Museo delle Carrozze

Musei Civici di Palazzo Farnese di Piacenza

Nei locali sotterranei di Palazzo Farnese è riunita ed esposta al pubblico la prestigiosa collezione delle carrozze, donata al Comune di Piacenza nel 1948 dal conte Silvestro Brondelli di Brondello, erede del conte Dionigi Barattieri, che tale collezione formò nei primi tre decenni del secolo. Per la qualità dei pezzi raccolti e per il generale buono stato di conservazione dei medesimi — che, nel corso degli anni, non hanno subito integrazioni, se non con pezzi originali — il Museo delle Carrozze di Palazzo Farnese è conosciuto e apprezzato non solo in Italia, ma da tutti gli appassionati e gli studiosi. Della collezione Barattieri fanno parte quattro Berline da viaggio del XIX secolo e due lussuose Berline di gala del XVIII secolo tra le quali, di spettacolare bellezza, la berlina realizzata per il re d’Italia Vittorio Emanuele II. Il Museo è stato aperto al pubblico nel 1990; l’esposizione attuale, invece, è stata realizzata nel 2010 sebbene la collezione continui ad arricchirsi di nuovi esemplari. Oggi le sale ospitano differenti carrozze, suddivise secondo criteri tipologici: la prima  è dedicata alle berline, seguono coupé, brougham e landau, carrozze per bambini, phaeton, carrozze da passeggio, sportive e a due ruote, carrozze sacre e speciali, coach, portantine e le carrozze del Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano.

Museo del Carretto Siciliano

Al suo interno sono esposti alcuni carretti siciliani, tipici mezzi di trasporto locali, ad oggi opere d’arte e tesori dell’artigianato siciliano, in particolar modo della tradizione santantonese.  Aci Sant’Antonio (Catania) viene infatti definita Città del Carretto Siciliano, poiché vanta i natali di alcuni dei più grandi maestri di quest’arte.

Mastri carradori, scultori, fabbri e pittori hanno lasciato in eredità al paese le loro storie e le loro opere, la cui diffusione è attestata anche a livello internazionale.

Il museo presenta inoltre una piccola sala dedicata alla pittura, ovvero il laboratorio del maestro Salvatore Nicolosi, che porta avanti la tradizione della pittura del carretto, dando la possibilità, di vedere in modo diretto in che cosa consista l’arte del pittore.

L’ingresso al museo è gratuito ed è possibile visitarlo accompagnati da una guida.

E’ il caso di ricordare che nel 1951 i fratelli Marzotto fondarono a Valdagno (Vicenza) la Scuderia Marzotto per partecipare a diverse competizioni automobilistiche, tra le quali la Mille Miglia ed il Giro di Sicilia, prevalentemente con vetture Ferrari. La Scuderia non si limitò all’acquisto delle vetture, ma operò anche alcune modifiche. Una di queste auto fu la versione Ferrari “Carretto Siciliano” che partecipò vittoriosamente al Giro di Sicilia del 1951. A Modena, pur compiaciuto dell’affermazione, il commendator Ferrari non apprezzò la disinvolta interpretazione di una delle sue vetture da parte dei “Conti correnti” come venivano ironicamente soprannominati i quattro fratelli Vittorio, Umberto, Giannino e Paolo, con evidente allusione al loro status sociale, alla notevole disponibilità economica e alla passione per le corse automobilistiche.

Museo Storico della Bicicletta

Nel paese del ciclismo“ dove le vie principali portano il nome dei ciclisti più famosi, si trova il Museo Storico della Bicicletta e qui tantissime biciclette d’epoca vi aspettano per raccontarvi la loro storia.

Il padre e oggi ovviamente direttore – del Museo Storico della Bicicletta è Sergio Sanvido, classe 1928 e cesiolino doc, che ha dedicato l’intera vita alla bicicletta: ha fatto il riparatore, il restauratore e il commerciante di biciclette, e per 3 anni, dal 1946 al 1949, ha anche partecipato a delle competizioni sportive.Vent’anni fa ha iniziato a raccogliere biciclette in tutto il mondo con l’intento di dare vita a un museo.

E’ nata così, il 29 giugno 1997, in casa Sanvido, la prima versione del Museo Storico della Bicicletta dedicato alla memoria del veneziano Toni Bevilacqua, campione del mondo dell’inseguimento nel 1950 e 1951.Successivamente Sanvido ha voluto regalare la sua collezione al comune di Cesiomaggiore che ha provveduto, con l’aiuto della Fondazione Cariverona e della Regione Veneto, alla collocazione di questa preziosa raccolta di biciclette, accessori e memorie del ciclismo nazionale e internazionale.

