Museo Moto Laverda

Il Museo è situato a pochi metri dalla vecchia fabbrica e gestito da un’associazione di promozione sociale guidata da Werner Ricciolini, grande cultore e appassionato del marchio. Allestito in un suggestivo sito vintage, ospita in due grandi sale oltre 100 esemplari di motociclette costruite tra il 1948 ed il 2000 con più di mezzo secolo di storia raccontata da motociclette, fotografie, oggetti, testimonianze e documentazioni. Vista l’affluenza, gli organizzatori hanno dovuto riservare cinque grandi aree di parcheggi gratuiti. Del resto l’occasione era ghiotta.
Molte moto provengono dal Museum Collection of Laverda, che aveva sede a Lisse (Olanda), ed era nato dalla collezione di Coor Dees. Intorno al 2017 la bella raccolta era stata messa in vendita, completa di 81 motociclette, prodotte dal 1950 al 2000, oltre a una miriade di oggetti e memorabilia legati allo storico marchio italiano. Il primo acquirente fu un americano. Poi intervenne Werner Ricciolini che, fortunatamente, riportò a casa l’importante collezione, aggiungendo altri pezzi importanti.
Si parte dagli Anni Cinquanta con i modelli 75 sport e 100 sport che brillarono nella Milano-Taranto e nel Giro d’Italia. Gli Anni Sessanta sono rappresentati da scooter e fuori strada, per arrivare agli Anni Settanta con le versioni stradali della GT 650-750, SF 750 in tutti i modelli costruiti tra il1968 ed il 1976. Presenti cinque esemplari originali di SFC 750, tra cui moto ufficiali che la Casa schierò in importanti competizioni internazionali. La mitica 1000 V6, costruita nel 1977, detta anche la Formula 1 su due ruote, è un esempio di innovazione ingegneristica e tecnica costruttiva. Esposta anche l’intera gamma delle 1000 3 cilindri (1972-1978), la 1000 RGS, la famosa Jota 1000 nelle 2 versioni, RGA e le 1200 nelle varie versioni. L’esposizione si conclude con le produzioni degli Anni Novanta. Un’area è dedicata agli strumenti di lavoro della fabbrica: uno spazio che rappresenta la storia di un territorio. Non a caso durante l’inaugurazione la sindaca di Breganze Piera Campana ha sottolineato il valore sociale di questa iniziativa, non solo per attirare appassionati in visita e dunque promuovere il turismo, ma anche per ricordare l’operosità di un territorio, il Veneto, che nel Novecento ha lavorato molto ma esibito poco.
Sulle pareti dei due padiglioni che costituiscono il museo fanno bella mostra immagini storiche, tute di campioni famosi, gadget e memorabilia del celebre marchio veneto.

 

Museo del Piave

Presentare questo Museo non è cosa semplice, anche il visitatore più accorto potrebbe, di primo acchito, non comprendere il criterio seguito dall’Associazione Museo del Piave “Vincenzo Colognese”, (presidente Perin Diotisalvi) nella scelta degli oggetti esposti. Infatti, i motivi che hanno dato avvio alla nascita del Museo non bisogna cercarli esclusivamente nella volontà di una ricostruzione storica, ma soprattutto nella voglia di condividere esperienze di vita vissuta, sogni e delusioni, che oltre a segnare i sassi del fiume Piave hanno segnato anche i cuori dei popoli di paesi in guerra e non.
Si potrebbe dire un museo “fatto col cuore”, dalla gente che ha vissuto realmente quegli anni, ed è questo che i responsabili della struttura sperano di far sentire a tutti coloro che entreranno a visitarlo: un’emozione, non un’asettica e ordinaria esposizione.
L’esposizione vuole essere quella un museo “aperto”, in continua crescita, che si sviluppa grazie all’apporto di oggetti e memorie provenienti non solo da chi è stato, direttamente o indirettamente, coinvolto nell’evento, ma da tutti coloro che si sentono vicini a questo frammento di storia, non solo italiana, ma anche e soprattutto europea e mondiale.
La struttura “protegge” trattori d’epoca, locomobili e vaporiere. L’aereo Spad XIII ora esposto per tre anni nel salone partenze dell’aeroporto di Venezia. E’ una fedele ricostruzione di quello utilizzato da Francesco Baracca che sulla fusoriera aveva impresso il marchio del cavallino rampante poi evoluto da Enzo Ferrari come marchio sulla Ferrari. Al suo posto, si trova esposto il trattore Mogul utilizzato per trainare cannoni durante la Prima Guerra Mondiale e usato nel 1918 per l’aratura di Stato. Questo veicolo è di proprietà del collezionista Diotisalvi Perin, appassionato che intende realizzare a breve in zona Quartier del Piave un museo nel quale esporre i suoi 150 trattori d’epoca, cimeli a partire dal periodo paleoveneto, e macchinari vari di archeologia industriale del secolo scorso.
Completano la mostra anche cinque simulatori di volo, con programmi nei quali si può provare di pilotare diversi aerei militari: dalla prima e seconda Guerra Mondiale fino ai Boeing. Queste sofisticate attrezzature sono state realizzate anche grazie ad un contribuito della Regione Veneto e comune di Vas.

