Museo Retro Camping

In vacanza con la casa

Settanta veicoli, tra auto caravan e camper, dal 1928 al 2011, ma anche cicli e motocicli, tende, air camping, oggetti, attrezzature e curiosità d’epoca rappresentano il nutrito corpus della singolare collezione custodita e valorizzata dal “Museo Retro Camping”. Un’esposizione eccezionale per la qualità e rarità dei veicoli raccolti secondo due fili conduttori: da un lato il meglio della produzione mondiale, dall’altro le aziende italiane, molte delle quali sono cadute in un oblio profondo. Modelli rari, in condizioni originali, curati in ogni dettaglio, dai complementi d’arredo alle stoviglie, in perfetta armonia con l’epoca di riferimento del caravan. Dove? In Brianza, a Robbiate (LC) presso Palazzo Bassi Brugnatelli, seicentesca dimora patrizia, essa stessa casa museo. L’ambientazione vuole rendere omaggio al campeggio delle origini, fatto di libertà e natura, ma anche di stile e rispetto. Chi? Tutto inizia un po’ per caso, nel 2015, quando l’architetto Marcello Bassi Brugnatelli s’imbatte nella sua prima roulotte, visitando il garage da ristrutturare di amici: una Sterckeman 310 minor del ’71 che gli verrà regalata. Una miccia esplosiva che ha aperto le porte di un mondo meraviglioso fatto di ingegno, tecnologia, creatività, design e tanta socialità ed avventura.

Museo Emanuele Ricci

Nasce dall’iniziativa di Renato Ricci, figlio del titolare dell’azienda “Emanuele Ricci” – imprenditore noto sin dagli anni Quaranta per la commercializzazione di prodotti chimici, lubrificanti e pneumatici – e da tempo impegnato nella promozione dello sport regionale. Tutte italiane le vetture d’epoca esposte, Alfa Romeo e Fiat, tranne una francese R4, acquistate negli anni Quaranta e Cinquanta dal Comm. Ricci. “Abbiamo anche ricostruito un vecchio garage-officina dove c’è uno smonta-gomme del 1945 – ha raccontato Renato Ricci – cimeli rari e unici, che ho raccolto, conservato e restaurato”. Una seconda parte è riservata al ciclismo e al Trofeo Matteotti, gara con una storia, un percorso e un albo d’oro da fare invidia al Giro d’Italia. Tra i pezzi migliori – appartenuti ai grandi campioni che hanno partecipato e vinto la classica pescarese – c’è la Bianchi del 1946 con cerchi in legno di Fausto Coppi e la maglia del “Leone del Mugello”, Gastone Nencini.

Museo BMW Tullo Pezzo

Un Museo con la BMW nel cuore

Vicino a Mantova auto e moto della Casa bavarese

La BMW come punto d’onore e come primo amore. E’ il filo conduttore del Museo BMW Tullo Pezzo di San Giorgio Bigarello di Mantova, dove la famiglia Pezzo porta avanti da lunghi anni la cura, il restauro, la conservazione e la vendita dei modelli firmati dalla casa tedesca. BMW è l’acronimo di Bayerische Motoren Werke (Fabbrica Bavarese di Motori) fondata a Monaco di Baviera nel 1917 per costruire motori aerei destinati all’impiego bellico nella Prima Guerra Mondiale. Appassionato ed esperto di aeronautica era anche Tullo Pezzo, che nel 1964 avviò la concessionaria BMW di San Giorgio Bigarello, una delle prime in Italia. Erano gli anni del cosiddetto “miracolo italiano”, della crescita verticale della nostra economia, con l’automobile destinata a diventare bene di massa e non a restare un privilegio per pochi. “Durante la Seconda Guerra Mondiale nostro padre aveva sviluppato una buona formazione tecnico-meccanica applicata ai motori aeronautici che si rivelerà preziosa negli anni a venire”, raccontano i figli Davide e Riccardo che insieme ai nipoti Nicolò e Edoardo, rappresentano la seconda e la terza generazione della famiglia. Piano piano, come spesso capita a chi ama il proprio lavoro, la memoria dei padri ha chiesto ai figli ed ai nipoti di essere rappresentata. Nel 2005 è nata così la bella collezione che annovera una ventina di auto e quindici moto, tutte restaurate con cura grazie a una squadra di sapienti artigiani. La prima auto riportata allo stato d’origine è stata una 326 del 1938, acquistata da Tullo Pezzo agli inizi degli anni Ottanta. Molto impegno ha richiesto anche la 335 cabrio del 1939 che ha sfilato al concorso di Villa d’Este nel 2012. “Siamo andati a caccia di molte auto vendute a clienti ed amici di papà, le abbiamo racquistate e sottoposte a meticolosi restauri. Molte hanno conquistato la Targa Oro dell’ASI”, raccontano i fratelli Pezzo. Fra le molte auto in esposizione ci sono la 3000CSI e la 2002TI del 1972, la M3 del 1987 e una rarissima Z8, costruita dal 1999 al 2002, e venduta in numero limitato. Altra auto particolare è la Isetta la famosa microvettura prodotta dalla casa italiana Iso di Bresso dal 1953 al 1956 e successivamente, su licenza, dalla BMW, dal 1955 al 1962. Ancor oggi è considerata la prima automobile al mondo prodotta in serie a basso consumo di carburante, costruita per favorire la mobilità di un mondo che voleva muoversi, conoscere, viaggiare.

