezzi di legni necessari per fare i modelli, che ha impressa sulla sua base la scritta Juventus, oggetto che evidenzia il legame tra l’azienda e la squadra di calcio.
Piccole cose dietro alle quali si cela in molti casi la vita di migliaia di persone che hanno trascorso la loro vita lavorativa nella grande fabbrica torinese. La chiave d’accesso per questo mondo è Giuseppe Graziano, imprenditore di successo nel campo dei tiranti dei cambi per veicoli commerciali e agricoli.
Cortocircuito
Immersa in un verde parco e circondata da alberi ad alto fusto la collezione di Fabrizio Pasquero raccoglie più di 250 moto, una quarantina di automobili e diversi motocarri. Fra le due ruote, rarissimi scooter Lambretta, Vespa, Cruiser Ducati, Rumi Scoiattolo, MV Agusta Chicco e Ovunque, Berardi Guizzo e molti altri. Le moto sono rappresentate da Miller, Bianchi, Sertun, Perugina, Nettunia, Beta, Taurus,Parilla, Cimatti, Comet, Oram Gloria, Mondial, Demm, Bonvicini, Harley-Davidson, Rumi, Puch, Laverda, Gilera, Morini, Guzzi, Ducati, Yamaha, Suzuki, Guazzoni, Ceccato, Vi-vì ed altre ancora. Molte da competizione, come la MV Agusta quattro cilindri ex John Surtees, unico campione del mondo a due e a quattro ruote. Fra le automobili, MG, Austin-Healey, Jaguar, Alfa Romeo, Fiat, Innocenti, Mercedes, Triumph, Simca, Sunbeam, Lotus, Iso Isetta. Caratteristica esclusiva di questa collezione, curata da Fabrizio insieme al figlio al figlio Luca, è il “cortocircuito” che la circonda, ossia un tracciato di 600 metri fatto costruire dal proprietario, così da farne una piccola Goodwood, circondato da ortensie, aceri, robinie, olmi, tigli, noci. Affascinante l’ambientazione e la scelta dei particolari, i dettagli, i souvenir di auto, moto, corse, la biblioteca e l’automobilia. Da non perdere il filmato realizzato dal figlio Luca Pasquero che coniuga la bellezza del paesaggio alla suggestione dei veicoli esposti. Originario di Sanremo e ideatore del programma di successo “Nonsolomoda”, Fabrizio Pasquero ha realizzato il sogno della vita: raccogliere mezzi iconici del Novecento che, come lui stesso assicura ai visitatori, “la notte chiacchierano e si raccontano le loro avventure perché auto e moto hanno un’anima”. Emozionante.
Collezione Foggiato
Raccogliere per ricordare
Per Paolo Foggiato “collezionare significa conservare per ricordare”. La sua passione inizia fin da piccolo, con modellini di auto, francobolli, fino ad arrivare alle motociclette.
La prima moto da collezione la acquista da un riparatore di mezzi agricoli che la cede volentieri in cambio di un lavoro. L’inizio della raccolta privilegia i mezzi fuoristrada per arrivare alla collezione odierna di cinquantini sportivi degli anni Settanta, bolidi pericolosissimi accomunati da un motore da 49 cc spremuto fino all’ultimo cavallo per ottenere la potenza necessaria a violare la barriera dei 100 km orari. “Pura follia”, dice oggi Foggiato, che aggiunge: “Ho cercato i più belli e significativi in Emilia perché in quegli anni, soprattutto nei garage di Bologna, erano in molti a produrre motorini da sparo”. Oggi la sua collezione raccoglie Malanca, Italjet, Testi, Tecnomoto. Tutti facevano palpitare i cuori dei quattordicenni, per molti dei quali il sogno era la Guazzoni Matta, allestita con stile e componenti dai nomi altisonanti e con un motore a disco rotante uguale a quelli da competizione. Oltre a questi esemplari la collezione conta su Ducati F3, Laverda Lb 125, Suzuki Gamma 250 e varie altre tutte accomunate da una cilindrata piccola in assoluto o relativa alla categoria d’appartenenza.
Collezione Mario Pedrali
Amante dell’unicità e della rarità dell’oggetto, nell’esclusivo contesto del centro storico di Palazzolo sull’Oglio, Mario Pedrali presenta la sua straordinaria collezione privata di macchine per scrivere provenienti da tutto il mondo e moto storiche Sterzi.
“La storia non giudica ai blocchi di partenza, bensì all’arrivo”. Così, parafrasando un’azzeccatissima sentenza del celeberrimo segretario di Stato americano Henry Kissinger, intendiamo aprire questa breve presentazione di un autentico mito motociclistico che conserva a tutt’oggi un fascino per certi versi ineguagliabile nemmeno da parte delle grandi case produttrici ancora in vita.
La “Moto Sterzi” affonda le sue radici negli anni Quaranta. Per l’esattezza, è il 1947 quando l’azienda bresciana (con sede a Cologne) si affaccia al Salone di Milano. In quell’anno venne presentata alla rassegna la 125, poco più di un prototipo, accolto tuttavia dalla stampa già come “modello classico” grazie alle soluzioni tecniche proposte. Per la verità, il lavoro promosso dalla famiglia Sterzi ha radici ancora più antiche, poiché già negli anni Trenta, con a capo Vittorio Sterzi coadiuvato dai figli Aldo, Rodolfo e Giuseppe, aveva avviato un’azienda a Palazzolo sull’Oglio con l’intento di commercializzare biciclette e moto in rappresentanza dei marchi “Dei” e “Bianchi”.