Collezione Adriano Frisiero

Capriolo e Motom restaurate con amore

Le collezioni sono spesso il frutto di una ricerca durata una vita intera. Così è stato per il vicentino Adriano Frisiero (1934-2018), per anni commissario tecnico moto Asi, che ha dedicato l’esistenza alla ricerca, il restauro e la conservazione di decine e decine di moto e ciclomotori, oltre ad alcune auto iconiche. I figli Fabio e Giuliano hanno custodito e valorizzato il lavoro del padre, cosa tutt’altro che scontata. Particolare cura è stata destinata alle due ruote Capriolo e Motom, che costituiscono la parte più significativa della collezione nella quale spiccano anche automobili a cinque stelle come l’Aurelia B24 Convertibile, la Flaminia 2800 Convertibile Touring, la Mercedes 190SL, la Delta Integrale. Per le moto, giova ricordare che i primi anni Cinquanta videro la produzione della Aero Caproni di alcune belle due ruote come il Capriolo 75 e 150, che riscossero per le loro caratteristiche innovative un notevole successo, sia commerciale che sportivo. La Motom nacque a Milano nel 1945 ad opera della famiglia De Angeli-Frua che volle diversificare gli investimenti dal campo tessile con l’obiettivo di produrre veicoli economici, dei quali era facile prevedere una grande richiesta finita la guerra.

Museo Motom

Storia completa di un marchio glorioso 

In un ampio locale di ben 350 mq, porzione di un edificio industriale a breve distanza dal Polo Fieristico di Cerea (Verona) trova spazio il Museo monotematico del motociclo Motom, marchio che si rese famoso per aver motorizzato un gran numero di italiani nell’immediato dopoguerra. Il marchio Motom rappresenta una delle glorie del ciclo-motorismo italiano ed è uno dei simboli del “boom” economico del nostro Paese negli anni Cinquanta e Sessanta. Il museo, inaugurato l’8 marzo 2008, apre al pubblico secondo il calendario pubblicato nel sito del museo e in occasione di eventi motoristici particolari. Apre anche nei giorni infrasettimanali per le scolaresche e/o gruppi di almeno cinque visitatori. All’interno del museo, unico al mondo per la sua specificità, sono visibili gli atti costitutivi della società Motom, i manoscritti in originale notarile e i documenti societari che testimoniano l’evoluzione storica del marchio, tutta la serie dei ciclomotori Motom prodotti dal 1947 al 1970, l’intera collezione di motoleggere e motocicli del medesimo periodo, i motocarri e gli attrezzi agricoli ideati e prodotti per l’industria e l’agricoltura, centinaia di componenti meccaniche brevettate, motori sezionati e scomposti dei principali motoveicoli, molte curiosità d’epoca e tutti i cataloghi dei ricambi e i manuali per l’uso e manutenzione dei veicoli.

