Officine Benelli

Officine Benelli è il nome assegnato al vecchio complesso edilizio della fabbrica Benelli e al Progetto Culturale ad esso strettamente connesso, partendo dall’unico edificio storico rimasto utilizzabile della vecchia Fabbrica Motociclistica Benelli in viale Mameli a Pesaro.
I locali della vecchia fabbrica Benelli, completamente restaurati, sono occupati dal Registro Storico Benelli e dal Moto Club Pesaro “T. Benelli” a cui il comune di Pesaro, proprietario del locale, con delibera di Giunta comunale n.122 dell’8.06.2010 ha stabilito di concedere in comodato gratuito per destinarlo esclusivamente a Museo espositivo delle moto Benelli, MotoBi e delle moto Marchigiane ed alla realizzazione del progetto culturale “Officine Benelli” ad esso connesso.
I mille metri quadrati delle “Officine Benelli” di viale Mameli sono l’ultimo esempio di archeologia industriale, sede storica dell’Azienda metal meccanica che ha contribuito a scrivere la storia della città. Nei locali della vecchia fabbrica Benelli sono oggi, in esposizione permanente 150 motociclette Benelli e MotoBi.
Il percorso inizia dalla sala Tonino Benelli dove sono esposti fotografie di centauri pesaresi, trofei di ogni epoca e motori Benelli, MotoBi. e Molaroni. Prosegue nella grande sala dedicata a Giuseppe Benelli dove oltre alla prima motocicletta transitata a Pesaro nel 1897, un triciclo De Dion Bouton, due rarissime moto Molaroni degli anni venti e anche trenta Benelli costruite prima della seconda guerra mondiale e assolutamente protagoniste per raffinatezza tecnica ed estetica negli anni trenta.
Nel secondo salone tutti i tipi del modello Leoncino, motocicletta che ha segnato la rinascita del marchio Benelli dopo le rovine del secondo conflitto mondiale. Nello stesso salone in evidenza le pluricilindriche a sei e quattro cilindri costruite negli anni settanta, quando il marchio pesarese era stato acquisito dall’industriale argentino Alejandro De Tomaso. Poi la mostra prosegue al piano rialzato, una affascinante struttura di circa 300 mq completamente in legno dove sono in esposizione tutti i modelli prodotti dalla Motobì “l’aristocratica fra le moto” dal 1950 al 1970 e tutta la fantastica serie di ciclomotori Benelli e Motobi indiscussi protagonisti del mercato italiano negli anni sessanta. Uno spazio del piano rialzato è dedicato ad una improbabile partenza per moto da corsa costruite a Pesaro fra gli anni sessanta e ottanta MBA, Morbidelli, Piovaticci e Sanvenero. Tutte moto protagoniste in diverse competizioni a livello mondiale.
La straordinaria storia dei sei fratelli Benelli viene narrata dai soci dei due sodalizi che gestiscono il museo e coinvolgono i visitatori in una ambientazione unica nel suo genere grazie al fatto che le motociclette esposte sono i locali dove sono state progettate e costruite. Poi le stupefacenti vicende dei piloti da Tonino Benelli a Valentino Rossi primo e ultimo di una generazione di centauri che hanno appassionato migliaia di tifosi contribuisce ad arricchire una piacevole visita al mondo motociclistico di una zona indiscutibilmente ricca di storia.

Il museo Benelli e della moto Marchigiana, per il quale viene adottata la denominazione di Mototeca Storica Marchigiana, va inteso come parte importante ed integrante del progetto complessivo che prende il nome di Officine Benelli con il dichiarato intento di svolgere contemporaneamente la funzioni di:

Museo Espositivo delle Moto Benelli – MotoBi e delle Moto Marchigiane;
Centro Culturale di raccolta e diffusione di cultura motociclistica;
Sala Conferenze a disposizione del Museo e/o dell’Amministrazione Comunale;
Scuola di Restauro di Motociclette d’epoca;
Punto di Ritrovo con annessa attività di ristorazione;
Sede del Moto Club Benelli e del Registro Storico Benelli

Museo Autoclub Storico Pesaro "Dorino Serafini"

