Collezione Triolo

“Una passione per le moto innata, legata particolarmente alle “moto a raggi” sinonimo di due ruote “nude e crude”, anche perché coprire con carene la tecnologia di quei tempi sarebbe stato uno scempio. Sulle moto a raggi si basa quindi la mia collezione, vi invito a vederla”. Ecco quali sono le parole con le quali Angelo Triolo introduce la sua collezione.
Una raccolta iniziata con la prima moto comprata da uno sfascia carrozze (le sue risorse economiche di allora non permettevano altro e mi sono dovuto arrangiare): una NSU SuperMax rimasta alluvionata a Firenze dallo straripamento dell’Arno nel 1966. Il ricordo dell’avviamento di questa moto è rimasto impresso nella mente di Triolo. Da allora non è cambiato niente e la passione per le “moto a raggi” è rimasta, anzi è cresciuta ancora. Tale passione lo ha spinto a creare una collezione visitabile da tutti gli appassionati. Sul sito sono visibili le schede di tutte le moto della collezione.

Museo Piaggio

L’edificio dove oggi sorge il Museo Piaggio è l’ ex Attrezzeria, uno dei capannoni più antichi dello stabilimento di Pontedera, che nel 2000 è stato ristrutturato per ospitare il Museo, centro di elaborazione artistica e culturale.

La sua collezione permanente di veicoli storici, attira un numero sempre crescente di appassionati e curiosi da ogni parte del mondo, mentre l’Archivio Storico, uno dei più preziosi archivi d’impresa italiani, conserva la documentazione relativa alla storia dell’azienda, rappresentando uno strumento eccellente di valorizzazione della memoria locale e nazionale.

Attraverso le attività culturali che promuove in collaborazione con le amministrazioni pubbliche e la rete associativa locale, la Fondazione Piaggio vuole rafforzare il rapporto impresa-cultura-territorio attraverso esposizioni temporanee, incontri e manifestazioni culturali di grande interesse.

Il Museo Piaggio è dunque un luogo da visitare, vivere e interpretare. È l’emblema di un viaggio emozionante nella storia di una grande azienda e nel costume italiano, dal dopoguerra ai giorni nostri, che non può lasciare indifferente il visitatore.

INGRESSO:
Gratuito

VISITE GUIDATE:
a pagamento, su prenotazione in italiano e inglese

SERVIZI AGGIUNTIVI:
Attività didattica, biblioteca, sala convegni/conferenze, sala espositiva per mostre temporanee, bookshop con ricambi e accessori Vespa e Gilera (si accettano bancomat e carta di credito). Accesso per i disabili

Museo Alta Valdera

Il museo nasce con intento benefico ed e’ frutto della collezione dell’appassionato Varo Biliotti. Insieme al comitato AltaValdera , ha costituito questo museo. All’interno possiamo trovare un esposizione di tipo didattico legata al mondo della meccanica e dei motori. Per gli appassionati di moto da segnalare la presenza delle Marche , Guzzi, Piaggio , Mival e Moto Morini . Di sicuro interesse fra gli altri , il motociclo Oriol del 1910, con motore inglese sotto canna utilizzato durante la prima guerra mondiale . La sede si trova a Selvatelle (Pisa), via Aldo moro 13.

Collezione Dainelli

Collezione Graziano Dainelli Tavernuzze (Firenze)

Protagonista di questa collezione realizzata con impegno e dedizione da Graziano Dainelli a Tavernuzze (vicino a Firenze) è la Harley Davidson, in particolar modo gli esemplari appartenenti al periodo compreso fra la prima e la seconda guerra mondiale. Complessivamente i mezzi raccolti, restaurati e custoditi con amore da Dainelli sono un centinaio e comprendono, oltre alle Harley, anche molte altre moto rare. La prima fu una BSA regalatagli dal nonno quando aveva appena quattordici anni. Fra gli esemplari più ragguardevoli presenti nella collezione Dainelli è orgoglioso di due tricicli De Dion Bouton 1899 della Perfecta, di una Griffon del 1904 (partecipò alla Paris-Bordeuax-Paris). Numerose anche le moto tedesche, fra le quali Zundapp KS della Whermacht su disegno di Ferdnand Porsche e Bmw R75. Notevole anche una FN del 1902, una Peugeot del 1903 e una Alcyon del 1907. Una delle motociclette a cui Dainelli è più affezionato è la fiorentina Motopiana, una 250 del 1926 che è stata tra le grandi protagoniste delle corse degli anni 20/30. “Spesso anche le Guzzi ne respiravano la polvere”, commenta ironico Dainelli. Fra le auto, una Fiat tipo 2 del 1916.