Sul sito sono presenti le schede di tutti i modelli di moto sterzi presenti e una bella brochure scaricabile con i modelli della Moto Sterzi. Non manca una completa fotogallery che comprende anche immagine d’epoca. Molto interessante e ben allestita la storia delle macchine da scrivere, altra “anima” della Collezione Pedrali.
Museo Moto Guzzi
Voluto da Umberto Todero, un tempo disegnatore meccanico del reparto progettazione, il museo occupa il primo e il secondo piano dello stabilimento di Mandello del Lario, in passato rispettivamente magazzino e sede del reparto corse e montaggio motori delle motociclette di serie.
Compiere una visita del museo equivale a ripercorrere ottant’anni di storia di una delle case più rappresentative dell’evoluzione tecnica della motocicletta. L’area espositiva riservata alle moto di serie è costituita da una raccolta di oltre ottanta veicoli, che insieme alla storia della produzione della fabbrica, forniscono una testimonianza dell’evoluzione sociale ed economica italiana.
Il primo modello esposto è un prototipo del 1920, una Moto Guzzi equipaggiata con un propulsore monocilindrico a quattro valvole in testa di circa 12 CV di potenza, in grado di raggiungere i 100 Km/h di velocità massima. A seguire, all’ingresso, s’incontrano i due modelli più significativi della storia dell’“Aquila di Mandello”: la “Normale” del 1921 e la “8V” del 1957. La visita prosegue al piano superiore, suddiviso in quattro saloni, nei quali sono ospitate le creazioni più originali della Casa di Mandello, che l’hanno resa nota sul mercato internazionale e nel settore delle competizioni.
Per chi non fosse esperto di distribuzione a quattro valvole con asse a camme in testa, baricentro basso, ecc… gli esemplari di motocicli esposti costituiscono delle vere e proprie testimonianze del design delle epoche passate da ammirare anche semplicemente dal punto di vista estetico. Gli esperti, dal canto loro, non resteranno delusi, data la varietà dei modelli a disposizione. Infatti, accanto al percorso dedicato ai veicoli che hanno contraddistinto la mobilità degli italiani nel dopoguerra, come la Motoleggera 65 “Guzzino” e il Galletto, se ne snoda un altro che espone le moto da corsa che hanno decretato il mito sportivo dell’Aquila di Mandello. Fra queste la Guzzi 4V del 1924, che si aggiudicò l’oro europeo sul circuito di Monza, la Bicilindrica 500 del 1946 di Omobono Tenni, la Guzzi 350 “Campione del mondo” nel 1955 e la V7 record, derivata dalla V7 di serie, che stabilì 19 primati di velocità all’autodromo di Monza.
La ‘Collezione Mobile’
Collezione Claudio Montagni
Fra le numerose raccolte pubblicate in www.asimusei.it, la Collezione Montagni “Domino Box” è davvero un ‘unicum’ per lo straordinario sistema di parcheggio ed esposizione adottati dal suo ideatore che ha raccolto, restaurato e conservato con infinita passione decine di superbe vetture in un edificio precedentemente occupato dallo stabilimento Alemagna-Eldorado di Milano.
Lo studio e il design, grazie anche alla collaborazione del fratello architetto Dario, hanno creato un luogo suggestivo ed elegante con mezzi di elevato livello, e molti veicoli anteguerra come Ceirano, Bugatti, Lancia, Alfa, Fiat e tante altre auto pregevoli ed iconiche testimoni degli anni Quaranta, Cinquanta, Sessanta e Settanta, ben visibili nelle foto e nei filmati inseriti in questo sito.
L’idea è partita dal ‘Gioco dei Quindici’ creato nel 1874 dall’americano Noyes Palmer Chapman (1811–1889) e si basa su una tabellina sulla quale sono posizionate 15 tessere quadrate, numerate progressivamente. Le tessere possono scorrere in orizzontale o verticale, ma per il loro spostamento è necessaria l’esistenza di un singolo spazio vuoto. Scopo del gioco è riordinare le tessere in ordine progressivo dopo averle “mescolate” in modo casuale.
Il sistema adottato da Montagni per la sua Collezione riduce la quantità di spazio necessario per parcheggiare ciascun veicolo ed ha un tempo di recupero di pochi minuti. Il movimento della macchina su piattaforme è ottenuto tramite due motori elettrici che permettono il movimento orizzontale frontale e laterale.
Il “domino box” è controllato da un sistema computerizzato integrato ed il funzionamento complessivo è visualizzato sullo schermo della console di comando.
Una volta selezionata la vettura da utilizzare, l’impianto conduce il veicolo dall’area di posteggio all’area di uscita ed azzera, inoltre, la possibilità di danneggiamenti.
Questa soluzione è rivolta a collezionisti, progettisti, costruttori e può essere applicata a qualsiasi tipo di edificio (residenziale o commerciale).
Il sistema di movimentazione su piattaforme “domino box” permette di aumentare del 44% la possibilità di parcheggio, contenendo, data la sua semplicità, i costi di realizzazione.