Museo della “500” Dante Giacosa

Il Museo è nato a Garlenda, sede del Fiat 500 Club Italia, per diffondere il mito della 500 storica,diventata ormai un fenomeno sociale, culturale e di costume.

La 500 è infatti l’auto che ha traghettato l’Italia del dopoguerra verso la modernità. Gli anni in cui venne prodotta la 500 coincidono, in modo significativo, con un periodo centrale della storia economica e sociale della nostra nazione. Diciotto anni, dal ‘57 al ‘75, che hanno cambiato radicalmente il volto del Paese. Per la prima volta le famiglie avevano l’opportunità di spostarsi dalle città per gite di piacere al mare e in campagna; le donne, sempre più protagoniste della società, avevano un mezzo facile e maneggevole per fare la spesa, portare i figli a scuola e per recarsi al lavoro; per i giovani la 500 assumeva il significato di libertà e divertimento. Si trattava di un’auto alla quale, anche grazie alle sue linee simpatiche, si ci affezionava facilmente, tanto da essere conservata in famiglia per decenni e spesso tramandata di padre in figlio fino ai nostri giorni.

Il Museo “Dante Giacosa” è l’unico al mondo ad avere i video storici dell’Istituto Luce e della Fiat, interviste a personaggio famosi, documentazioni storiche e attuali sulla 500, incluse le numerose attività legate ad essa. Oltre 100 ore di contenuto video per soddisfare tutte le curiosità sul mitico cinquino: un inestimabile patrimonio documentaristico disponibile per tutti i visitatori consultando i 2 touch screen. La numerose sale contengono moltissimi elementi utili per capire l’importanta di questa vettura, con approfondimenti in grado di soddisfare ogni curiosità sulla mitica utilitaria torinese.

Al termine della visita al Museo, si può curiosare nel nuovissimo 500 Shop, dove è possibile acquistare gadget, abbigliamento, libri, DVD e modellini, tutti firmati 500 Club Italia, per portare a casa un ricordo del “viaggio nel tempo” fatto a Garlenda.

Museo Taruffi

Il Museo dell’ Associazione Piero Taruffi è nato nel 1998 quando la famiglia del pilota decise di mettere a disposizione dell’Associazione i cimeli e la documentazione in suo possesso in maniera che potessero essere esposti al pubblico; il Comune di Bagnoregio ed il Consorzio Teverina diedero la loro disponibilità sia per il reperimento dei locali che per quello di una parte dei fondi necessari per la catalogazione della documentazione e per l’allestimento museale e, così, anche la sede sociale venne trasferita da Bolsena e da allora è all’interno del Museo stesso. Dal 2002, grazie all’ Amministrazione Comunale, il Museo ha una sede assolutamente prestigiosa che occupa l’intero stabile dell’ex mattatoio restaurato proprio con questo scopo; recentemente, in seguito alla restituzione alla famiglia Taruffi di molto materiale destinato all’Autodromo di Vallelunga che ora porta il nome del suo progettista, è cambiata anche la filosofia espositiva trasformando il percorso di visita in un interessante itinerario che testimonia il progresso tecnico scientifico in campo motoristico nell’ ultimo secolo; le auto e le moto esposte sono di proprietà di soci e simpatizzanti e periodicamente vengono sostituite per dare sempre nuovi stimoli ai visitatori.

