Museo Moto & Ciclomotori DEMM

Inaugurato nel marzo 2005 usufruisce dello spazio messo a disposizione da Graziano Trasmissioni, l’azienda che rilevò gli stabilimenti che furono di DEMM. Il Museo deve la sua nascita a Giuliano Mazzini che ha dedicato una vita intera alla DEMM: entrato come disegnatore meccanico, divenne prima Direttore di produzione, Consigliere delegato ed in fine vicepresidente. A partire dal 1985, assieme al figlio Mosè, iniziò un lungo e minuzioso lavoro di ricerca, recupero, restauro e valorizzazione dei documenti, dei prototipi e dei modelli legati alla leggendaria produzione di moto e ciclomotori. Prima di poter ammirare l’allestimento completo bisognò attendere cinque anni, quando in seguito al continuo lavoro di restauro svolto si aggiunsero oltre cinquanta pezzi alla collezione, tra cui si annoverano le plurivittoriose moto da competizione e veicoli di utilità, tra cui i trattori e macchine dal lavoro. In particolare, tra i veicoli da competizione, la collezione vanta le moto che ottennero numerose vittorie nei campionati nazionali di velocità in salita, velocità in circuito e il celeberrimo “Siluro” che realizzò ben 24 record mondiali. Ciò che è attualmente esposto è testimonianza del prestigioso lavoro svolto dalla DEMM.

La visita è facilitata dall’esauriente scheda tecnica di cui sono corredate tutte le moto e i ciclomotori, divisi in due saloni e ordinati cronologicamente. In questo modo è possibile incontrare il Dick-Dick, il primo ciclomotore DEMM costruito nel 1956, così come la prima moto due tempi 125cc prodotta dall’azienda e colorata con le medesime tinte che contraddistinguevano la produzione di macchine utensili.
Proseguendo la visita al Museo è possibile ammirare un curioso ciclomotore: il “Mini DEMM”, con un’inedita soluzione tecnica del motore installato sul mozzo della ruota posteriore.
Una sala è dedicata alla “storia moderna” della DEMM, dove oltre al tecnigrafo adoperato da Giuliano Mazzini per realizzare i suoi progetti, sono ordinatamente disposti i frutti del suo lavoro, come il motore a cilindro orizzontale, che equipaggiava la produzione Smily, Ping-Pong, Brio e Quick 2.

Oltre alla produzione moto e ciclomotoristica il museo vanta una completa collezione di strumenti di precisione e misura, realizzati da DEMM nella prima metà degli anni ’40, ed alcuni pregiati oggetti da collezione tra cui spicca un esemplare unico di “Motrice Pia” realizzato dall’Ing. Enrico Bernardi nel 1884: primo esemplare di motore a scoppio al mondo.

LA STORIA

La DEMM è stata un’industria metalmeccanica e casa motociclistica italiana attiva dal 1919 al 1988. Fondata a Milano come OPRAM, si è trasformata in OMD nel 1926 per divenire DEMM nel 1928. Attualmente ha dismesso le attività motociclistiche per concentrarsi nella produzione di ingranaggi e sistemi di trasmissione per i il settore dei veicoli agricoli ed industriali.

Collezione del cinquantino “popolare”