Alcuni Club ASI hanno particolarmente a cuore la tutela storica delle loro tradizioni sportive. Fra questi, il Club ASP Dorino Serafini di Pesaro che ha trasformato la sua sede in un museo fotografico con splendidi scatti in bianconero e molti cimeli e trofei del campione marchigiano. La storia di questo piccolo ma significativo museo inizia da lontano. Alla fine degli anni 90 Dorino Serafini (1909-2000) aveva affidato in comodato d’uso tutti i suoi trofei al Museo Morbidelli. Dopo la chiusura del Museo, mentre i trofei venivano messi all’asta da Bonham’s, il Club Auto Storiche Pesaro “Dorino Serafini”, con una paziente opera di mediazione, riusciva a bloccare la vendita ed a ricevere in custodia tutto il materiale dagli eredi Serafini. A dicembre 2019 il Club ha organizzato una mostra a Pesaro presso la sala Laurana del Palazzo della Prefettura di Pesaro ed Urbino per fare conoscere alla città i trofei conquistati dal prestigioso cittadino pesarese. Nel novembre 2021 è cambiato il consiglio direttivo del club che ha puntato da subito ad avere una nuova sede del Club pensando di adibirla a museo con cimeli, foto, libri e tutto quello che è stata la vita del campione Dorino Serafini, iniziata negli anni ’30 mietendo successi con le due ruote. Serafini conta nel suo palmares motociclistico due titoli italiani, 1933 con la MM.175 cc e nel 1936 con la Bianchi 500cc. Il trofeo più prestigioso arriva nel 1939, quando il pesarese si aggiudica il titolo europeo (equivalente del Mondiale di oggi) con la Gilera 500 cc. 4 cilindri. Terminato il cruento secondo conflitto mondiale, Serafini ritorna in pista con le auto. Cisitalia, Frazer Nash, Osca MT 4 e Maserati 4CLT, sono i vari marchi che portano alle prime prestigiose affermazioni, che consentono all’asso pesarese di entrare come pilota ufficiale nella Scuderia Ferrari, affiancando Alberto Ascari e Gigi Villoresi. Arrivano prestigiose vittorie e piazzamenti nelle gare più importanti dall’Europa al Sud America, come il secondo posto nella Mille Miglia del 1950. Nell’edizione 1951 della “Corsa più bella del mondo” Serafini parte da Brescia con i pronostici che lo vedono tra i favoriti per il successo finale. Purtroppo un terribile incidente, lo costringe ad abbandonare definitivamente le corse.

Alcune foto sono state concesse gentilmente dall’archivio del giornalista storico Franco Andreatini

Museo Morbidelli

Scrivere la storia di questo museo equivale a raccontare la storia di una vita spesa per i motori e le motociclette, quella di Giancarlo Morbidelli, a cui si deve la paternità della raccolta.

Non è semplice definire quest’uomo: collezionista di motociclette storiche, costruttore di moto da GP, ideatore e realizzatore di motori plurifunzionali per motociclette? Forse questo marchigiano è tutto questo insieme, ma ciò che è certo è che fu così abile da eccellere in qualunque attività a cui si dedicò e la conferma delle sue grandi capacità e della sua passione per le due ruote, è la realizzazione del museo, che si è meritato il titolo di più bel museo di motociclette storiche in Europa, dall’esperto Augusto Farneti.

La raccolta, ospitata nel suo vecchio stabilimento e inaugurata nel 2000, consente di ripercorrere l’evoluzione tecnica della motocicletta, come è possibile in poche altre strutture al mondo. Ma vediamo nel dettaglio quali elementi rendono questo museo uno dei primi al mondo.

Innanzi tutto, il modo in cui è ordinata la collezione permette al visitatore un approccio molteplice ed agevole grazie alla razionalità con cui sono state sistemate le motociclette, che insieme alla “classificazione” per epoche dei mezzi contribuisce a rendere piacevole la visita. Inoltre tutto è studiato per funzionare alla perfezione, luce, spazio, descrizione tecnica dei mezzi.

