Museo Moto da Competizione

Nate per correre

Moto da competizione del Novecento

Questo museo è stato fondato da Francesco Bazzani, classe 1941, amico dell’imprenditore Luciano Nicolis, a sua volta fondatore dell’omonimo museo di Villafranca. Per molti anni i due amici frequentarono i mercatini e le aste italiane ed europee acquistando splendide auto e moto del Novecento. Da questi “tesori ritrovati”, sottratti all’oblìo del tempo, sono nati due musei distanti fra loro pochi chilometri. Il museo di Bazzani è particolarmente dedicato alle moto da competizione, grande passione del fondatore, visto che lui stesso, in gioventù, fu pilota da corsa in sella a Mondial 125 bialbero. Il fratello di Bazzani ottenne la rappresentanza di varie marche di moto tra cui Mondial, Motobi ed altre ancora. Il Museo Bernardi è un omaggio alle case italiane come Morini, Mondial, Gilera, Guzzi ed MV Agusta che nelle corse del Novecento riuscirono a conquistare risultati sportivi eccezionali, prima dell’avvento delle case giapponesi. Bazzani visse infanzia e gioventù vicino al padre Carlo, nato a una quindicina di chilometri da Castel d’Ario, paese natale di Tazio Nuvolari, dove i Bazzani gestivano un’officina con una dozzina di collaboratori addetti alla riparazione di trattori e motociclette. Successivamente, Francesco Bazzani si afferma come mobiliere. L’amore per la meccanica rimane però in fondo al suo cuore. Così, appena gli è possibile, si avvicina al mondo del collezionismo fino a fondare il museo dedicato al pioniere veronese Enrico Bernardi che nel 1882 brevettò il primo motore a scoppio alimentato a benzina: Enrico Bernardi. Grazie all’amicizia con tecnici di valore come Nerio Biavati e Dino Gilli, Francesco Bazzani restaura splendidi esemplari di Mondial e Morini. In esposizione anche la Ofmer 250, esemplare unico, l’ultima costruita da Biavati. La stampa internazionale definì la Morini 250 Bialbero come “la moto monocilindrica più veloce del mondo”.  Ideata da Alfonso Morini, Dante Lambertini e Nerio Biavati questa moto vinse i campionati italiani 1961 e 1962, nel 1963 il campione piacentino Tarquinio Provini (1933-2005) si lancerà alla conquista del Campionato Mondiale 250 cc. E mancherà la vittoria per due soli punti, causa indisposizione del nell’ultimo Gran Premio. Non mancano però molte moto di produzione straniera, particolarmente iconiche e rappresentative come Indian, Triumph, BSA, Peugeot e molte altre. Tutti i modelli sono perfettamente restaurati o conservati e si presentano in ottime condizioni grazie ad una costante ed amorosa manutenzione. Imponente anche la biblioteca, ricca di documenti originali, progetti, schizzi, libretti di manutenzione e rare fotografie dell’epoca.

Collezione Archivi Storici Carrozzerie Dalla Via

La Carrozzeria Luigi Dalla Via è stata un’azienda italiana fondata nel 1905 a Schio in provincia di Vicenza, specializzata nella realizzazione del rivestimento esterno del telaio di autoveicoli ed in particolare degli autobus. È entrata in liquidazione nel corso del 2007 per poi chiudere definitivamente i battenti. Dopo aver iniziato l’attività come produttrice di rimorchi agricoli ed essersi dedicata per breve tempo alla costruzione di carrozzerie automobilistiche, l’azienda vicentina si è specializzata in carrozzerie di autobus. Negli anni ha ricavato mezzi di trasporto pubblico da vari tipi di telai messi a disposizione dai vari costruttori, tra i quali meritano menzione ad esempio quello ricavato dall’OM Tigrotto. In tempi più recenti vari sono stati gli allestimenti su base Iveco 370 che ancor oggi fanno parte delle flotte aziendali di varie aziende di trasporto pubblico. Tra le più diffuse elaborazione da quel telaio il modello turistico denominato “Palladio” presentato nel 1987 e “Giotto”, quest’ultimo con allestimento sia di linea che noleggio. Oltre che elaborazioni su telai di fabbricazione nazionale l’azienda ha utilizzato anche quelli di primarie aziende estere del settore quali la Mercedes-Benz e la DAF. Le radici venete dell’azienda sono rimarcate anche dai nomi con cui sono stati battezzati i suoi modelli, quasi interamente dedicati a personaggi storici della regione. Anche per questo il Comune di Schio ha affidato all’Historic Club Schio l’intero archivio fotografico e documentale che costituisce un prezioso mosaico di storia del trasporto del Novecento.

