Museo del Fuoco e della Misura

Il percorso del fuoco e della misura.
Una singolare collezione privata di strumenti tecnici e antincendio.

Il piccolo museo prende forma all’interno dello studio professionale dei progettisti, con la duplice finalita’ di ristrutturare un vecchio magazzino di proprieta’ e valorizzare i circa 8.000 pezzi della collezione. La raccolta e’ stata nominata ‘Percorso del Fuoco e della Misura‘ per la particolarita’ degli oggetti in essa collocati – che richiamano l’attivita’ dei Vigili del Fuoco – ma anche in quanto rappresentazione metaforica della vita dell’uomo, fatta di fuoco e misura, perche’ piena di entusiasmi e delusioni superabili solo grazie all’equilibrio, alla misura, per l’appunto.

L’inaugurazione della struttura e’ avvenuta il 24 febbraio scorso nell’ambito della manifestazione ‘Incontro della Citta’ di Jesi con i Vigili del Fuoco’, dedicata al Prefetto Alberto Giombini, nato a Jesi e unanimemente riconosciuto come il creatore del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Tra i pezzi in mostra, estintori di varie forme ed epoche provenienti da tutto il mondo, compassi del Settecento, amperometri, voltmetri, altri strumenti di misura e una preziosa bicicletta dei Vigili del Fuoco del 1923.

L’allestimento dello spazio destinato ad accogliere l’eterogeneo materiale della collezione e’ stato realizzato nella porzione di un edificio sito in prossimita’ del centro storico di Jesi, disposto in parte a quota di campagna e in parte seminterrato, la cui superficie e’ di circa 130 mq, distribuiti su un unico livello e con un’altezza media di 4 metri. Il progetto nasce dall’idea di creare nella sala principale un percorso a fasce a partire dal centro fisico del settore circolare, posto all’incrocio dei raggi perpendicolari, da cui hanno origine le direttrici dei due setti espositivi in vetro attraversabili, che si agganciano ed appoggiano alla parallela interna al perimetro curvilineo dell’edificio, anch’essa costituita da una serie continua di vetrine-contenitore.

Adattare il locale all’esigenza di esporre tanti strumenti, per la maggior parte molto pesanti e voluminosi, ha significato affrontare e risolvere differenti questioni: – creare uno spazio capiente ma allo stesso tempo fluido e visitabile senza disturbarsi o intralciarsi a vicenda; – dare vita a piu’ ambienti che identifichino settori distinti tra loro e sviluppati su piu’ livelli, per dare movimento a uno spazio – il museo tradizionalmente inteso – per sua natura statico.

Per ottenere questo effetto la fascia perimetrale e’ stata soppalcata ad un’altezza di circa 1,10 metri dal pavimento anche per consentire un’illuminazione naturale piu’ diretta; – progettare vetrine resistenti al peso degli oggetti ma parimenti leggere, permeabili, trasparenti e in armonia con la forma originaria del locale. Allo scopo sono state utilizzate barre modulari di alluminio verniciato di diverse sezioni assemblate tramite giunti, fornite di un sistema di illuminazione interna su cavi in rame; – in sintesi, realizzare uno spazio che trasmetta il paziente e appassionato impegno del suo ideatore.

L’allestimento della collezione privata del committente-progettista si e’ rivelato un progetto ambizioso e laborioso, che ha permesso di ricostruire l’attivita’ dei Vigili del Fuoco nonche’ di altri settori professionali legati al lavoro dell’uomo da cui derivano le attuali strumentazioni di uso quotidiano.

Ciclocollection

La storia della bicicletta e del ciclismo

In questo piccolo museo gli appassionati della bicicletta potranno visionare una collezione di circa 100 biciclette. Il viaggio nel passato inizia dai primi velocipedi a pedali fino ad arrivare alle biciclette degli anni 80 del 900. In esposizione biciclette da competizione, da viaggio, da lavoro, da bambino e biciclette militari. Un percorso storico denso di fascino per ripercorrere a ritroso l’evoluzione meccanica, culturale e sociale della bicicletta. Dell’interessante raccolta fanno parte anche maglie appartenute a vari campioni del ciclismo, cimeli, giochi, oggettistica e memorabilia. Tutto questo permette al visitatore di apprezzare l’evoluzione della bicicletta e del ciclismo a 360 gradi. L’interessante collezione è il frutto di anni di anni di ricerche curate personalmente da Pierluigi Farè ed è visitabile su prenotazione a Riva del Garda presso l’Hotel Virgilio, in via Virgilio n.21.