Finalmente, 170 pezzi della collezione Sanvido hanno trovato un degno contenitore, creato appositamente per loro, all’ultimo piano della scuola elementare di Cesiomaggiore e, il 31 marzo 2007, la nuova sede del Museo Storico della Bicicletta “Toni Bevilacqua” è stata inaugurata alla presenza di tanti campioni del ciclismo del passato e di numerosi appassionati.

Collezione bici Carabinieri Reali

Nel 1930 il capitano veterinario Guido Antoniazzi avviò una prima raccolta di cimeli riferiti ai Carabinieri Reali, che costituì il nucleo originario di una rilevante collezione, iniziativa accolta in seguito dal figlio Carlo che, per trovare un’idonea collocazione al posseduto, decise di ampliare la residenza di famiglia.
Una passione e un patrimonio spirituale e materiale ereditati dal nipote Guido, che ha perpetrato la tradizione familiare integrando la raccolta con rilevanti acquisizioni, curando il riordinamento dell’intera collezione e consentendole di assurgere a dignità di esposizione permanente.
Nasce così il Museo dei Carabinieri Reali, oggi custodito in una porzione di Villa Rossi, costruzione ottocentesca immersa nel verde delle colline coneglianesi, dichiarate patrimonio dell’umanità Unesco.
Il percorso espositivo attraversa la sala delle daghe sino a giungere alla sala dei moschetti: uniformi e copricapi, armi, cimeli, documenti, medaglie e vario materiale iconografico narrano, attraverso itinerari individuali di sacrificio e di valore, la storia dei Carabinieri Reali, dall’istituzione del corpo nel 1814 – ripercorrendo le campagne risorgimentali, l’avventura coloniale, la prima Guerra mondiale, la proclamazione del Regno d’Italia e il secondo conflitto mondiale – sino a giungere alla nascita della Repubblica italiana
Oltre alle collezioni di uniformi, medaglie ed armi, molto interessante è quella di biciclette perfettamente funzionanti. Sono esposti tutti i modelli utilizzati dai Carabinieri Reali dalla fondazione al 1945 partendo dal biciclo, passando al modello Costa risalente al 1896 fino ad arrivare alla Bianchi 1912 (utilizzata durante il primo conflitto mondiale 1915-1918) e una del successivo modello 1923, utilizzata dall’Arma sino al primo dopoguerra.

Collezione ASI Micromotori

Testimoni dell’ingegno del Dopoguerra

La Collezione ASI Micromotori è stata acquisita dalla Federazione con l’obiettivo di preservare alcuni particolari veicoli che hanno rappresentato il sistema di mobilità individuale del secondo dopoguerra: è composta da 36 “micromotori” costruiti tra gli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso.

I “micromotori” sono sostanzialmente delle biciclette alle quali è applicato un piccolo motore: alcuni nascevano da uno stesso costruttore che proponeva telaio e propulsore, ma la maggior parte sono soluzioni miste con motori ausiliari abbinati alle biciclette dell’epoca, con trasmissione a rullo o a catena.

Quella acquisita da ASI è una collezione frutto di 25 anni di ricerca da parte dell’appassionato Michele Muzii, che ha voluto rendere omaggio alla testimonianza dell’ingegno di progettisti, meccanici e artigiani che in anni difficili hanno contribuito a rimettere in movimento la popolazione di mezza Europa con forme più leggere ed economiche della “vera” motocicletta.

La scelta e la selezione dei mezzi ha seguito due principi ispiratori: quello per l’estetica, orientato dal gusto per veicoli peculiari nelle forme e nelle soluzioni tecniche e quello per il confronto tra le creazioni di diversi Paesi, da sempre protagonisti nell’evoluzione del motorismo.

Museo dei Mestieri in Bicicletta

A Fabriano, vicino al Museo della Carta

È un museo di biciclette d’epoca usate per svolgere antichi mestieri e attività commerciali.
Una mostra davvero originale perché permette al visitatore di affacciarsi ad una finestra e scoprire i capitoli di storia italiana a partire dagli anni Venti fino agli anni Sessanta, con un elevato valore sociale ed educativo.

La mostra rivela lo sforzo, la fatica e l’impegno portati a compimento per risolvere i problemi della quotidianità e rincominciare a vivere dopo le distruzioni e le privazioni inflitte dalla guerra e rappresenta un monito per le generazioni più giovani.