Particolarmente interessante la sezione dedicata alle “Microcar” che ospita la Isetta in tutte le sue declinazioni, la rarissima Volpe protagonista di una delle prime grandi truffe del dopoguerra e poi Messerschmidt, Volugrafo e tanti altri esemplari davvero notevoli.

Nel corso degli anni il Museo ha arricchito il suo patrimonio grazie ad una serie di donazioni ed anche alla collaborazione di artisti di chiara fama che hanno realizzato annualmente un’opera pittorica ispirata a Taruffi; altra preziosa acquisizione quella di circa cinquecento tavole tecniche relative alla costruzione del Bisiluro che sono già state catalogate ed in parte esposte in una mostra permanente dal titolo “ Il Bisiluro ai raggi X – Anatomia di un bolide “.

L’ attività museale è stata caratterizzata nel corso degli anni dall’ organizzazione di mostre tematiche e convegni di grande risonanza come le numerose iniziative realizzate in occasione del Centenario della nascita di Piero Taruffi che hanno spaziato da una mostra biografica itinerante a quella intitolata “Guglielmo Marconi e Piero Taruffi: due geni italiani tra valvole e motori” che, avvalendosi di prestigiose collaborazioni tecnico-scientifiche quali quella della Fondazione Marconi, ha offerto ai numerosi visitatori la possibilità di seguire l’evoluzione della radio dai primi esperimenti marconiani fino ai nostri giorni.

Ma questo non basta perché recentemente il Museo ha acquistato da un collezionista un bel numero di radio d’epoca che ora sono stabilmente esposte in una sala dedicata

Una particolare sezione espositiva è dedicata all’Ingegner Francesco De Virgilio che fu socio onorario dell’Associazione Taruffi, progettista del primo motore sei cilindri a V che equipaggiava le Lancia Aurelia; in mostra molta documentazione legata alla vita professionale dell’Ingegnere, progetti e fotografie ma anche oggetti ai quali era profondamente legato quali un violino, il suo compasso ed una radio auto costruita.

Molto interessante è anche una piccola sezione dedicata al cinema ed in particolare al film premio Oscar di Federico Fellini : “La Strada” girato a Bagnoregio nei primi anni cinquanta del secolo scorso che ospita una ricostruzione del motocarro che nel film era la casa viaggiante di Zampanò (Anthony Quinn) e Gelsomina (Giulietta Masina) e gli abiti degli sposi della scena rurale del film che sono quelli realmente indossati nelle loro vere nozze di due anni prima dal meccanico bagnorese Ugo Trucca, proprietario del motocarro originale e dalla moglie Nevina.

Collezione Bruno Dorigo

C’è lo spirito profondo della vera passione in una cascina friulana trasformata in “Fattoria delle Abarth”. E’ la bella iniziativa di Bruno Dorigo, ideatore di una suggestiva collezione, raccolta con amore pezzo dopo pezzo.  Agricoltore e collezionista sessantenne, Dorigo ha realizzato a Campagna di Maniago (Pordenone) una “casa dei sogni” con alcuni esemplari dello Scorpione, una ricca documentazione fotografica oltre ad una quarantina di  trattori d’epoca ed oggetti agricoli d’ altri tempi.  Fra le auto esposte le versioni “1000 TC” (rispettivamente del ‘62 e del ‘63), una “1000 TC Gr.2″ del “71, una “1000 bialbero” del ‘62 e una ”750 Zagato“, definita “doppia gobba”. Accanto a queste, fanno bella mostra anche lo “Scorpione Francis-Lombardi 1.300 del ‘68, derivato dal telaio di un Fiat Coupe’ 850, una “Abarth 695” del ‘50 (telaio Fiat 500) e alcune Formula Abarth. Non c’ è un percorso obbligato da seguire, solo un’enorme passione dalla quale lasciarsi conquistare in una cornice calda e affettuosa.

