Museo macchine a vapore Franco Risi

I colossi del Primo Novecento

 

L’esposizione è costituita da motori fissi, locomobili e locomotive stradali databili tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, impiegati per la trebbiatura del grano, l’aratura del terreno e la bonifica di terre paludose. Notevoli le realizzazioni Fowler, Marshall Sons & C. o Nichols & Sheppard, le locomobili Hofer SchrantzRichard Garret ed ancora Marshall o ancora il rullo compressore stradale Ruston Proctor, tutti restaurati da Franco Risi che dal 1980 iniziò a collezionare locomotive acquistandole in Italia e all’estero. Da questo colossale impegno è nato un vero e proprio museo della macchina a vapore, aperto a tutti, con mezzi perfettamente funzionanti. Esposta anche la locomotiva a vapore per binari a scartamento ridotto prodotta nel 1909 a Berlino in Germania per il trasporto di materiali in miniere, successivamente utilizzata nell’ambito della bonifica emiliano-romagnola. Di più contenuta dimensione, ma non meno interessanti, sono alcune locomobili da montagna, piccole macchine a vapore, in grado di essere trasportate anche in zone montuose. In particolare il modello realizzato nel 1912 a Bologna dalla ditta Italo Svizzera, del peso di 1,5 tonnellate con una pressione di esercizio di 7 bar.

Collezione Moto Pasquale Mesto, Asms

La collezione Italjet nasce dalle ceneri della esposizione di modelli storici presenti negli anni ’90 presso la sede storica della casa motociclistica a San Lazzaro di Savena, subito fuori Bologna.

Creatore e curatore di quella esposizione era stato Pasquale Mesto che, alla chiusura della fabbrica, riesce a non far disperdere quanto esposto e, nel tempo, ad integrarlo con altri esemplari rappresentativi della storia della ditta del “jet alato”.

Oggi la collezione raccoglie in una piccola esposizione oltre 30 modelli prodotti nei 50 anni di vita della Italjet che riescono a raccontare l’attitudine riconosciuta del suo titolare Leopoldo Tartarini ad anticipare gli stili e la moda con maestrale capacità di inventiva.

Tutti i settori in cui Italjet è stata presente sono rappresentati: i cinquantini sportivi, le minimoto da cross, i pieghevoli, le sportive, le trial, le maxi moto, le funny bikes, le moto da competizione e quelle da record. Fra le più interessanti c’è anche il siluro Record Cyclecar 250  del 1970 (con il quale vennero conquistati alcuni record mondiali di velocità sulla pista di Monza) e poi ancora modelli divenuti famosi come i Pack2, Tiffany, Kit-Kat, Skipper, Ranger, Coyote, Go’Go’, Scout, Scott Trial. Infine sono presenti alcuni prototipi o esercizi di stile fra i quali segnaliamo il Grifon 900 del 1999 motorizzato Triumph tricilindrico.

Non meno importante, a corredo di quanto esposto, vi è la possibilità di reperite tutta la documentazione tecnica prodotta dalla casa nella sua storia, oltre che la serie completa dei depliant e dei cataloghi delle parti di ricambio pubblicati. Per molti modelli è conosciuta anche la numerazione di produzione. Tutto questo materiale è stato classificato ed archiviato digitalmente in modo da essere facilmente a disposizione di tutti gli appassionati della marca.

Collezione Bruno Nigelli

Come mettere in evidenza la storia della produzione motociclistica della propria zona? A Bologna e dintorni un elevato numero di aziende si sono impegnate nella produzione di motocicli: una realtà che, a parte i grandi nome sopravvissuti (come, per esempio, Ducati e Moto Morini) ha coinvolto molto realtà ormai sepolte dal tempo. L’idea di Bruno Nigelli, semplice quanto difficile, è stata quella di creare una collezione in grado di valorizzare queste storie sommerse dal passare degli anni. E’ nata così la “Collezione Nigelli”, raccolta che comprende oltre 300 moto costruite tra il 1920 e il 1970. “Un periodo nel quale – racconta Nigelli – hanno operato a Bologna ben 84 aziende motociclistiche e 200 imprese dell’indotto ad essa collegate”.