Collezione Solex Francesco Manelli

Oggi tutti parlano di slow food e slow drive, per definire un pranzo e una guida lenta, senza fretta. Ebbene, un collezionista ha dedicato a quella dimensione una piccola ma significativa raccolta dei mezzi a due ruote che rappresentano al meglio quel modo di vivere. “C’era un tempo”, racconta l’architetto Francesco Manelli, “in cui gli spostamenti da un luogo ad un altro erano fondamentali ma il tempo necessario per farlo non lo era affatto. Immaginate di essere in aperta campagna e nella quiete della sera e avvertire in lontananza il sommesso rumore di un motore a scoppio, quasi un fruscio, la cui potenza supera di poco il mezzo cavallo. Se vi fermate a guardare, vedrete arrivare un ciclomotore di colore nero con il motore sulla ruota anteriore: un Velosolex, il ciclomotore prodotto in Francia e anche all’estero dal 1946 al 1988. La mia passione nasce con uno di questi mezzi arrivato in eredità da quel tempo. Girare a 25 all’ora godendosi il paesaggio e dando qualche pedalata affrontando le salite più erte mi ha coinvolto al punto di dedicare uno spazio a tutti i modelli prodotti, alcuni acquistati in Italia, altri in Francia”. La collezione Manelli dei modelli Solex è completa e comprende i modelli 45 cc, il 33O con cilindrata 49 cc e tutti gli altri fino alla versione 3800. “Ogni tanto sbuffano e fanno i capricci, il carburatore si sporca o la piccola pompa della benzina esige il cambio della membrana”, sorride Manelli, “ma Il bello è anche questo: metterci le mani, farli funzionare, e fare un giro con il loro confortante rumore di fondo che rimanda ad un tempo il cui la vita era come ballare uno slow”. Il garage è arricchito da alcune vetture d’epoca, fra cui Jaguar XK120 e MGA, anche in versione racing.

Collezione Anapoli

È prevalentemente dedicata alle moto Guzzi la bella collezione di Armando Anapoli di Thiene, che da bambino cresce in una famiglia dove le moto sono l’unico mezzo di spostamento per tutta la famiglia. Su una Falcone 500 salivano il papà, che stringeva il manubrio e dietro la mamma con in mezzo i due figli ancora bambini. Dal ricordo della ‘Sport 500’ del 1930 guidata dal padre, germoglia il desiderio di raccogliere con pazienza una collezione completa dei modelli di Mandello del Lario. Con pazienza e caparbietà Anapoli si cimenta in questa impresa che oggi regala ai visitatori autentiche perle come la ‘Normale 500’ del 1923, la ‘C2V’ del 1924, la ‘Sport’ del 1928 e molte altre rarità.