Collezione Mariano Lucca

Passione di famiglia

La Collezione Lucca nasce da una passione di famiglia. Perché il padre Aldo e i figli Paolo e Mariano hanno sempre respirato pane e motori. Con officine, assistenze, restauri, vendite, acquisti, competizioni, noleggi, insomma con tutto quello che ha a che fare con le due o le quattro ruote.
“Ricordo che mi avvicinai alla raccolta e alla cura delle auto dopo l’alluvione del 1966, quando ero ancora poco più che un ragazzo e insieme a mio fratello rilevai una mezza dozzina di Alfa Giulia travolte dalla piena del fiume Adige, negli stessi giorni in cui Firenze veniva travolta dal fiume Arno”.
I due fratelli, seguendo scrupolosamente le direttive del padre e lavorando di notte riescono a ridare vita alle Alfa alluvionate. Col tempo all’officina si affianca un autosalone, il giro di auto aumenta ma non tutte vengono vendute perché la passione è forte. Così, mese dopo mese, anno dopo anno, la collezione aumenta e arriva a superare quota 50, con esemplari di rilievo, come Lancia Stratos, Ferrari Testarossa, Ferrari Dino 246, Ferrari 308, Fiat Abarth 131, Lancia Aurelia B20, un ricco ventaglio di Porsche, Jaguar, Alfa. Lucca ama la storia, la ricerca, la divulgazione. Negli anni Ottanta diventa giornalista e collaboratore di Luca Grandori, anima di Auto Capital, la rivista che intuisce le potenzialità del settore.
Nel 1996 arriva anche l’impegno agonistico su Chevron B23 e Osella, che oggi riposano al calduccio in questa bella collezione capace di testimoniare le emozioni dei giovani nati del dopoguerra, quando bastavano quattro cerchi in lega, un volante in legno e l’assetto ribassato per sentirsi campioni su una Cinquecento.
“Purtroppo”, sorride Mariano Lucca, “oggi tutto è cambiato e a volte mi sembra che i giovani abbiano perduto la capacità di sognare. Io conservo ancora l’emozione di certi acquisti, la prima moto, i restauri in officina rubando le ore al sonno, la gioia di veder rinascere un’auto destinata al macero. Se dovevo acquistare una moto, non dormivo per una settimana. Anche se poi mi faceva disperare e arrivai a contrarre un mutuo per comperare una Stratos”.

Museo Mille Miglia

L’idea del Museo della Mille Miglia nasce da un duplice progetto, che coinvolge anche l’antico monastero nel quale è situato. Può sembrare una locazione insolita per un museo dedicato al mondo dei motori, tuttavia conserva un particolare valore simbolico. Il complesso monastico di Santa Eufemia della Fonte, la cui fondazione risale al 1008, sorge alle porte di Brescia, non lontano da Viale Venezia, lo storico punto di partenza e di arrivo della competizione.

I fondatori del Museo, in seguito ad accordi presi col Comune di Brescia, si sono incaricati di restaurare e di valorizzare, dal punto di vista storico, la struttura, per anni considerata degradata e di scarso interesse culturale.

La decisione di allestire il Museo in un edificio religioso, inoltre, è dettata dal fatto che il percorso Brescia-Roma-Brescia, scelto dai quattro ideatori della Mille Miglia – Aymo Maggi, Franco Mazzotti, Renzo Castagneto e Giovanni Canestrini – non includeva casualmente la Capitale. Raggiungere la Città Eterna, significava compiere una specie di “viaggio dell’anima”, un “buttare l’anima oltre l’ostacolo”.

Ecco dunque che la scelta di collocare un museo dedicato al mondo dei motori, all’interno del monastero appare meno insolita.

L’obiettivo dei fondatori del museo è creare un luogo culturale interattivo, coinvolgente e aperto al dialogo con i visitatori, i quali sono accompagnati virtualmente attraverso l’intero tragitto della Mille Miglia da una passerella rossa, che rinvia alla Freccia Rossa, emblema della corsa, la quale separa da una parte le vicende storiche della corsa, dall’altra il racconto del costume del Novecento. Il carattere dinamico del museo è confermato anche dalla volontà di allestire dei laboratori permanenti, veri e propri centri di studio per i visitatori, uno dedicato all’epoca medievale, alla nascita e all’origine della struttura del sito monastico di Santa Eufemia, uno al panorama culturale del Novecento, uno interamente alla Mille Miglia, infine un laboratorio sulla cultura dell’automobilismo storico, con l’indicazione di tutti i centri specializzati dove far riparare le vetture d’epoca e reperire eventuali pezzi di ricambio ed un altro sarà dedicato alla presenza dell’automobile nel cinema del Novecento.

Il museo offre al pubblico la possibilità di ammirare i preziosi cimeli selezionati dall’archivio storico composto da 130.000 documenti significativi, e distribuiti lungo tutto il percorso in modo tale da consentire al visitatore di giungere al cuore della memoria storica dell’evento. La Mille Miglia, infatti, va oltre l’aspetto competitivo. In oltre trent’anni, ha svolto una funzione insostituibile per l’evoluzione dell’automobile, trattando con dovuto anticipo i temi che, adeguatamente sviluppati, avrebbero condotto alla realizzazione delle attuali utilitarie e alle Gran Turismo popolari in tutto il mondo.