Fra i “pezzi forti” della collezione c’è la Morini 250 cm3 bialbero con la quale Tarquinio Provini ha ottenuto risultati formidabili contro le giapponesi  a 4 cilindri, la Ducati 750 cm3 appartenuta a Walter Villa, una Ducati Marianna, la Mondial 250 cm3 bialbero realizzata con pezzi originali copia esatta di quella che ha vinto con  Cecil Sandford il campionato del mondo. Fra le turismo la Ducati Cruiser, una G:D e una Dall’olio. In una sala attigua alle motociclette “bolognesi” c’è una collezione di 20 moto estere e di altre regioni. Completa l’esposizione una raccolta di “clacson” di ogni epoca, dalle trombette dei film di Ollio e Stanlio, alle sirene marine fino alle moderne trombe pneumatiche.

Oltre alle moto c’è anche un raccolta di 250 propulsori motociclistici italiani e stranieri: “Negli anni’50 – dice Nigelli – sono stati realizzati propulsori molto interessanti e originali, non c’era una linea tecnica predominante”.

Museo dell'Automobile San Martino in Rio

Nella pianura emiliana alle porte di Modena, ma già in provincia di Reggio Emilia, si trova il Museo dell’automobile di S. Martino in Rio, perfettamente in sintonia con le atmosfere agresti e tranquille di questa zona, lontana dai ritmi frenetici della città.

La storia di questo museo comincia con una “Regina d’Africa” – così era chiamato l’autotreno 634 Fiat impiegato per la colonizzazione dell’Abissinia – che fece tappa alle porte di S. Martino in Rio con a bordo tre veicoli. Delle tre trasportate solo una è stata identificata con precisione: si trattava di una Fiat 509 berlina di tipo Weymann, con scocca in legno ricoperta di tela per conferire maggiore leggerezza all’insieme.

Da allora altre auto furono condotte a S. Martino dalla “Regina d’Africa” e da altri camion e ben presto nacque la Scuderia di S. Martino, fondata da Barighin, pseudonimo di Emilio Storchi Fermi, un uomo dotato di spirito d’iniziativa e fantasia, che riuscì ad imprimere un marchio originale all’intera collezione, tanto che, ancora oggi, a trent’anni dalla sua scomparsa, spicca tra le iniziative analoghe del settore. Alla realizzazione del progetto di Barighin aderirono anche alcuni appassionati che come lui amavano divertirsi con le auto.

Passarono anni, però, prima che le vetture raccolte trovassero sistemazione in un unico locale; infatti il comune approvò solo nel 1965 il progetto di un capannone da adibire a vero e proprio Museo della collezione.

Tuttavia la storia del Museo non si esaurisce così. Nel 1975 Barighin morì improvvisamente, lasciando sgomenti e disorientati i suoi soci e amici, che riuscirono a ridare vita al Museo nel 1981.

Anche l’attività della Scuderia è degna di considerazione per la notorietà acquisita in tutto il mondo dell’auto d’epoca, grazie alle numerose pubblicazioni del genere enciclopedico, che hanno mostrato fotografie di esemplari, corredate da fonte e luogo.

Visto da fuori il Museo passa quasi inosservato, trattandosi di un officina dismessa, ma il consiglio è di non fermarsi all’apparenza ed entrare, perché le circa quaranta vetture raccolte sono dei capolavori pronti a condurre il visitatore in un viaggio che le ha viste indiscusse regine della strada e sono sufficienti, sistemate ordinatamente una accanto all’altra, ad incuriosire ed emozionare. Nel sito c’è la descrizione completa di tutte le vetture esposte e molte altre informazioni.