Una collezione nata quasi per gioco a metà anni 2000 quando il titolare, Sandro Mattioli, cominciò a sistemare ciclomotori salvati dalla rottamazione. Alla fine ne ha collezionati 90, quasi tutti “popolari”, conservati e con targa oro ASI. La collezione è arricchita da ampia documentazione storica. Tra i pezzi più interessanti c’è un Lambrettino utilizzato per la prova di MOTOCICLISMO di Febbraio 1967. Un altro esemplare degno di nota è l’Eurociclo Gran Prix Italia 1 del 1972 con motore Zanetti, un mezzo estremamente raro. Da segnalare anche un’altra rarità: un ciclomotore F.B. Minarelli 48cc del 1959 la cui storia è un mistero: era infatti opinione comune che la Minarelli costruisse solo motori. Un’ipotesi è che questo ciclomotore sia un prototipo a cui non è seguita una produzione in serie. Infine, un Piaggio Boxer utilizzato nel film “C’è tempo” di Walter Veltroni. Fu scelto da Veltroni perché era uno dei simboli della sua giovinezza e durante le pause della lavorazione l’ha potuto riapprezzare con grande felicità. Negli anni ’70 il ciclomotore era il veicolo più diffuso tra gli adolescenti. Alcuni ciclomotori Piaggio sono impressi nella memoria collettiva. Il solo modello “Ciao” è stato prodotto in 3,5 milioni di esemplari! Il ciclomotore era il social degli anni ’70 e ’80.

Museo Ducati

Il museo si trova a Borgo Panigale, in uno stabilimento di 1.000 mq nella sede storica della Ducati. È stato presentato nel giugno 1998, per celebrare la prima edizione del World Ducati Week, anche se l’inaugurazione risale all’ottobre dello stesso anno.

L’ambiente nel quale è conservata la raccolta, che testimonia la storia dell’azienda di Borgo Panigale, fondata nel 1926 dai fratelli Ducati, è piuttosto particolare ed originale. È caratterizzato da un casco rosso centrale di grandi dimensioni, circondato da 33 motociclette disposte su una pista illuminata.

Livio Lodi, curatore del museo, ha suddiviso la carrellata storica in sette stanze tematiche multimediali, in cui le emozioni suscitate dalle gloriose motociclette sono rievocate da filmati d’epoca, cimeli ed accessori che ripercorrono a tutto tondo la storia della Ducati.

La prima stanza celebra il “Cucciolo”, il capostipite della collezione; immesso sul mercato italiano nel 1946 micromotore della Ducati che diventerà un gran successo popolare e fornirà un considerevole aiuto alla motorizzazione.

La seconda stanza accoglie le motociclette che decretarono il successo della Ducati in ambito sportivo. Si tratta delle Gran Sport, familiarmente soprannominate Marianne, progettate per prendere parte al Giro d’Italia e alla Milano-Taranto.

Nella terza stanza sono esposti gli esemplari monocilindrici e i bicilindrici paralleli trialberi.

I modelli di serie a “carter larghi” rappresentano il culmine della linea evolutiva dei monocilindrici Ducati. Questi modelli si sono imposti sul mercato sin dall’inizio grazie alla loro raffinatezza tecnica e alle prestazioni.

I motori Ducati con distribuzione a coppie coniche sono ospitati dalla quarta stanza. L’avvento della gamma di motori bicilindrici da 750 cm3, sviluppati sotto forma di prototipo con le moto Gran Prix 500 cm3, che gareggiarono nel 1971, ha consolidato la reputazione di Ducati come costruttore di motociclette di grossa cilindrata e ha apportato notevoli contributi di matrice tecnica, fino alla realizzazione del motore con trasmissione a cinghia, il Pantha, che è celebrato nella stanza cinque del museo.

La sesta stanza è dedicata alla partecipazione della Ducati al Campionato del Mondo di Superbike, una competizione che valse alla storica Casa numerose vittorie. Infine, la settima stanza espone una serie di motociclette che hanno partecipato al MotoGP, tra cui la Ducati Desmodieci, che si è conquistata un posto nel cuore dei vecchi e dei nuovi appassionati. Il Motomondiale ha rappresentato, dopo trent’anni di assenza, una sfida impegnativa, che però Ducati ha superato fabbricando una delle motociclette più potenti che abbiano mai percorso i circuiti di tutto il mondo.

Museo della Valle dell’Idice

Il Museo della Valle dell’Idice è collocato in una scuola elementare costruita nel 1922 e dismessa nei primi anni ottanta. Questo edificio, dopo un’importante ed impegnativa ristrutturazione, che ha permesso di conservarne l’originale stile neorinascimentale, è oggi la sede del Museo, inaugurato il 3 novembre 2001.