Museo dei Lambretta Club

Il museo nasce nel 2003 attraverso la collaborazione di alcuni appassionati dei Lambretta Club Campania. La collezione è esposta su due piani: al piano terra le Lambrette dal 1947 al 1970, al primo piano le Lambrette dal 1958 al 1970. In esposizione alcune versioni speciali (Olimpiadi Roma, Alpini, Gelataio, Barbiere, Vigili del Fuoco, Vigili Urbani, Croce Rossa Italiana, Coca-Cola, AGIP Gas, Poste Italiane, da competizione). A completamento della collezione si possono vedere l’archivio storico dei rivenditori Lambretta a livello regionale e nazionale e l’archivio dei verbali dei Lambretta Club d’Italia. Sono presenti trofei, medaglie olimpiche, poster e depliant.

Museo della Lambretta Carlo Miniero

Questa bella raccolta dedicata al marchio Innocenti Lambretta propone un’interessante retrospettiva di scooter prodotti a Lambrate, partendo dal rarissimo modello A del 1948 fino ad arrivare dall’elegante e sinuoso ‘Lui’ disegnato da Bertone e così attraversando l’intera storia della Lambretta, lo scooter per antonomasia insieme alla Vespa che nella seconda metà del Novecento contribuì a motorizzare il nostro Paese. La collezione Miniero annovera anche una ricca dote di pubblicazione tematiche, riviste, libri, cataloghi, foto.

Museo Moto Laverda

Il Museo è situato a pochi metri dalla vecchia fabbrica e gestito da un’associazione di promozione sociale guidata da Werner Ricciolini, grande cultore e appassionato del marchio. Allestito in un suggestivo sito vintage, ospita in due grandi sale oltre 100 esemplari di motociclette costruite tra il 1948 ed il 2000 con più di mezzo secolo di storia raccontata da motociclette, fotografie, oggetti, testimonianze e documentazioni. Vista l’affluenza, gli organizzatori hanno dovuto riservare cinque grandi aree di parcheggi gratuiti. Del resto l’occasione era ghiotta.
Molte moto provengono dal Museum Collection of Laverda, che aveva sede a Lisse (Olanda), ed era nato dalla collezione di Coor Dees. Intorno al 2017 la bella raccolta era stata messa in vendita, completa di 81 motociclette, prodotte dal 1950 al 2000, oltre a una miriade di oggetti e memorabilia legati allo storico marchio italiano. Il primo acquirente fu un americano. Poi intervenne Werner Ricciolini che, fortunatamente, riportò a casa l’importante collezione, aggiungendo altri pezzi importanti.
Si parte dagli Anni Cinquanta con i modelli 75 sport e 100 sport che brillarono nella Milano-Taranto e nel Giro d’Italia. Gli Anni Sessanta sono rappresentati da scooter e fuori strada, per arrivare agli Anni Settanta con le versioni stradali della GT 650-750, SF 750 in tutti i modelli costruiti tra il1968 ed il 1976. Presenti cinque esemplari originali di SFC 750, tra cui moto ufficiali che la Casa schierò in importanti competizioni internazionali. La mitica 1000 V6, costruita nel 1977, detta anche la Formula 1 su due ruote, è un esempio di innovazione ingegneristica e tecnica costruttiva. Esposta anche l’intera gamma delle 1000 3 cilindri (1972-1978), la 1000 RGS, la famosa Jota 1000 nelle 2 versioni, RGA e le 1200 nelle varie versioni. L’esposizione si conclude con le produzioni degli Anni Novanta. Un’area è dedicata agli strumenti di lavoro della fabbrica: uno spazio che rappresenta la storia di un territorio. Non a caso durante l’inaugurazione la sindaca di Breganze Piera Campana ha sottolineato il valore sociale di questa iniziativa, non solo per attirare appassionati in visita e dunque promuovere il turismo, ma anche per ricordare l’operosità di un territorio, il Veneto, che nel Novecento ha lavorato molto ma esibito poco.
Sulle pareti dei due padiglioni che costituiscono il museo fanno bella mostra immagini storiche, tute di campioni famosi, gadget e memorabilia del celebre marchio veneto.