Velocipedi e Biciclette Antiche - Collezione A.&C. Azzini

Nella raccolta sono oggi presenti 180 velocipedi e biciclette che coprono più di 150 anni di storia: dalla draisina del 1818 alle bici da corsa che parteciparono al Giro d’Italia dei tempi eroici del ciclismo. La collezione è suddivisa in otto sezione: le origini, le classiche, i freni a leva rovescia, le curiosità, le bici da bambino, da lavoro, da corsa e le Taurus. Tra i molti pezzi significativi vale la pena ricordare la Michaudine del 1865, la Singer del 1872, la Quadrant del 1889 o la Bianchi del 1888, e ancora un Cripper, triciclo da corsa del 1878 ed una Clement Grand B del 1874, un nutrito gruppo di biciclette a cardano. Molto particolare anche la Giraffe dell’inglese Humber la prima bicicletta al mondo con telaio trapezioidale regolare del 1993, o la FB (Fratelli Brivio) di Milano del 1925 realizzata in pochissimi esemplari per il Giro d’Italia di quell’anno. Notevole anche la rappresentanza delle marche italiane in particolare Bianchi, ma anche Atala, Dei, Frera, Stucchi, Legnano, Monterosa, Biks, Maino, Cinelli, Frejus, Gloria, Cimatti, Masi e tante altre ancora. Nutrita la presenza di bici da lavoro, dei bersaglieri e dei bambini. Un’intera sezione è stata dedicata alla Taurus, casa nata a Norimberga nel 1906 ma già nel 1908 presente in Italia. Questo marchio si è sempre distinto per l’eccellenza meccanica e l’impiego di materiali d’avanguardia come il duralluminio. Della Taurus è presente pressochè tutta la produzione.

Museo della Carrozza

Per viaggiatori d’altri tempi…

Il Museo della Carrozza  è stato istituito dal Comune di Macerata nel 1962 e a partire dal  2009 gode di un nuovo e originale allestimento all’interno del settecentesco Palazzo Buonaccorsi dove, negli spazi riservati alle vecchie scuderie, ha trovato un contesto ideale e suggestivo dove esporre 24 veicoli che testimoniano l’evoluzione del mezzo dalla fine del ‘700 agli inizi del ‘900. L’assetto è pensato come un racconto, un’avvincente storia di carrozze che, impiegate per utilità o per diletto, hanno percorso le strade del territorio marchigiano ed in tempi diversi hanno conosciuto una lunga e complessa evoluzione. Tutte le caratteristiche tecniche, le particolarità di funzionamento e le notizie storiche sono contenute nei tablet posizionati lungo il percorso ed illustrate nell’audioguida da richiedere presso la biglietteria. Per i non vedenti  sono a disposizione le audiodescrizioni  e per le visite guidate è richiesta la prenotazione. Il percorso si snoda attraverso cinque tematiche: Il viaggio nell’Ottocento – Fra città e campagna – La carrozza sportiva – Giocare con la carrozza – In carrozza! Con quest’ultima, ottenuta con sistemi elettronici multimediali, termina la narrazione che, attraverso un insolito viaggio in carrozza virtuale, trasferisce il visitatore nell’antico fascino dei piccoli comuni dell’entroterra maceratese.

Museo della bici di Pesaro

Pesaro vanta la “Bicipolitana”: 100 chilometri di piste ciclabili, un progetto nato nel 2005 che ha fatto scuola in Europa. Da questa realtà è nato il Museo della Bicicletta, voluto dall’Amministrazione Comunale guidata dal sindaco Matteo Ricci insieme a Daniele Vimini vicesindaco e assessore alla Bellezza e Mila Della Dora assessore alla Rapidità. Curato da Dario Corsi, il museo è stato inaugurato lo scorso 11 giugno da Valentina Vezzali, Sottosegretario con delega allo Sport.

Il Museo della Bicicletta racconta, con 40 bici da corsa, le gesta di ciclisti entrati nell’immaginario collettivo. Il progetto prevede che in futuro il museo accoglierà motociclette straordinarie tra cui la collezione Morbidelli, recentemente salvata dall’ASI e provvisoriamente collocata presso il Museo Benelli.