L’osservazione degli storici esemplari è facilitata sia dalla posizione rialzata, sia dall’ampio spazio che distanzia le pedane e da una speciale pellicola a specchio sui pavimenti, che permette di guardare anche la parte inferiore.

Il percorso è introdotto da un cartello che riporta le indicazioni relative al periodo di produzione delle motociclette esposte. Si comincia dai primi anni del secolo scorso con una motocicletta bicilindrica della Casa Svizzera Moto Reve del 1906 e una Stucchi sempre bicilindrica del 1915, che costituiscono solo un piccolo assaggio, perché sono più di 250 i modelli su cui posare gli occhi.

La parte del museo che più racchiude tutta la passione e la dedizione del suo proprietario per il motociclismo, è quella nella quale sono raccolte le motociclette che hanno partecipato al Campionato del Mondo, dalla tranquilla 50 cm3 alla potente 500 cm3, che riassumono lo sviluppo di questa piccola Casa, che è riuscita ad imporsi anche sulla concorrenza giapponese.

Collezione Luigi Marignani

Luigi Marignani ha partecipato negli anni Sessanta a diverse competizioni al volante di Abarth GT. I primi ricordi motoristici affondano le radici nell’immediato Dopoguerra, precisamente nel biennio 1947 e 1948, quando nella sua città, Frosinone, restò folgorato dalle moto da corsa guidate da campioni come Libanori, Roccatani,Liberati, Sartori, Mancini, Frasca ed altri ancora, che si cimentavano su un circuito cittadino. Diventa poi concessionario Abarth di zona e stringe amicizia con diversi piloti locali. Nel 1964 è fra i fondatori del ‘Frosinone Auto Sporting’ ed organizza la cronoscalata Magione-Veroli. La gara vide il debutto la nuova Porsche 904 GTS di ‘Noris’, pseudonimo di Giacomo Moioli, nativo in provincia di Brescia ma veronese d’adozione, velocissimo pluricampione italiano delle gare in salita. Nell’epoca d’oro di queste competizioni Marignani è fra i promotori della Guarcino-Campocatino e ottiene lui stesso lusinghiere affermazioni in questa gara e nella Fiuggi-Arcinazzo, nella Valvisciolo- Bassiano, nella San Benedetto del Tronto-Acquaviva Picena oltre a piazzamenti nei primi posti nelle Salita del Terminillo, nella Coppa del Cimino, nel Trofeo Micangeli e nella Svolte di Popoli. “Non ero un fuoriclasse”, sorride ricordando il suo passato sportivo, “ma soltanto un grande appassionato che mirava ad arrivare in fondo ricordando sempre che una rottura costava troppo, un incidente con gravi danni era una spesa pesante e che, dopo le corse, c’era il lavoro che mi attendeva”. Nel 1964 è fra i fondatori del ‘Frosinone Auto Sporting’. Verso la fine degli anni Settanta affiora in lui il desiderio di conservare le vetture con un passato storico. “Mi aiutò l’entusiasmo del ‘Circolo Auto e Moto d’Epoca Frusinate’ nato con l’intento di mantenere vivo l’interesse per il motorismo storico in Ciociaria e trasmettere ai giovani questo patrimonio di cultura”. I suoi contatti si allargano, anche fuori Italia, e piano piano la sua collezione si arricchisce sino a raggiungere una settantina di esemplari con molte Alfa, Ferrari, Lancia, Cisitalia, Fiat, Siata, Maserati, Mercedes, Porsche, Jaguar, Singer, Rolls-Royce, Bentley, Connaught e molte altre. Notevole anche la sezione motociclistica con l’Alpino 48,il Mosquito Garelli, la MV vincitrice  del circuito di Frosinone, una raccolta completa dei modelli Rumi ed altri modelli storici di case costruttrici italiane, come Guzzi, Morini, Gilera, Piaggio, Bianchi, Benelli, Ducati ed altri modelli  tedeschi (BMW) ed inglesi (Triumph) di grossa cilindrata anche anteguerra. Fra le moto moderne che fanno parte della collezione sono una Harley-Davidson ed una Honda 1500cc. Tutti i modelli sono perfettamente funzionanti ed in uno stato di conservazione eccellente

Collezione Rinaldo Detassis

La collezione trentina Rinaldo Detassis, CRD,  ha uno slogan che parla chiaro “1945 l’Italia si mette in moto”  e riporta agli anni difficili del dopoguerra quando, piano piano, auto, moto e sidecar iniziarono ad abbattere distanze che prima sembravano insuperabili favorendo incontri, conoscenze, opportunità e dialogo. CRD propone circa 160 tra auto e moto, con molti esemplari Guzzi.