La collezione è di proprietà delle famiglie Agostinelli-Pellegrini e gli esemplari provengono da tutte le regioni d’Italia.

Le collezioni di questo museo contano in totale oltre 100 esemplari.

 

Collezione Gianfranco Bisiccia

Auto, moto, biciclette, macchine agricole e attrezzi e manufatti utilizzati nell’agricoltura e nell’artigianato. Quella di Gianfranco Bisiccia è una collezione che racconta storia e tradizioni. Una raccolta che è frutto di 50 anni di attenzione verso il passato. La cura che il suo ideatore ha avuto per le cose che sono state utilizzate dall’uomo per coltivare la terra è stata tale da averlo spinto a raccogliere quanto non veniva più utilizzato dopo l’avvento dei macchinari a motore.
La collezione si compone di attrezzature e macchine agricole in uso nell’800 e 900 nelle campagne
per lo più dell’Italia Centrale e vanno dalle più piccole falci, zappe e coltelli alle più grandi trebbiatrici, sgranatrici e sgusciatrici e sfavatrici.
Le vecchie attrezzature agricole presenti nella collezione sono testimoni di tutto ciò che durante tutta l’attività agricola stagionale, poteva essere utilizzato per lo svolgimento delle varie fasi culturali. Non possono pertanto mancare: macchine semoventi e trattori, macchine operatrici per l’aratura, l’estirpatura, l’erpicatura, la semina, l’ archiatura, e la raccolta. C’è anche quello che veniva utilizzato nel vigneto e nella cantina, nella stalla e nel bosco.
Come detto all’inizio, completano la collezione auto, moto e biciclette degli anni ’20, ’30, ’50 e ’60.
La collezione non ha la presunzione di essere esauriente per quanto concerne il mondo contadino
ed artigiano delle Marche, ma rappresenta un significativo contributo alla conoscenza di quelle
realtà ormai perdute ed un invito a riviverle con emozione e spirito di riconoscenza.
Da anni sono Bisiccia è alla ricerca di Enti o istituzioni che possano mettere a disposizione locali idonei per la realizzazione di un museo pubblico dove tutto il materiale possa essere visibile dal pubblico, degli storici e delle scuole, che possono usufruire anche di una adeguata documentazione
storica. Si ricorda che l’intera collezione è supportata da un’opera libraria composta da 10 volumi, raccolti in tre cofanetti, per un totale di circa 4.000 pagine, che illustrano con foto, dati tecnici e notizie varie ogni elemento della collezione. Questi libri sono stati editi dall’Asi Service nel 2013 e sono acquistabili compilando l’apposito modulo su “La Manovella”.

Museo della bicicletta Loris Pasquale

Salcedo (VI), piccolo paese della pedemontana vicentina, in via Roma 5, si trova un’interessante collezione privata dedicata alla bicicletta. Questo museo è stato realizzato con pazienza, dedizione e grande competenza da Loris Pasquale, nato a Vicenza nel 1962, che fin da bambino fu affascinato dal collezionismo di vario tipo: figurine di calciatori, monete, francobolli, farfalle, minerali, fossili e altro.
Aveva vent’anni quando un amico di famiglia, un meccanico di biciclette di Breganze (VI), regalò a suo padre Francesco una vecchia bicicletta equipaggiata con motore a rullo, modello Mosquito 38. Loris fu subito affascinato da questo veicolo a due ruote che fece scattare in lui la passione di cercare e collezionare altri modelli di biciclette. In pochi anni la sua collezione di biciclette e accessori è cosi cresciuta fino a dar vita ad un vero museo visitabile dal pubblico.

Nella suggestiva esposizione figurano centinaia di biciclette storiche a partire dal biciclo Michaux datato 1861 (con pedali e sella regolabili) fino ai modelli dei nostri giorni, insieme ad accessori di vario tipo tutti relativi alla bicicletta e alla sua storia, quali magliette, vestiti d’epoca, riviste, cartelloni pubblicitari, manifesti, libri, cataloghi, medaglie, fanali.

Notevoli e numerosi i mezzi a pedali dell’Ottocento, fra i quali Howe del 1870,Turri del 1887, Singer del 1880, Rudge del 1878, il triciclo Peugeot del 1894 dotato di differenziale, la Metropole del 1898 con trasmissione e cardano,  Non mancano pregevoli esemplari del Novecento, i più antichi la Dursley Pedersen del 1903, la Sunbeam Two Speed del 1904, la Labor del 1905, la monoforcella Lefty che ha ispirato alcune moderne mountain-bike e la Terrot del 1907.