Attualmente il settore principale è dedicato alla storia del Giro d’Italia. Le didascalie in rosa ci ricordano i momenti salienti dell’epica competizione ciclistica mentre scorriamo con lo sguardo le varie biciclette che ci raccontano l’evoluzione dei modelli da corsa.

La “maglia rosa” autografata da Marco Pantani ed una bellissima scultura in bronzo di Fausto Coppi vanno a toccare punti nevralgici della nostra emotività. Due campioni italiani tra i più amati di sempre. La documentazione fotografica e le immagini in movimento ci fanno immergere nel clima del “giro”, quando l’Italia si fermava e soffriva vicino alla radio o davanti al televisore.

Il ciclismo è un fenomeno sociale che ha attraversato la storia d’Italia degli ultimi due secoli. Secondo alcuni potrebbe perfino aver scongiurato una “guerra civile”. Il 14 luglio 1948 ci fu l’attentato a Palmiro Togliatti. Era in corso il Tour de France ed il Presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi, telefonò a Gino Bartali chiedendogli di vincere il tour per scongiurare una sommossa popolare. Il giorno dopo Bartali dominò la tappa e alla fine, dopo aver recuperato più di 20 minuti all’idolo di casa Bobet, il 25 luglio trionfò a Parigi.

Ingresso gratuito.

 

Museo Civico Carrozze d'epoca

Si presenta come un viaggio nella Belle Epoque la visita al Museo Civico delle Carrozze d’Epoca a San Martino di Codroipo, un museo pubblico ed etnografico, situato a pochi passi da Villa Manin di Passariano, ubicato in una piccola frazione che si raccoglie attorno all’elegante complesso storico di Villa Kechler.

Il Civico Museo raccoglie ed espone la collezione Lauda – Antonio Lauda (Foggia 1925 – Codroipo 2000), un patrimonio di 44 carrozze dei secoli XIX e XX, con 9 cavalli realizzati a mano a grandezza naturale, in gesso e cartapesta, vari accessori da viaggio e finimenti per le diverse tipologie di attacco delle carrozze.

Il Museo espone carrozze a due ruote tra le quali un particolare modello per il rilascio della patente “a cocchieri presso famiglia”, alcuni modelli per il trasporto dei bambini, la carrozza del fattore o del veterinario, alcuni modelli per l’attività agreste ed una slitta “taxi” di fine Ottocento di origine bavarese.

La zona centrale dell’edificio accoglie ed espone all’ultimo piano, il piccolo museo del giocattolo d’epoca, un patrimonio di 350 esemplari di giocattoli, donazione di una collezionista veneziana.

Museo delle Carrozze

Landau, Brougham, Fiacre, Mail Coach, Vis à Vis
Verona

Ricca collezione con 50 rare carrozze dell’Ottocento, trotter e diligenze postali, tutte perfettamente funzionanti e magnificamente conservate. La collezione era stata raccolta nel Novecento dal commendator Giorgio Giorgi, incaricato di preparare una sezione dedicata alle carrozze per l’Esposizione Universale di Roma del 1942, annullata per la guerra. Le carrozze vennero successivamente donate al Comune di Verona dalla stessa famiglia Giorgi in occasione delle celebrazioni per il cinquantesimo anniversario della Fiera di Verona (che era nata come fiera dei cavalli nel 1898). Sono rappresentati tutti i principali modelli di carrozze dell’Ottocento come il Mail Coach, il Brougham, il Break, il Dos à Dos, il Fiacre, il Vis à Vis e tanti altri tipi. Una verà rarità è il Dog Cart a due ruote per gite e tour di caccia, che deve il suo nome all’apposita gabbia per sistemare i cani. Non manca il Landau, che prende il nome della omonima cittadina tedesca, e il cui primo modello nel 1794 venne utilizzato dall’imperatore austriaco Giuseppe I per compiere un viaggio da Vienna a Landau. Ospitato in un grande padiglione della Fiera di Verona, il Museo delle Carrozze dell’Ottocento è visitabile solo in occasione dell’annuale Fieracavalli e della Fieragricola.

Collezione Nicoletti

La ditta “Cicli Nicoletti Ettore”, una delle più antiche del settore, ha costruito e commercializzato biciclette in Verona per più di un secolo attraverso tre generazioni.  Un giovanissimo Ettore apriva nel 1909 dopo aver lavorato presso la locale  concessionaria delle biciclette Edoardo Bianchi.