Hangar Museum

Dal passato al futuro

Il Roma Tokyo Hangar Museum – “RTHM” è dedicato al raid compiuto nel 1920 dall’aviatore thienese Arturo Ferrarin su Ansaldo SVA 9. Giorgio Bonato, fondatore del museo, promuove insieme all’omonima associazione culturale che ha sede in RTHM, una realtà innovativa nel panorama dell’aviazione museale italiana, che coniuga l’esposizione permanente di oggetti e cimeli di assoluto valore con una collezione di velivoli di interesse storico e in perfette condizioni di volo. RTHM conserva e mantiene in efficienza velivoli originali restaurati oppure auto costruiti partendo dai progetti originali e rappresenta un punto di riferimento per avvicinare e approfondire le diverse tecniche costruttive e di restauro, anche attraverso specifici corsi di avviamento e perfezionamento. Nel soppalco dell’hangar c’è una ricca biblioteca con 2500 tra riviste e volumi, prevalentemente a carattere storico. In occasioni particolari, RTHM si trasforma, senza tradire la propria vocazione, in una location polivalente e di prestigio in grado di accogliere eventi e presentazioni. RTHM è visitabile prevalentemente nei week end, meglio tramite visite programmate.

Collezione Ceccato

Un libro aperto sul Novecento

Non basta vendere, bisogna ricordare. Sembra essere questo il messaggio che il Gruppo Ceccato lancia ai visitatori di questa bella collezione collocata su una vasta area sopra i saloni di vendita. Fare un giro qui dentro è come passeggiare nel Novecento, quando le auto contrappuntavano le tappe sociali di molti italiani. Era l’epoca in cui le automobili non erano ancora diventate abitudine, ingorgo quotidiano, traffico paralizzato, parcheggio impossibile e contravvenzioni certe, ma esplosione di libertà, voglia di scoperta, incontro di culture, autonomia nel movimento e, per pochi fortunati, avventure da corsa. Negli Anni Sessanta e Settanta Pino Ceccato interpretò in modo magistrale l’automobilismo nei rally e nelle corse di durata. Guidava auto di famiglia come la 124 e la 125 ma faceva vedere i sorci verdi alle Porsche 911 e alle Alpine-Renault, conquistando così, per i colori della Fiat, tre titoli nazionali Csai nel 1969, 1970 e 1972. Nel 1969, al Nürburgring, Pino corse con Luca Cordero di Montezemolo e Cristiano Rattazzi la “84 Ore” di endurance. Suo padre, Lorenzo, era concessionario Fiat sin dal 1962 ed era molto appassionato di competizioni. Per questo incoraggiò il figlio e lo seguì sui campi di gara. La passione della famiglia Ceccato -che oggi gestisce un articolato gruppo di concessionarie Fiat, Iveco, Lancia e Alfa nel Nordest- era così forte che a Schio, nel 1966, con straordinario anticipo rispetto all’ingresso ufficiale delle Fiat nel mondo dei rally, questi vicentini un po’ svizzeri, tanto era il metodo che applicavano nel loro lavoro, misero in piedi un reparto corse che richiamò i migliori specialisti. A 29 anni, Pino, dopo aver declinato con un sorriso l’invito pressante di Cesare Fiorio che lo voleva ufficiale alla Lancia, riuscì a staccare la spina dicendo “Signori, grazie, è stato bello ma ora vado a lavorare perchè la concessionaria mi aspetta”. E proprio nella concessionaria ha realizzato un museo con una sessantina di vetture, molte delle quali impreziosite dalla Targa Oro dell’Automotclub Storico Italiano. Fra le varie auto esposte, partendo dalle Fiat, i modelli 503 del 1926, 507 del 1928, 508 del 1934, 500C del 1950, 1900 Gran Luce del 1955, 600 del 1956, 1600S del 1965, 1500 del 1966, 124 Coupè del 1967, 850 Coupè del 1967, 2300 del 1968, 125 del 1970, 124 Spider Abarth del 1973 e molte altre. Fra le Alfa, la 1900 Super del 1955, la Giulietta Spider del 1960, la 2600 Sprint del 1963, la Duetto del 1966 e parecchie altre. Le Lancia sono rappresentate da una sontuosa Aurelia del 1952, un’elegante Flaminia del 1962 e ancora Flavia, Fulvia, Beta e Delta in varie versioni. Qualche digressione al made in Italy con Mercedes Pagoda, Volkaswagen Maggiolino e Ford Mustang.