Museo Giancarlo Tibaldo

Omaggio alla mobilità e alla comunicazione

La prima forma di comunicazione è la mobilità. Perché favorisce l’incontro, stimola la scoperta e sollecita lo scambio culturale. Per questo nel museo realizzato da Giancarlo Tibaldo, che raccoglie 10 mila pezzi perfettamente funzionanti con netta predominanza dei mezzi di comunicazione come radio, telefoni, televisori, strumenti musicali e decine di migliaia di volumi, locandine e manifesti, trovano uno spazio privilegiato anche le moto e gli scooter. Oltre a Motobecane, NSU, Motom, Montesa, Ducati ed altre, la Rumi è molto rappresentata. Quasi un omaggio a Donnino Rumi (1906 -1980) che a Bergamo, appena dodicenne, prima come garzone di bottega e poi come lavoratore infaticabile, pieno di curiosità, fu attratto da ogni forma di espressione artistica. Non ancora ventenne, gestì la fonderia che nell’anteguerra produceva eliche e periscopi (che ritroviamo nel logo Rumi), con una forza lavoratrice passata dalla decina di collaboratori degli anni Venti ai mille occupati del 1940 e 1500 nel 1955. Nel primo dopoguerra la produzione venne rilanciata nel campo dei macchinari per l’industria alimentare, per l’industria cinematografica e per quella tessile. La produzione motociclistica iniziò nel 1949 con la preparazione di un prototipo presentato alla Fiera Campionaria di Milano nel 1950. Un grave dissesto finanziario provocò la chiusura della Rumi nel 1960.

Museo “Vite da Vespa”

Collezione privata “Vite da vespa” ospitata nel Museo Civico di Palazzo Cento

IL MITICO SCOOTER IN UN MUSEO UNICO

Smessi i panni di bomber di razza, Marco Romiti ha indossato quelli del collezionista e ha creato l’antro delle meraviglie nella cantina di un antico palazzo del centro storico di Pollenza.

Stupendi tutti e tre: il centro storico, il palazzo e l’antro delle meraviglie che altro non è che il museo della Vespa, il famoso scooter della Piaggio. Il museo comprende un archivio storico sulla Piaggio e sul prodotto più noto del gruppo di Pontedera: la Vespa.

Ci sono ovviamente tanti modelli in esposizione: tra i più rari la 98 cc prima serie del 1946, la Vespa Sei giorni (1951), Acma militare, la Vespa 400 (unica vettura prodotta dalla Piaggio).

L’unicità del museo di Romiti, tuttavia, deriva dalla raccolta di materiale del Vespa Club d’Italia e di tutto il materiale che lega la Vespa al cinema. Raccolti, così, fotografie, coppe, trofei, placche delle manifestazioni che raccontano la storia del nostro paese, ma anche locandine cinematografiche e calendari, rarissimi 8 mm sui raduni, gli oggetti che testimoniano come il merchandising non sia un’invenzione di adesso, persino i giochi dei bambini comunque legati all’immaginazione dello scooter.

Il collezionista, nel 1982 insieme alla moglie Mariella, ha iniziato a raccogliere il materiale acquistando la prima Vespa venduta nella Provincia di Macerata, una delle prime in assoluto in Italia stante il numero di telaio. Partire con un pezzo importante è stata una fortuna perché la passione è subito divampata, poi gradualmente hanno messo assieme tutto il materiale focalizzando l’attenzione sulle attività dei Vespa club d’Italia.