 

Collezione Crippa - Registro Storico Rumi

La bella collezione dedicata alle moto e agli scooter Rumi (ma non solo) a Treviolo di Bergamo è stata realizzata dall’imprenditore edile Riccardo Crippa che, negli anni Ottanta, rilevò la vecchia fabbrica di via Moroni.

Con un paziente lavoro di ricerca, il collezionista bergamasco, ben supportato dai figli Simone e Nicola Mattia, che condividono la sua stessa passione, ha raccolto una prestigiosa collezione dedicata alla fabbrica di moto che chiuse i battenti nel 1962.

Va infatti ricordato che negli anni Cinquanta, accanto a marchi già famosi come Guzzi e Gilera, prosperavano in Italia numerose case costruttrici come Piaggio, Innocenti, MV Agusta, Benelli, Motobi e Morini. Insieme a loro, un posto di primo piano venne conquistato dalla Moto Rumi. Fin dal suo primo apparire, il marchio di Bergamo si distinse per la raffinatezza e la qualità delle proprie realizzazioni.

Nella categoria delle moto leggere da 125 cc, la Moto Rumi raggiunse vertici assoluti, sia nella produzione di serie, con modelli quali le 125 Turismo e Sport, il “Gobbetto”, lo “Scoiattolo” o la “Junior”, per la partecipazione alle competizioni “su strada”, nelle quali colse importanti vittorie. Anche per le gare “fuori strada” progettò, per prima, nel 1952, un modello specifico per la categoria che allora era la Regolarità.

Riccardo Crippa, promotore del Registro Storico Rumi e fondatore della raccolta dedicata alla Moto Rumi ha ripercorso la lunga e articolata storia della casa bergamasca nel volume “Rumi, la moto dell’artista” (Nada editore 1992).

Nel libro è ben descritta la figura di Donnino Rumi (19061980), industriale bergamasco, figlio del fondatore dell’azienda, che nell’immediato dopoguerra, cessate le forniture militari, decise di ampliare la produzione della sua industria con la costruzione di motociclette leggere, affidando il progetto del propulsore all’ing. Pietro Vassena nel 1948.

L’anno successivo, in joint-venture con la casa motociclistica milanese AMISA, produttrice di telai e chassis, venne posta in vendita e fu presentata al 27° Salone di Milano come AMISA-Rumi 125cc.

Visto il successo ottenuto al Salone e la scarsa capacità produttiva della AMISA, la Rumi decise di costruire anche il telaio in proprio. Nel 1950 iniziò la produzione industrializzata del modello Turismo e del modello Sport, sempre della stessa cilindratama con caratteristiche più performanti rispetto al precedente; fu questo probabilmente il modello di maggior successo della casa, la cui produzione continuò fino al 1958.

Le Moto Rumi si sono sempre distinte per la loro originalità, tanto stilistica quanto tecnica, tanto da essere definite le moto dell’artista anche per il fatto che il loro “padre”, Donnino Rumi, fu un valente pittore e scultore e dedicò all’arte anche tutto il suo tempo libero e, una volta ritiratosi dall’attività industriale, a tempo pieno.

Nel 1951 la Rumi volle cimentarsi anche nel settore degli scooter, all’epoca dominato dai due colossi Vespa e Lambretta, presentando due veicoli molto originali lo Scoiattolo, rimasto in produzione sino al 1957, seguito nel 1954 dal Formichino, con una particolare carrozzeria in fusione di alluminio, che rimase in produzione sino alla chiusura dell’azienda (1962). Questo modello restò l’icona più famosa e rappresentativa della casa bergamasca. Un’altra tipologia di moto che furono particolarmente sviluppate sono le Moto Rumi regolarità, molto in voga ai tempi e paragonabili alle attuali enduro.