Collezione Comerio

Solo e sempre Ferrari 

Enrico Comerio di Busto Arsizio, vicino a Varese, città soprannominata “Manchester d’Italia” per via dell’industria tessile che vi prosperava, è titolare di una grossa azienda che produce macchinari dall’Ottocento. Nel 1950 Rodolfo Comerio, padre di Enrico, ideò, insieme al fratello Dino, la FCB (Fratelli Comerio Busto), una piccola monoposto motorizzata dal motore Lambretta 125, destinata alle competizioni minori per scoprire nuovi talenti. La “passione di famiglia” ha spinto Enrico a collezionare Ferrari. La sua collezione è composta da Ferrari 275 GTB/4, Ferrari Daytona, Ferrari BB, Ferrari GTO 1984, Ferrari F40, Ferrari F50, Ferrari Enzo, Ferrari 360 Monza, Ferrari 312T3 1978 ex Gilles Villeneuve e Ferrari F.1 642 del 1991 ex Alain Prost. E’ una collezione numericamente contenuta ma decisamente significativa perché raccoglie vetture emblematiche del Cavallino. La più datata è la GTB/4, erede della GTO, ma non mancano modelli di pregio guidate dai campioni di Formula 1 come Gilles Villeneuve e Alain Prost. Quest’ultimo, quattro volte iridato, purtroppo mai con la Ferrari, guidò la 642 F1 che nel 1991 ebbe il difficile compito di rimpiazzare la 641, la quale, dopo anni di crisi tecnica, aveva riportato la Scuderia Ferrari ad alti livelli di competitività. Ma la 642 non mantenne le promesse e provocò la rottura del rapporto fra Prost e Ferrari. Comerio ha pilotato le monoposto della sua collezione in diversi circuiti europei.

Museo dello Sbarco di Anzio

Il Museo è stato inaugurato in occasione del 50° anniversario dello sbarco di Anzio il 22 gennaio 1994, ed è collocato in una delle sale della seicentesca Villa Adele, a pochi passi dalla stazione ferroviaria e dal centro cittadino, facilmente raggiungibile a piedi.

Realizzato su iniziativa dei soci del “Centro di ricerca e documentazione sullo sbarco e la battaglia di Anzio” il Museo è diviso in quattro sezioni: Americana, Inglese, Tedesca e Italiana. Nelle vetrine e nelle bacheche sono esposte uniformi, armi, decorazioni, documenti, piani di battaglia, foto di veterani, oggetti d’uso quotidiano; tutto rigorosamente autentico.

Il Museo e completato da: fototeca, nastroteca, biblioteca, emeroteca. Bandiere, raccolte di stampe d’epoca e motoveicoli arricchiscono la già cospicua raccolta che si va ampliando sempre più con donazioni provenienti dai Musei e dalle associazioni dei veterani dei paesi belligeranti.

Molti reperti provengono direttamente dai fondali del mare di Anzio, dove, a varie profondità, aerei, navi da guerra e da carico, mezzi da sbarco giacciono spesso con l’equipaggio, come gli incrociatori britannici “Janus” e “Spartan” e la nave ospedale  “St. David”.

Non si tratta, come si è portati a credere, della solita anonima, fredda raccolta di oggetti, ma di una autentica, emozionante ed istruttiva “rivisitazione” storica intesa soprattutto come esaltazione della pace e come condanna della guerra. Una pausa riflessiva e un messaggio diretto ai giovani che non hanno, fortunatamente, conosciuto gli orrori di quel periodo e agli anziani e ai reduci “dello sbarco e della battaglia” affinché, ricordando i giorni duri di Anzio, continuino a battersi in difesa della democrazia e della pace.

Galleria The Factory 1944

L’esposizione è inserita all’interno della Tenuta Calissoni Bulgari, nei pressi di Aprilia (LT) e raccoglie le collezioni private dei soci dell’Associazione The Factory 1944.
Fa da cornice la splendida tenuta di 64 ettari di terreno con 11.500 piante di olive, con percorsi storico-naturalisti.
Fu questo il teatro di una delle più cruente battaglie fra esercito americano e tedesco durante la seconda Guerra mondiale, denominata operazione “Fischfang” e combattuta il 16 febbraio 1944.
Ad arricchire l’esposizione, numerosi reperti rinvenuti dai soci, nei campi di battaglia, durante le loro ricerche oltre alle donazioni provenienti dai figli dei reduci che vengono in visita.
Aperta gratuitamente ogni sabato dalle ore 9 alle ore 13 questa galleria storica rappresenta una testimonianza eccezionale delle vicende vissute dal nostro Paese nel Novecento.