Molto rara la Levocyclette del 1905 a pedalata alternata, non circolare, grazie ad una tecnologia raffinata. Altrettanto pregiate la Magnat Debon del 1901 con cambi differenti e pedalata nei due sensi, avanti e indietro. Nella Flora del 1915 la canna si abbassa e la bici si trasforma in mezzo da uomo in bici da donna. Geniale la Humber Cycle del 1904 che veniva proposta in scatola di montaggio, come pezzi di ricambio, per sfuggire alle regole del dazio. Nella Hirondelle del 1915 -dotata di retropedalage– pedalando in avanti si affrontava la strada in pianura e all’indietro quella in salita. Curiose le “Ciclopalla”, specialità sportiva che permette di giocare al calcio in bicicletta. La palla, ad eccezione del portiere quando si trova all’interno della propria area di rigore, può essere giocata toccandola solamente con le ruote della bicicletta. Le squadre, a seconda della variante del gioco considerata, sono normalmente composte da due, cinque o sei giocatori per parte. L’invenzione del gioco della ciclopalla viene attribuita al ciclista statunitense, di origini tedesche, Nick Kaufmann. Kaufmann avrebbe avuto l’ispirazione imbattendosi in un cane di piccola taglia mentre era alla guida della bicicletta, scansandolo delicatamente a lato della strada con la ruota anteriore. Kaufmann ebbe così l’idea di sostituire il cane con una palla, dando vita nel 1893 a Rochester -sua città natia negli Stati Uniti- alla prima partita di ciclopalla. Molto ammirato anche il tandem con sedute parallele di Dei, che permetteva ai due ciclisti di conversare, viaggiando uno accanto all’atro e non uno dieto l’altro. Solo uno però guidava il mezzo con il manubrio. Il secondo manubrio era d’appoggio.

Museo della Bicicletta

Il fascino delle corse ciclistiche di un tempo fa venire in mente le epoche eroiche di Fausto Coppi e Gino Bartali, fatte anche di salite infinite da percorrere sullo sterrato. A fare da corollario alle epiche sfide tra i miti del ciclismo c’è la “carovana”, costituita dalle vetture d’assistenza dei corridori e i veicoli pubblicitari.

A rievocare il fascino delle corse di un tempo provvede ogni anno il Club Ruote d’Epoca in Valbormida organizzando la rievocazione del circuito di Cosseria. Un evento che è stato ben descritto su “La Manovella” dell’ottobre 2012.

Ma come conservare la memoria storica delle corse ciclistiche? A far nascere l’idea di raccogliere un bel po’ di biciclette è stato il ritrovamento nella metà degli anni ‘90 di molte due ruote da corsa degli anni’30. La scoperta del “tesoro” ha portato alla creazione del Museo della Bicicletta di Cosseria, prezioso scrigno nel quale è custodita parte della storia del ciclismo.

Per gli appassionati di questo sport una visita a questa struttura è obbligatoria.

Il piccolo comune della Val Bormida ha contribuito a valorizzare questa storia destinando al museo degli spazi nel centro del paese. Così antichi tesori come il velocipede del 1868 “Egal de Michaux” o la Rudge “Gran Bi” del 1881 sono visibili a tutti.

Interessante, per quanto riguarda l’evoluzione della bicicletta moderna, è la francese Clement del 1890, con telaio “a quadro”, il pignone fisso e la catena a maglie piene. Con una bici simile Charles Terrot ha corso nel 1891 la Parigi-Brest-Parigi (1.200 km) a 16,140 km/h di media. C’ è anche la Cycle Omega “Acatene” del 1899, bici priva di catena. La trasmissione del moto avviene tramite un albero inserito nel fodero posteriore. Altra curiosità di questo mezzo è il “freno invisibile”, con comando all’interno del cannotto dello sterzo. Una particolarità dovuta non a motivi estetici ma alla necessità di dotare la bici di un freno non visibile per poter dare la possibilità al proprietario di vantarsi dell’assenza di un sistema frenante. Queste sono solo alcuni dei gioielli custoditi in questa bella struttura, punto di riferimento per la storia della bicicletta in Italia. Interessante anche la pubblicazione “La bici d’epoca”, utile libro per gli appassionati.