Noti furono anche i primi ‘Go Kart’ motorizzati con l’ormai rinomato motore 125cc. L’azienda bergamasca, dopo aver raggiunto l’imponente traguardo con 1.500 occupati  nella seconda metà degli anni Cinquanta, venne coinvolta in un dissesto finanziario causato in parte da sconvolgimenti politici in Argentina, primario Cliente estero, che causarono il mancato pagamento dei crediti per ingenti forniture di motociclette e macchine tessili, pure prodotte dalla Rumi.

Da questi eventi, purtroppo, non riuscì a risollevarsi e cessò la produzione nel pieno del miracolo economico italiano, i cosiddetti “anni del boom”. La Collezione è ben inserita in una razionale struttura a due piani, specificatamente realizzata con chiari riferimenti stilistici alle autorimesse dei primi anni del novecento. Il pianoterra è dedicato alla raccolta delle moto da regolarità, le stesse che hanno partecipato alle famose gare di fuori strada, indette da sempre nella bergamasca – Valli Bergamasche, “6 giorni Internazionale”, fra le quali Benelli, Laverda, Gilera, Moto Guzzi, Parilla, Morini. Particolarmente interessanti sono le moto provenienti dall’Est europeo degli anni 70-80, e tante altre ancora. Il primo piano, oltre alle Collezioni di Moto Rumi, è collocato un interessantissimo archivio storico fotografico, ricco di documentazioni provenienti da varie famose raccolte (Valerio Moretti, GP Ottone, Fondo Egon R.Hanus, Federico Caprilli, Bulgari Nicola, Santovetti, Emanuele e Alberto Carli, Dasso, Fondo Nestola, Revelli de Beaumont, Canestrini, Evandro Tosti, Archivio Revelli, Sandro Mazzoni) sullo sviluppo della motorizzazione in generale dal 1900, sono documentati i vari modelli di auto e moto costruiti dal primo novecento ad oggi.

Collezione Ubaldo Elli

Una collezione unica al mondo, frutto della grande passione di Ubaldo Elli per la MV. Questo collezionista, famoso in tutto il mondo per questa sua bella “raccolta” è sicuramente uno dei “custodi” più competenti della famosa Casa motociclistica lombarda.

La particolarità più interessante di quest’insieme di splendide moto è la sua grande “mobiltà”: sono molti infatti gli eventi dedicati alle motociclette storiche ai quali partecipano queste motociclette. Un “museo mobile” e non statico, che permette a tutti di apprezzare queste opere dell’ingegno italiano.

Grazie alle cure certosine del loro proprietario tutte le 3 e le 4 cilindri portate al successo dal quindici volte campione del mondo sono visibili. Giacomo Agostini. Ma non sono le uniche: nel “gruppo” ci sono anche le MV Agusta 250 (monocilindriche e bicilindriche) con le quali hanno corso campioni come Carlo Ubbiali, Tarquinio Provini. Non solo MV: nella collezione ci sono anche le Aermacchi e qualche Gilera. Elli e suo figlio racconteranno ai visitatori molti aneddoti relativi alle motociclette esposte.

Collezione Adriano Frisiero

Capriolo e Motom restaurate con amore

Le collezioni sono spesso il frutto di una ricerca durata una vita intera. Così è stato per il vicentino Adriano Frisiero (1934-2018), per anni commissario tecnico moto Asi, che ha dedicato l’esistenza alla ricerca, il restauro e la conservazione di decine e decine di moto e ciclomotori, oltre ad alcune auto iconiche. I figli Fabio e Giuliano hanno custodito e valorizzato il lavoro del padre, cosa tutt’altro che scontata. Particolare cura è stata destinata alle due ruote Capriolo e Motom, che costituiscono la parte più significativa della collezione nella quale spiccano anche automobili a cinque stelle come l’Aurelia B24 Convertibile, la Flaminia 2800 Convertibile Touring, la Mercedes 190SL, la Delta Integrale. Per le moto, giova ricordare che i primi anni Cinquanta videro la produzione della Aero Caproni di alcune belle due ruote come il Capriolo 75 e 150, che riscossero per le loro caratteristiche innovative un notevole successo, sia commerciale che sportivo. La Motom nacque a Milano nel 1945 ad opera della famiglia De Angeli-Frua che volle diversificare gli investimenti dal campo tessile con l’obiettivo di produrre veicoli economici, dei quali era facile prevedere una grande richiesta finita la guerra.