Il materiale esposto è stato scelto con il fine di far comprendere come l’odierna tecnologia presente sulle vetture che adoperiamo, sia frutto dell’intelligenza di uomini che costruivano con passione autentica e che svolgevano con affiatamento il lavoro di équipe.

Ne sono testimonianza le due OM del 1929 esposte, nate dall’esperienza di semplici meccanici. Oltre ad esse, la 665 SS Corsa “Superba” e la 665 “Superba”, ma tra i marchi presenti si contano anche Alfa Romeo, BMW, Fiat, Maserati, Ferrari, Mercedes- Benz.

Il museo contiene anche l’Archivio della corsa, che conserva circa centotrentamila documenti, preservati da Renzo Castagneto e dai suoi collaboratori, nel periodo compreso tra il 1927 e il 1957, nelle diverse sedi dell’Automobile Club di Brescia.

La consultazione dell’Archivio Storico è permessa a ricercatori e professionisti direttamente presso il Museo, gli appassionati e i proprietari di vetture d’epoca possono richiedere anche per corrispondenza ricerche specifiche; inoltre tutti i documenti sono stati informatizzati e sono quindi fruibili in formato digitale grazie ad un motore di ricerca.

Volkswagen Expo

Volkswagen Expo nasce dalla passione di uno dei sessanta fondatori del Registro Italiano Volkswagen, costituito nel 1996 e federato ASI nel 1998.
Interessato ai progetti di Ferdinand Porsche, ma impossibilitato, per ragioni economiche, ad arrivare ai veicoli del brand di Stoccarda, la passione ha trovato soddisfazione rivolgendosi a quello che è stato uno dei primi progetti di Porsche: il Maggiolino.
Così, al primo acquisto di un ‘Maggiolino’ nel novembre 1993 ne sono seguiti molti altri, fra i quali un Maggiolino “ovalino” cabriolet nero del 1957 “frecce a bacchetta”, la berlina del 1963 pearl white, la prima versione del Maggiolino con 12 volts (la Elm Grun del 1969), il cabriolet bianco del 1978  e il raro Cabriolet del 1961 motorizzato O.K.R.A.S.A., un’elaborazione originale messa a punto dal preparatore tedesco Oettinger. La passione del proprietario si è poi orientata verso le varianti su meccanica boxer, come le typ 3, allineando la Familcar 1600 iniezione meccanica del 1972, la 1600 TL del 1970 in un raro colore clementine (arancione) e, recentemente, la 1500 notchback (tre volumi); oltre alla Pescaccia 1600 con 50.000 km dall’origine. Non mancano le coupé della gamma: le rarissime Karmann (typ 34) che sono esposte sia nella versione mono-carburatore del 1963, sia nella versione S con doppio carburatore insieme alla più conosciuta Typ 14 1500, del 1969. La Collezione è stata completata con i modelli raffreddati ad acqua: la Golf, nelle tre versioni più iconiche (la swallowtail paraurti in ferro del 1975 in allestimento L; la cabriolet del 1980; la GTI 5 marce del 1981); la rara Polo 1976 (era l’Audi 50 con marchio VW); la Scirocco GT; la primissima Passat (è una 1975 con rara targa quadrata), prima Volkswagen raffreddata ad aria in assoluto; la K70, come noto, vettura NSU, ereditata dalla Volkswagen, quando, fallita la casa di Neckarsulm, fu messa sul mercato con marchio VW anche per testare la risposta dei clienti, abituati al “tutto dietro” raffreddato ad aria. E’ infine presente la VW Derby, Polo a tre volumi, in allestimento LS, con 70.000 km da nuova. La collezione comprende anche un Maggiolino “Ovalino” del 1957, un Maggiolone cabriolet 1302 del 1972 e una rarissima New Bettle Sport Edition allestita con il motore 2.300 5 cilindri a V con paraurti progettati in Porsche ed appositamente studiati per aumentare la deportanza e spoilerino automatico (che sale oltre i 160 km/h) sopra al lunotto posteriore. C’è anche il Pullmino: un T25 in allestimento Hannover Edition del 1990 con il raro motore 1.900 a benzina. Fra le youngtimer, la Lupo GTI e la già citata New Beetle Sport Edition. Una particolarità della collezione è la rigorosa ricerca di esemplari conservati con targa e libretto originali e bassi chilometraggi. Spiccano, fra gli altri, i 67.000 km della Polo e della Passat, i 73.000 (all’acquisto) della Golf Cabriolet, i 37.000 della typ 34 1500 S verde, i 50.000 della Pescaccia, i 32.000 della Lupo GTI. Alcune delle auto sono state pubblicate sulle testate di settore. L’esposizione è completata da ampia letteratura sulle auto d’epoca in generale e sulle Volkswagen in particolare (consultabile in un angolo vintage appositamente dedicato) e dalla possibilità, per chi dovesse visitarla, di avere info sulla collezione e sui singoli modelli ed esemplari attraverso la scansione di un QRcode che consente di scaricare sui devices degli ospiti ogni notizia utile. La collezione è visitabile su appuntamento. E’ possibile organizzare eventi su richiesta e visite guidate con spiegazione della storia del Marchio e dei singoli modelli della gamma, oltre che le storie, in alcuni casi, davvero curiose e particolari, di ogni singolo esemplare. Eventi, raduni e visite possono essere combinati con splendidi tour del lago di Bracciano e con la visita al Museo dell’Aeronautica Militare presso la vicina Vigna di Valle.