Dallara Academy

Nell’autunno 2018, la Dallara ha aperto un nuovo edificio, a fianco della sede storica di Varano de’ Melegari: la Dallara Academy. Si tratta di una struttura dal design audace, progettata dall’architetto genovese Alfonso Femia e fortemente voluta dall’Ingegner Giampaolo Dallara. Essa si sviluppa su due piani, collegati da un’ampia rampa curva vetrata percorribile a piedi. L’edificio mostra da subito un’anima polivalente fortemente focalizzata su temi cari all’azienda: il legame con il territorio, la tecnologia e la formazione. L’area espositiva aperta al pubblico ricorda la curva sopraelevata di una pista, dove le Dallara hanno colto innumerevoli allori. In mostra le auto che hanno segnato la storia dell’Ingegner Dallara prima, e dalla Dallara Automobili poi: dalla Miura all’ X1/9, dalle vetture Sport nate in collaborazione con la Lancia alle Indy-car che corrono negli Stati Uniti, dai prototipi di Le Mans fino alle serie come Formula 3 e Formula E, per arrivare all’ ultima nata “Dallara Stradale”. Il visitatore si immergerà in una passeggiata nella storia delle auto, da corsa e da strada ad alte prestazioni, senza mai perdere il contatto con l’ ambiente circostante, grazie all’ampia vetrata che segue la traiettoria dell’intera rampa. Spinta verso il futuro è la Dallara Academy rivolta ai ai più giovani: un’intera area dell’edificio è totalmente dedicata a Laboratori Didattici pensati e progettati per gli studenti delle scuole medie inferiori e superiori, dove i ragazzi possono sperimentare in prima persona le leggi della fisica applicate alla progettazione ed allo sviluppo delle automobili. I Laboratori Didattici si basano sulla filosofia dell’”edutainment” ossia dell’imparare divertendosi, portando i ragazzi oltre lo studio della fisica legata alla sola esperienza scolastica, per coinvolgerli direttamente in attività ispirate alle tre competenze principali che contraddistinguono l’azienda: la progettazione e la produzione con materiali compositi, l’aerodinamica e la dinamica del veicolo. L’impegno dell’azienda nella formazione prosegue con un’area dedicata agli studi di livello universitario. Il primo piano, infatti, è la sede del secondo anno del corso di laurea magistrale in “Racing Car Design” del Muner (Musei Emilia Romagna) un sodalizio fortemente voluto dalla Regione Emilia-Romagna tra gli atenei regionali e le storiche case motoristiche della Motor Valley che rappresentano l’eccellenza italiana nel mondo del Motorsport. La Dallara Academy ha al suo interno anche un’area capace di ospitare 350 persone progettata per poter ospitare conferenze, meeting, presentazioni ed attività di team building.

Collezione Moto Poggi

La storia delle motociclette da competizione della Yamaha concentrata in un museo. Con l’apertura della collezione privata “Moto Poggi COMP”, gli appassionati di motociclismo possono vedere l’evoluzione delle moto da corsa della Casa giapponese. Aperta a Villanova di Castenaso, in provincia di Bologna, l’esposizione include mezzi come la YDS-1R del 1959, molti esemplari della celebre “TZ” e la YZR 500 a due tempi.

All’inaugurazione hanno partecipato emozionati il 15 volte iridato Giacomo Agostini, il pilota MotoGP del team Monster Yamaha Tech3 e Campione del Mondo 125 Andrea Dovizioso, il 2 volte iridato in 250 Carlos Lavado, il 3 volte iridato Luca Cadalora, il 3 volte Campione del Mondo Eugenio Lazzarini ed il pilota italiano Loris Reggiani.

Tra gli oltre 60 esemplari d’epoca esposti sono presenti anche dei veri e propri cimeli da collezione come, ad esempio, una Yamaha YDS1R del 1959, una serie di Yamaha TZ di cilindrate differenti (250, 350, 500 e 750) appartenenti a varie epoche e realizzate da Yamaha per dare la possibilità anche a piloti privati di essere competitivi nei vari campionati nazionali e mondiali.

L’iniziativa, curata dal collezionista Pierluigi Poggi, ha tenuto molto in considerazione l’originalità delle moto. Tutte sono “conservate” o restaurate in modo corretto.

Per l’eccezionale occasione Yamaha Factory Racing ha allestito una speciale mostra di moto ufficiali da Gran Premio, portando ben 6 esemplari di moderne Yamaha da competizione (MotoGP e 500 a due tempi).