Museo Cesare Cappelletto

A Torre di Mosto, località situata tra Jesolo e Caorle, sorge un museo estremamente interessante ospitato nei locali di un’antica azienda agricola, già proprietà dei conti Giusti. La barchessa ospita la “Collezione Cappelletto”, con oltre 170 mezzi.
“Ho iniziato a raccoglierle, restaurarle e conservarle dal 1981”, racconta Cesare Cappelletto, “frequentando per oltre quarant’anni i mercatini e le mostre scambio alla ricerca di moto ed altri mezzi. Credo sia stata la maturazione di un sogno giovanile, quando viaggiavo in Vespa. La vespa era estremamente versatile e semplice, ma ero affascinato dalle linee, la meccanica e i colori delle Guzzi, alle quali ho dedicato buona parte del museo dove, col tempo e infinita pazienza, ho raccolto un’ampia collezione, dalla prima, chiamata ‘Normale’, fino alla ‘California 850’”.
Oltre alle moto Guzzi, sono in mostra molte Vespe e diversi ciclomotori. Splendida la raccolta arcobaleno dei Ciao. Cappelletto ha avuto la costanza di raccogliere tutte le tonalità cromatiche del famoso cinquantino che fece sognare i baby-boomers degli anni Sessanta e veniva pubblicizzato con slogan simpatici e attraenti poster, dove comparivano ragazzine spigliate che interpretavano il cambiamento e la ventata di freschezza dell’epoca.
Altri mezzi degni di nota sono le moto e i sidecar tedeschi della Zundapp e della BMW a trazione integrale, progettati per la II^ Guerra mondiale e mai più prodotti.
Della Collezione Cappelletto fanno parte anche Frera, Ducati, MV Agusta e altri marchi.
A completamento, una vasta serie di biciclette Bianchi, Dei e Graziella.
Notevole anche la vasta libreria con decine di volumi dedicati alle moto della collezione, oltre a periodici del settore, dai primi numeri a oggi.

Museo Giancarlo Tibaldo

Omaggio alla mobilità e alla comunicazione

La prima forma di comunicazione è la mobilità. Perché favorisce l’incontro, stimola la scoperta e sollecita lo scambio culturale. Per questo nel museo realizzato da Giancarlo Tibaldo, che raccoglie 10 mila pezzi perfettamente funzionanti con netta predominanza dei mezzi di comunicazione come radio, telefoni, televisori, strumenti musicali e decine di migliaia di volumi, locandine e manifesti, trovano uno spazio privilegiato anche le moto e gli scooter. Oltre a Motobecane, NSU, Motom, Montesa, Ducati ed altre, la Rumi è molto rappresentata. Quasi un omaggio a Donnino Rumi (1906 -1980) che a Bergamo, appena dodicenne, prima come garzone di bottega e poi come lavoratore infaticabile, pieno di curiosità, fu attratto da ogni forma di espressione artistica. Non ancora ventenne, gestì la fonderia che nell’anteguerra produceva eliche e periscopi (che ritroviamo nel logo Rumi), con una forza lavoratrice passata dalla decina di collaboratori degli anni Venti ai mille occupati del 1940 e 1500 nel 1955. Nel primo dopoguerra la produzione venne rilanciata nel campo dei macchinari per l’industria alimentare, per l’industria cinematografica e per quella tessile. La produzione motociclistica iniziò nel 1949 con la preparazione di un prototipo presentato alla Fiera Campionaria di Milano nel 1950. Un grave dissesto finanziario provocò la chiusura della Rumi nel 1960.