E’ sorretto per l’attività culturale ed amministrativa dalla Fondazione Cervellati. L’attività si è concretizzata grazie alla convergenza di pubblico, il Comune di Budrio e privato, la famiglia di Sante Cervellati. Già nella denominazione del Museo emerge l’attenzione per le risorse territoriali e per i protagonisti della sua storia, uomini che individualmente o con un lavoro di squadra, ne hanno determinato le principali innovazioni e trasformazioni.

Il percorso espositivo inizia con la sezione dedicata all’inventore della radio (e illustre bolognese) Guglielmo Marconi. L’esposizione prosegue poi con numerosi e rari cimeli prodotti dalla fabbrica Ducati dall’origine al 1973: poster pubblicitari, rasoi, videocamere, fotocamere, apparecchi radiofonici e altri piccoli elettrodomestici straordinariamente conservati. Fra questi, il primo prodotto Ducati in assoluto: un condenser del 1936. La sezione Ducati si sviluppa quindi nei prodotti più famosi associati al marchio bolognese: i motocicli. In evidenza, il Cucciolo: uno dei primi e più fortunati modelli della casa. La storia delle moto Ducati continua con l’incredibile avventura di Tartarini e Monetti, che nel 1957 e 1958 effettuarono il giro del mondo in sella a 2 moto Ducati 175, qui esposte. Oltre alle moto originali, il Museo consente anche la visione del film originale del viaggio. Ducati è anche scooter: dalla collezione Mengoli, numerosi veicoli di questa produzione poco conosciuta al grande pubblico. Recentemente è stata organizzata un’interessante mostra sul sistema desmodromico.

Collezione Mario Sassi

Una visione ad un incrocio stradale è stata l’origini della passione di Mario Sassi per le motociclette Ducati. Appena sedicenne, dopo aver visto in un crocevia una Ducati 100 Sport, il giovane emiliano decide di destinare il suo primo stipendio (40.000 lire) all’acquisto di questa mitica motocicletta di Borgo Panigale. Non a caso questo moto è la prima esposta nel percorso della collezione che raccoglie alcuni dei più significativi prodotti della Ducati.

Non solo motociclette: pochi sanno infatti che all’inizio della sua storia l’azienda bolognese produceva rasoi, radio e condensatori. Solo con il “Cucciolo”, il motore ausiliario applicabile alle biciclette prodotto dopo la seconda guerra mondiale, la Ducati inizia la sua produzione motociclistica. Le cinquanta moto esposte nei locali di Mario Sassi raccontano questa storia, coprendo un arco temporale compreso tra il 1950 e i primi anni ’90.

Visitando l’esposizione l’appassionato incontra motocicli come la Ducati 200 Elite del 1958, la 250 Mach 1 del 1965 (in grado di superare i 160 km/h, la più veloce “duemezzo” del suo periodo), la 250 Scrambler del 1968 e la ricercatissima 750 Super Sport del 1974. La collezione si integra perfettamente con il Museo Ducati di Borgo Panigali, riservata quasi esclusivamente alle motociclette da competizione.

Collezione Righini

La collezione d’auto e moto Righini è conservata all’interno del Castello di Panzano a Castelfranco Emilia, in provincia di Modena, un tempo appartenuto al casato Malvasia.

Le antiche mura della struttura racchiudono la testimonianza della grande passione di Mario Righini per il recupero e il restauro di auto antiche, coltivata sin dalla giovinezza, allorché assistette alla demolizione degli automezzi requisiti dallo Stato. E così, mantenendo fede alla promessa di raccogliere il maggior numero di auto e moto d’epoca, Righini ha conservato la storia dei motori del nostro paese negli spazi del castello un tempo destinati agli ambienti di servizio.