Il Vespa club è stato il club di marca con più iscritti del mondo e ha svolto un ruolo fondamentale nell’affermarsi del marchio. Uno dei più attivi, spinto dalla passione del conte Leopardi, era quello di Ancona ma tutti si prodigavano nella realizzazione delle imprese più stravaganti ma soprattutto, attorno al proprio oggetto d’amore, costruivano amicizie e rapporti a durare e a non lasciarsi intaccare dalle differenze. Ancora adesso, il Club ufficialmente si è sciolto negli anni settanta, è stata trovata in loro amicizia e cordialità tanto che molti hanno dato il materiale a titolo gratuito per il piacere di vedere crescere il museo.

La Vespa come religione: sono tanti gli aneddoti che il collezionista conosce. Nel 1952 i vespisti promisero di marciare tutti assieme allorquando Trieste sarebbe tornata italiana: e la promessa fu mantenuta nel 1954 (è esposta la placchetta che ricorda l’avvenimento). Nel 1957 oltre 500 donne facevano parte del Club ragazze in Vespa: segno di emancipazione in un mondo che stava cambiando ma che consentiva loro di votare da pochi anni. E così via, la storia della Vespa è legata al nostro tempo in maniera strettissima: basta guardare i calendari e le illustrazioni (e, per certi versi, la pubblicità) sui giornali dell’epoca.

Romiti, ora, oltre alla soddisfazione per il risultato conseguito, ha un rammarico: che tantissimo materiale stia prendendo la strada per l’Oriente dove la Vespa è un vero e proprio culto.

Si disperde così un patrimonio che difficilmente potrà essere riacquisito.

Il museo è aperto il sabato e la domenica nel periodo estivo. Comunque la prenotazione è consigliata, in ogni periodo, dell’anno chiamando direttamente il Servizio Cultura e Turismo del Comune (tel. 0733/548705).

Sulla Vespa, sul suo successo, sulla importanza che ha avuto nella costruzione di un immaginario collettivo nel nostro paese, sono stati scritti talmente tanti volumi da rendere improvvido il tentare di parlarne in poche righe. All’uscita del museo di Romiti, però, resta una sensazione che la Vespa trasmette: la libertà di progettare e costruire un futuro dove l’individuo ha come limite la propria fantasia. Forza Vespa, allora, abbiamo ancora tanti chilometri da fare.

Collezione Filippetti

Questa esposizione permanente è dedicata alla memoria di Goliardo Filippetti che aprì la sua prima officina nel 1946, negli anni duri del Dopoguerra. Questo grande appassionato diventerà poi concessionario Benelli e Motobi nella zona di Narni. Per lunghi anni nella sua officina sono state preparate molte moto da competizione che si cimentavano nel Campionato Italiano di Velocità sui circuiti stradali di Camerino, Senigallia, Terni. La frequentazione  di campioni del calibro di Liberati, Masetti, Provini, Venturi e Mendogni, unitamente alla sua grande passione e competenza specifica, ha permesso a Filippetti di mettere insieme una bella raccolta  all’interno della quali gli esemplari più significativi sono, relativamente al periodo 1900-1920, Moto Revè, Moto Sacoche, Frera, BSA, Triumph, per il successivo periodo compreso dal 1920 al 1930 Mas, Aja e Zundap, per il periodo dal 1930 al 1945 Moto Sertum, Benelli, Guzzi, Nsu, Gilera, Bsa, Astra, Simplex e infine per il periodo dal Dopoguerra fino agli Sessanta, Motobi, Demm, Laverda, Parilla. Complessivamente le moto raccolte da Goliardo Filippetti sono una sessantina, alle quali vanno aggiunti diversi ciclomotori degli anni Settanta.

Collezione Sandroni

Esposizione di numerose motociclette da corsa, alcune delle quali appartenute a grandi campioni quali Pasolini e Saarinen, le Ducati di Bayliss e Capirossi e la moto di Valentino Rossi, concittadino del titolare Giuseppe Sandroni, con cui il campione di Tavullia ha partecipato al campionato italiano ed europeo. Oltre alle moto da Gran Prix, la collezione comprende varie Benelli, la più importante casa motociclistica marchigiana che si trova a pochi chilometri dalla questa interessante realtà museale.