Museo Taruffi

Il Museo dell’ Associazione Piero Taruffi è nato nel 1998 quando la famiglia del pilota decise di mettere a disposizione dell’Associazione i cimeli e la documentazione in suo possesso in maniera che potessero essere esposti al pubblico; il Comune di Bagnoregio ed il Consorzio Teverina diedero la loro disponibilità sia per il reperimento dei locali che per quello di una parte dei fondi necessari per la catalogazione della documentazione e per l’allestimento museale e, così, anche la sede sociale venne trasferita da Bolsena e da allora è all’interno del Museo stesso. Dal 2002, grazie all’ Amministrazione Comunale, il Museo ha una sede assolutamente prestigiosa che occupa l’intero stabile dell’ex mattatoio restaurato proprio con questo scopo; recentemente, in seguito alla restituzione alla famiglia Taruffi di molto materiale destinato all’Autodromo di Vallelunga che ora porta il nome del suo progettista, è cambiata anche la filosofia espositiva trasformando il percorso di visita in un interessante itinerario che testimonia il progresso tecnico scientifico in campo motoristico nell’ ultimo secolo; le auto e le moto esposte sono di proprietà di soci e simpatizzanti e periodicamente vengono sostituite per dare sempre nuovi stimoli ai visitatori.

Particolarmente interessante la sezione dedicata alle “Microcar” che ospita la Isetta in tutte le sue declinazioni, la rarissima Volpe protagonista di una delle prime grandi truffe del dopoguerra e poi Messerschmidt, Volugrafo e tanti altri esemplari davvero notevoli.

Nel corso degli anni il Museo ha arricchito il suo patrimonio grazie ad una serie di donazioni ed anche alla collaborazione di artisti di chiara fama che hanno realizzato annualmente un’opera pittorica ispirata a Taruffi; altra preziosa acquisizione quella di circa cinquecento tavole tecniche relative alla costruzione del Bisiluro che sono già state catalogate ed in parte esposte in una mostra permanente dal titolo “ Il Bisiluro ai raggi X – Anatomia di un bolide “.

L’ attività museale è stata caratterizzata nel corso degli anni dall’ organizzazione di mostre tematiche e convegni di grande risonanza come le numerose iniziative realizzate in occasione del Centenario della nascita di Piero Taruffi che hanno spaziato da una mostra biografica itinerante a quella intitolata “Guglielmo Marconi e Piero Taruffi: due geni italiani tra valvole e motori” che, avvalendosi di prestigiose collaborazioni tecnico-scientifiche quali quella della Fondazione Marconi, ha offerto ai numerosi visitatori la possibilità di seguire l’evoluzione della radio dai primi esperimenti marconiani fino ai nostri giorni.

Ma questo non basta perché recentemente il Museo ha acquistato da un collezionista un bel numero di radio d’epoca che ora sono stabilmente esposte in una sala dedicata

Una particolare sezione espositiva è dedicata all’Ingegner Francesco De Virgilio che fu socio onorario dell’Associazione Taruffi, progettista del primo motore sei cilindri a V che equipaggiava le Lancia Aurelia; in mostra molta documentazione legata alla vita professionale dell’Ingegnere, progetti e fotografie ma anche oggetti ai quali era profondamente legato quali un violino, il suo compasso ed una radio auto costruita.

Molto interessante è anche una piccola sezione dedicata al cinema ed in particolare al film premio Oscar di Federico Fellini : “La Strada” girato a Bagnoregio nei primi anni cinquanta del secolo scorso che ospita una ricostruzione del motocarro che nel film era la casa viaggiante di Zampanò (Anthony Quinn) e Gelsomina (Giulietta Masina) e gli abiti degli sposi della scena rurale del film che sono quelli realmente indossati nelle loro vere nozze di due anni prima dal meccanico bagnorese Ugo Trucca, proprietario del motocarro originale e dalla moglie Nevina.