La collezione composta da circa 350 esemplari, tra cui spiccano la Auto Avio Costruzioni 815 del 1940, la prima vettura costruita da Enzo Ferrari, quando ancora non esisteva la sua fabbrica, acquistata da Righini dal Museo di San Martino in Rio; l’Alfa Romeo 2300 8C, appartenuta al leggendario Tazio Nuvolari, che con essa vinse la Targa Florio nel 1933 e il Gran Premio di Monza; la singolare Fiat Chiribiri del 1912, che nell’aspetto ricorda un sigaro su quattro ruote, in grado di raggiungere velocità sorprendenti per l’epoca. Non mancano anche altri pezzi che rappresentano il meglio dell’automobilismo, come Ferrari, Mercedes Benz, Isotta Fraschini, Rolls Royce.

Ad accogliervi sarà Mario Righini in persona, che dimora proprio presso il castello.

Collezione Otello Buscherini

L’Associazione Otello Buscherini è nata nel 2003 su iniziativa di un grande amico del pilota, Luciano Sansovini. Nel 2015 è stata inaugurata la Casa dei ricordi per ricordare questo pilota, nato a Forlì il 19 gennaio 1949 e morto per una caduta mentre disputava il GP delle Nazioni al Mugello nella classe 250 il 16 maggio 1976. Nella struttura sono esposte le testimonianze sportive della sua carriera. Tra queste spiccano alcune moto come le Malanca 50 e 125 con la quale Otello nel 1973 ha vinto i GP di Cecoslovacchia a Brno, quello di Finlandia a Imatra e il campionato Italiano nel 1974.
L’Associazione ha pubblicato in passato vari libri sul motociclismo storico fra questi “La mototemporada romagnola”. Una parte della casa dei ricordi è dedicata a diversi piloti forlivesi e romagnoli dove sono esposti oltre 300 trofei delle loro vittorie.
Oltre alle Malanca nel locale è esposta la Ducati Moto GP del 2004 di Loris Capirossi e la Ducati Moto GP con la quale Troy Bayliss vinse nel 2006 l’ultimo GP a Valencia, la Benelli 500 con la quale Jarno Saarinen si classificò primo a Villa Fastiggi nel 1972, una Benelli 500 GP del 1968 e la Sandroni 125, una delle prime moto di Valentino Rossi. Molte delle moto presenti sono di proprietà del collezionista di Tavullia Giuseppe Sandroni e gestite in varie manifestazione in Italia e in Europa dall’Associazione Otello Buscherini.
La casa dei ricordi di Otello Buscherini è aperta di solito la domenica mattina ma anche altri giorni, sempre su appuntamento, telefonando al numero indicato in questa scheda.

Collezione Elio Brunelli

Una bellissima collezione di Moto Guzzi, dedicata al grande Augusto Farnetti. Il lavoro fatto da Elio Brunelli, collezionista di Forlimpopoli ed ex presidente della commissione manifestazioni moto ASI, è un omaggio alle opere della Casa di Mandello del Lario e a uno dei più grandi esperti mondiali di moto d’epoca.

Nei 650 mq del museo il visitatore può apprezzare le moto realizzate dalla Moto Guzzi tra il 1930 e il 1970. Un insieme unico: tutte sono restaurate e omologate ASI. Ognuna di esse ha un cartello con il nome del modello e l’anno di costruzione. Il tutto in un ambiente nel quale sono state raccolte anche molte illustrazioni d’epoca e documentazione varia.

Anche gli appassionati di Lambrette possono trovare dei motivi per visitare la struttura: c’è infatti una sala nella quale sono esposti numerosi esemplari dello scooter realizzato a Lambrate. Non mancano inoltre alcune Ducati e la ricostruzione di un celebre distribuzione di benzina dell’epoca.

Tra le curiosità anche quella di un’officina meccanica della zona, specializzata in Moto Guzzi.