Tra le moto esposte sono presenti anche le M1 di Valentino Rossi (con le versioni del 2004 e del 2005) e quella di Jorge Lorenzo (iridato con la Yamaha nella classe MotoGP nel 2010), l’attuale YZR-M1 2012 di Andrea Dovizioso, la Yamaha YZR 500 due tempi di Garry McCoy e quella di Norifumi Abe.

Garage Roadmaster

L’ASSOCIAZIONE ROADMASTER GARAGE RAGGRUPPA QUASI 200 SOCI ED E’ STATA  FONDATA DA SALVATORE MESSINA.
HA SEDE A CASTELNUOVO CILENTO (PROVINCIA DI SALERNO) SU UN’AREA COPERTA DI 1700 MQ E ADERISCE ALL’ AUTOREVIVAL CLUB, FEDERATO ASI.
OFFRE UNA PANORAMICA DI PIU’ DI 50 AUTO ANNI CINQUANTA E SESSANTA CON UNA PARTICOLARE ATTENZIONE PER LE GROSSE BERLINE AMERICANE.
ALL’INTERNO, LABORATORIO DI RESTAURO, MOLTI OGGETTI VINTAGE, SPAZI DI RITROVO PER GLI APPASSIONATI ED I BAMBINI.

Museo Nazionale Ferroviario di Napoli Pietrarsa

Vicino a Napoli e precisamente a Traversa Pietrarsa, si trova il museo ferroviario di Pietrarsa, inaugurato il 7 ottobre 1989, per i 150 anni delle ferrovie italiane. L’esposizione del museo è articolata in diversi padiglioni e settori e vi sono esposti diversi mezzi rari e funzionanti. La sede museale è quanto mai appropriata, essendo questo il Reale Opificio Meccanico Pirotecnico e per le Locomotive, nato per volere di Ferdinando II, in un’area prima chiamata “Pietra Bianca” e in seguito “Pietrarsa” dopo un’eruzione del Vesuvio che aveva portato la lava fino a quel punto della costa. Il museo si sviluppa in un’area di 36mila metri quadrati, di cui 14mila coperti, un viaggio nel tempo fra le locomotive e i treni che hanno unito l’Italia dal 1839 fino ai giorni nostri. Ne è un esempio la locomotiva Bayard del 1839, insieme a molte altre possenti locomotive a vapore, fino ad arrivare ai locomotori con trazione elettrica trifase dell’inizio del ventesimo secolo.

Proseguendo per i vari padiglioni si trovano poi le carrozze e automotrici. Fra tutte, risalta la carrozza n. 10 del Treno Presidenziale, costruita dalla Fiat nel 1928 per il treno reale.

Uno dei padiglioni del museo, è denominato “la Cattedrale” per la particolarità e grandiosità degli archi, che conferiscono all’ambiente una maestosità senza pari. All’interno sono conservati numerosi modelli di rotabili, plastici e oggetti di grande interesse. Vi trovano posto anche le antiche rotaie a doppio fungo, poggianti sui dadi di pietra lavica che erano impiegati sulle antiche ferrovie prima che venissero adottate le più moderne traversine.
La maestosità e la semplicità dell’allestimento unite al fascino dei mezzi storici e alla invidiabile cornice del Vesuvio e del mare, fanno di questo museo un luogo di attrazione per gli appassionati.

Museo Storico della Lambretta

E’ una delle poche realtà museali nel sud Italia. Il “Museo Storico Meridionale della mitica Lambretta”, a Soveria Simeri in provincia di Catanzaro, racconta la storia del famoso scooter nato sulle rive del Lambro nel 1947. Il suo fondatore, il sacerdote Don Andrea Bruno, ha scritto anche un libro per ricordare il sessantesimo anniversario di questo celebre mezzo di trasporto. Il volume “Museo della Lambretta – La bellezza che resiste nel tempo”, racconta la storia dello scooter in 141 pagine. All’interno 200 foto a colori con didascalia completano il testo. Il libro si può richiedere alla “Calabria Letteraria Editrice” ai numeri di telefono 0961.798093 o 340.7774248.

La collezione del museo comprende tutti i modelli della Lambretta, dal primo modello “A” del 1947 fino ai modelli “Li” del 1971.