I primi anni di attività di Ettore vengono continuamente interrotti dalle chiamate alle armi, prima per il servizio di leva, poi per la guerra di Libia e infine per la Grande Guerra. Dal 1915 al 1918 lavora a Milano come operaio militarizzato presso la fabbrica di aeroplani “Caproni” con la qualifica di saldatore (gli aerei dell’epoca avevano una struttura tubolare simile a quella delle biciclette: non per nulla i fratelli Wright erano meccanici ciclisti!).

Negli Anni Venti del Novecento l’Italia conosce una certa ripresa economica e la bicicletta, scendendo il costo medio sotto le cento lire diventa un mezzo a larga diffusione. Ettore assume alcuni operai e ottiene un’importante licenza per la costruzione del telaio e l’assemblaggio delle famose biciclette tedesche Dürkopp, che prdoceva, oltre a biciclette, macchine per scrivere, cucire, moto e auto.

Quando, dopo la Prima Guerra Mondiale, l’industria tedesca riparte, la ditta mette in atto una politica di penetrazione dei mercati stranieri molto aggressiva e di concezione moderna stipulando contratti di concessione del marchio con alcuni grossisti ai quali spedisce i kit di montaggio, le biciclette venivano quindi assemblate in Italia utilizzando il materiale proveniente dalla Germania. Sono però gli anni Trenta che vedono il decisivo affermarsi dell’azienda Nicoletti: gli operai diventano una decina, tra le varie produzioni incontra grande successo la bicicletta modello “Balloncino” che diventerà l’articolo di punta della ditta, un mezzo robustissimo con coperture molto larghe, quasi un’antesignana della moderna mountain bike. Questa bici, oltre che dalla normale clientela, veniva richiesta anche come mezzo di lavoro da Ferrovie dello Stato e Magazzini Generali di Verona. Quest’ultimo ente continuerà a commissionare questo particolare modello fino agli anni ’90. In quel periodo Ettore ottiene anche un importante contratto con l’Esercito per la manutenzione delle biciclette militari in dotazione al locale Autocentro.

Sono anni nei quali, per merito anche di grandi figure sportive, il ciclismo agonistico diventa lo sport più amato in Italia e aumenta da parte della clientela la richiesta di telai e biciclette da corsa. Ettore fonda una squadra di ciclisti con la maglia bianca e blu “Cicli Nicoletti” gareggia anche il figlio Silvano che subentra al padre dopo la seconda guerra mondiale. Ai tradizionali modelli di biciclette sport, viaggio e corsa negli anni Cinquanta si affianca la produzione di ciclomotori, equipaggiati con il famoso motore “Mosquito” Garelli. Negli anni Settanta a Silvano si affianca nella gestione dell’attività il figlio Alfredo che sarà l’ultimo proprietario. Oltre alla produzione tradizionale la ditta costruisce mountain bike, city bike e trekking, biciclette da corsa tecnologicamente avanzate per amatori e squadre ciclistiche giovanili con le quali ottiene risultati sportivi lusinghieri. La ditta “Cicli Nicoletti Ettore”, produzione e vendita biciclette, chiude i battenti nel 2010. Negli spazi del negozio è oggi presente una collezione di biciclette d’epoca prodotte dall’azienda nel corso degli anni assieme ad altre di marchi famosi come Taurus, Legnano, Umberto Dei, Edoardo Bianchi, Cinelli, nell’esposizione trovano posto anche storiche tabelle smaltate, manifesti pubblicitari, foto e cimeli sportivi, vecchia e prestigiosa componentistica Campagnolo dei tempi eroici del ciclismo, libri e documenti legati alle due ruote. Nella vecchia officina, ricostruita com’era ottant’anni fa e ancora perfettamente  efficiente, si respira un’atmosfera particolare. Pareti, oggetti, attrezzi e pavimenti trasmettono emozioni. Qui lavora Alfredo Nicoletti, autore del piacevole e nostalgico libro ‘Tutte le bici che non ho più’ (Scripta Edizioni), che esegue di tanto in tanto interventi di manutenzione e restauro su biciclette della collezione con precisione certosina. I locali dell’esposizione e dell’officina sono aperti e visitabili.