Piccolo Museo della Moto Bariaschi

E’ un piccolo capannone ben ristrutturato, quello che ospita il neonato Piccolo Museo della Moto di Emilio Bariaschi dedicato alle motociclette protagoniste della motorizzazione di massa tra la fine della seconda guerra mondiale e il 1965. Una collezione in grado di raccontare gli anni ruggenti del motociclismo in Italia. Quelli nei quali, accanto alla Vespa e alla Lambretta, le principali case costruttrici hanno progettato e realizzato motociclette per ogni esigenza. Periodo in cui la Gilera, la Moto Guzzi e la MV sono diventate famose in tutto il mondo grazie alle loro affermazioni sportive.

A ricordare questo splendido periodo ha provveduto Emilio Bariaschi. Il collezionista di Guastalla, dopo aver “costruito” un’invidiabile collezione di motociclette, ha deciso improvvisamente di condividere con gli altri questa sua passione. Realizzando questo suo desiderio con un pragmatismo ed una velocità incredibili. Iniziativa simile a quella portata a termine da Nello Salsapariglia circa un anno fa, a pochi chilometri di distanza.

Sono soprattutto le “colonne” dell’ASI ad essere il propulsore di queste iniziative. Ad accomunare Salsapariglia e Bariaschi è anche il numero della tessera, inferiore al numero 1.000 per entrambi. Visitare il museo senza il proprietario significa perdere molte informazioni importanti relative ai mezzi esposti. Tra queste, quella di una motocicletta che il proprietario ha costruito abbinando un telaio di bicicletta BSA “tre fucili” con un motore “cucciolo” della Siata.

Gli sforzi fatti dai costruttori italiani per cercare di soddisfare la domanda di mobilità nell’immediato dopoguerra sono “celebrati” nelle sale del museo di Guastalla in modo completo.

In alcune aree del museo ci sono motociclette estranee al “leitmotiv”. Tra queste spicca la Triumph H del 1914, barattata alla fine degli anni Sessanta con un torchio. “Ci sono altre moto fuori tema – dice Bariaschi – che sono entrate a far parte della mia collezione un po’ per caso”. Capriolo, FB Mondial, Gilera, Laverda, Moto Morini, Moto Parilla e scooter sono esposti in modo organico. Con un occhio di riguardo per le motociclette sportive, con le quali il proprietario del museo ha affrontato diverse rievocazioni della Milano-Taranto e del Motogiro.

Collezione Benito Battilani

Il visitatore è accompagnato nell’avventura collezionistica da Benito Battilani, precursore in Italia del collezionismo di moto d’epoca insieme a pochi amici come Nello Salsapariglia. Dalle riviste di moto agli esemplari delle motociclette più rare, belle e tecnologicamente interessanti: la raccolta ripercorre l’evoluzione del motore a due ruote, dalla “bicicletta evoluta” alla prima moto guidata da Loris Capirossi.

E’ l’occasione per scoprire la storia dei personaggi che hanno condotto queste mitiche moto, da Vittorina Sambri, la prima donna a partecipare a una competizione di motociclette, a Umberto Faraglia. Fu guidata da questo pilota negli anni venti l’Harley Davidson che stabilì il record dei 175 km/h orari nel chilometro lanciato sulla Roma-Ostia. Sono esposte varie 4 cilindri, dalla FN del 1905 ad altre degli anni ’20-’40. Numerose le moto di produzione italiana come quelle del marchio Frera, il più importante fino agli inizi degli anni ’30, prima dell’affermazione di Moto Guzzi e Gilera; fra queste, la Frera S 8/10 Hp 1140 cm3 del 1921. Presenti nel percorso guidato anche altre moto meno conosciute, come la Pennazio, la Ollearo, la GC (Giovanni Corengia), la Condor con sidecar del 1924. Non mancano modelli unici come la Gardini di Forlì, la Junior e ancora la Garelli Turismo 350 cm3 del 1926 (una delle moto più veloci di tutti gli anni ’20) e la rara Indian Mod. “O” del 1917.