Veteran Cars

La passione e la nostalgia di tre cognati, all’estero da molti anni, e la vocazione congenita di uno dei tre per la meccanica, hanno dato vita a ‘Veteran Cars’, quasi un club di famiglia per riunire un gruppo  eterogeneo di auto e moto caratterizzate da un comune denominatore: aver suscitato nei fondatori, in gioventù, sentimenti di stupore e ammirazione per alcuni modelli iconici, aver scaricato le pulsioni giovanili su qualche modello sportivo e aver dato libertà ai sogni.  C’è anche un gruppo di auto che appartiene alla generazione dei padri e ricorda l’infanzia. Il proposito di questa collezione è quello di mantenere vivo nelle generazioni future l’interesse per l’affascinante mondo della meccanica, di provare l’emozione di salire su una Lancia o su un’Alfa Romeo e percepire fisicamente la marcata personalità e dunque la differenza fra un’auto e l’altra, sensazione sconosciuta nella produzione contemporanea standardizzata ed uniforme, dove l’identità ha ceduto il posto alla funzione.

Promotore di questa bella raccolta è Giovanni Bergamaschi, veronese, classe 1954, che già da bambino pedalava sulle vetturette Giordani e guardava il papà che guidava un’auto vera chiedendosi quanto tempo mancava ancora al compimento del diciottesimo anno, data necessaria per prendere la patente.

Negli anni dell’adolescenza gli amici lo chiamavano “cacciavite” per la sua intraprendenza nella meccanica, che lo porta ad assemblare, da solo e con pochi attrezzi, un’intera moto e molti altri mezzi meccanici.

Esporta la sua passione in Brasile dove, pur occupandosi di un’attività che nulla ha a che vedere con le auto, raggruppa alcuni mezzi storici locali. “E’ una nazione interessante”, spiega, “dove si possono ancora trovare vetture d’epoca ed eseguire restauri professionali con cifre abbordabili”, sottolinea, ricordando il ritrovamento di una bella Ford modello A riportata a nuova vita.

Se il lavoro è in Brasile, la collezione è nella città natale, Verona, dove ha organizzato una bella raccolta con Lancia Aurelia, Flaminia Touring, diverse Jaguar, Aston Martin, Porsche, Ferrari, Maserati, Alfa Romeo, Fiat 508, Fiat 500C, Fiat Belvedere, Fiat 1100E, Autobianchi Bianchina e molte altre.

Come detto, la collezione non ha seguito un criterio rigorosamente storico di marca, ma si è affidata all’emozione generata dalle auto (e anche da alcune moto) della seconda metà del Novecento, come si intuisce dai grandi poster che ornano le pareti, le vetrine con molti oggetti di automobilia, il banco lavoro con gli attrezzi perfettamente schierati e l’accogliente salotto con divani per trascorrere ore piacevoli insieme agli amici o sfogliare riviste e libri circondati dal fascino irripetibile di linee con un fascino intramontabile.

Museo delle Carrozze

Landau, Brougham, Fiacre, Mail Coach, Vis à Vis
Verona

Ricca collezione con 50 rare carrozze dell’Ottocento, trotter e diligenze postali, tutte perfettamente funzionanti e magnificamente conservate. La collezione era stata raccolta nel Novecento dal commendator Giorgio Giorgi, incaricato di preparare una sezione dedicata alle carrozze per l’Esposizione Universale di Roma del 1942, annullata per la guerra. Le carrozze vennero successivamente donate al Comune di Verona dalla stessa famiglia Giorgi in occasione delle celebrazioni per il cinquantesimo anniversario della Fiera di Verona (che era nata come fiera dei cavalli nel 1898). Sono rappresentati tutti i principali modelli di carrozze dell’Ottocento come il Mail Coach, il Brougham, il Break, il Dos à Dos, il Fiacre, il Vis à Vis e tanti altri tipi. Una verà rarità è il Dog Cart a due ruote per gite e tour di caccia, che deve il suo nome all’apposita gabbia per sistemare i cani. Non manca il Landau, che prende il nome della omonima cittadina tedesca, e il cui primo modello nel 1794 venne utilizzato dall’imperatore austriaco Giuseppe I per compiere un viaggio da Vienna a Landau. Ospitato in un grande padiglione della Fiera di Verona, il Museo delle Carrozze dell’Ottocento è visitabile solo in occasione dell’annuale Fieracavalli e della Fieragricola.