Collezione ASI Bertone

Omaggio al genio creativo 

La Collezione ASI Bertone è composta da 79 esemplari tra veicoli, telai e modelli realizzati dalla celebre Carrozzeria Bertone. Comprende mezzi di grande valore storico come le Lamborghini Miura, Espada e Countach, una Lancia Stratos stradale, un’Alfa Romeo Giulia SS, una Giulia Sprint, una Montreal e numerosi prototipi della Carrozzeria Bertone.
Nel 2015 l’ASI si è aggiudicato la storica collezione, la cui vendita è stata dichiarata d’interesse culturale dal Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, che impose come vincolo che l’intera collezione fosse venduta all’asta telematica nella sua totalità. Inoltre, l’ASI non potrà disperderla rivendendo i pezzi singolarmente, e non potrà mai trasferirla all’estero. Con l’acquisizione della Collezione Bertone si è di fatto aperta una nuova era per l’Automotoclub Storico Italiano, che ribadisce il suo ruolo centrale nella difesa del motorismo storico e nel recupero e la conservazione dei veicoli d’epoca, consentendo agli appassionati di continuare ad apprezzare una collezione che fa parte del patrimonio culturale motoristico italiano. Attualmente la Collezione ASI Bertone è esposta al Parco e Museo del Volo di Volandia (Somma Lombardo), nei pressi dell’Aeroporto Milano-Malpensa, dove sono visibili, fra le molte esposte, la strepitosa Lamborghini Miura, che fece sognare l’Italia di fine Anni Sessanta, la Lancia Stratos, con motore Dino Ferrari a 6 cilindri di 2,4 litri e 192 CV montato posteriormente, la cui linea a cuneo divenne icona di soluzioni stilistiche mai prima sperimentate, come il parabrezza fortemente incurvato a inglobare i cristalli laterali e la modernissima Z.E.R. mossa da un propulsore elettrico, era destinata ai record FIA 2. Il primo fu stabilito a Nardò nel 1994 percorrendo in un’ora 199,882 km. Raggiunse poi i 303,977 km/h sul chilometro lanciato e coprì 465 km alla media di 120 km/h con una carica. Della Collezione ASI Bertone fanno parte anche la Giulietta Sprint, forse la vettura più celebre carrozzata da Bertone, versione coupé della mitica Giulietta. Grazie alla sua linea compatta, pulita ed elegante, diventerà una delle best sellers degli anni ‘50 e ‘60, sognata dai giovani e posseduta dai rampanti protagonisti del boom economico. Qualche anno dopo, per realizzare la più potente Granturismo degli anni ‘60, Alfa Romeo si rivolse ancora a Bertone. Nacque così la “2600” la cui una linea che si inserisce nella tradizione del Biscione ma con soluzioni inedite e una marcata personalità. Bertone realizzò numerosi prototipi su base Citroën. Uno di questi fu la Camargue con autotelaio della berlina GS. Una elegante hatchback 2+2 con lunotto degradante arricchito dalle due lunette di vetro. L’anteriore era impreziosito dal parabrezza curvo, tipico dei modelli Bertone di quegli anni.