Museo della bicicletta Loris Pasquale

Salcedo (VI), piccolo paese della pedemontana vicentina, in via Roma 5, si trova un’interessante collezione privata dedicata alla bicicletta. Questo museo è stato realizzato con pazienza, dedizione e grande competenza da Loris Pasquale, nato a Vicenza nel 1962, che fin da bambino fu affascinato dal collezionismo di vario tipo: figurine di calciatori, monete, francobolli, farfalle, minerali, fossili e altro.
Aveva vent’anni quando un amico di famiglia, un meccanico di biciclette di Breganze (VI), regalò a suo padre Francesco una vecchia bicicletta equipaggiata con motore a rullo, modello Mosquito 38. Loris fu subito affascinato da questo veicolo a due ruote che fece scattare in lui la passione di cercare e collezionare altri modelli di biciclette. In pochi anni la sua collezione di biciclette e accessori è cosi cresciuta fino a dar vita ad un vero museo visitabile dal pubblico.

Nella suggestiva esposizione figurano centinaia di biciclette storiche a partire dal biciclo Michaux datato 1861 (con pedali e sella regolabili) fino ai modelli dei nostri giorni, insieme ad accessori di vario tipo tutti relativi alla bicicletta e alla sua storia, quali magliette, vestiti d’epoca, riviste, cartelloni pubblicitari, manifesti, libri, cataloghi, medaglie, fanali.

Notevoli e numerosi i mezzi a pedali dell’Ottocento, fra i quali Howe del 1870,Turri del 1887, Singer del 1880, Rudge del 1878, il triciclo Peugeot del 1894 dotato di differenziale, la Metropole del 1898 con trasmissione e cardano,  Non mancano pregevoli esemplari del Novecento, i più antichi la Dursley Pedersen del 1903, la Sunbeam Two Speed del 1904, la Labor del 1905, la monoforcella Lefty che ha ispirato alcune moderne mountain-bike e la Terrot del 1907.

Molto rara la Levocyclette del 1905 a pedalata alternata, non circolare, grazie ad una tecnologia raffinata. Altrettanto pregiate la Magnat Debon del 1901 con cambi differenti e pedalata nei due sensi, avanti e indietro. Nella Flora del 1915 la canna si abbassa e la bici si trasforma in mezzo da uomo in bici da donna. Geniale la Humber Cycle del 1904 che veniva proposta in scatola di montaggio, come pezzi di ricambio, per sfuggire alle regole del dazio. Nella Hirondelle del 1915 -dotata di retropedalage– pedalando in avanti si affrontava la strada in pianura e all’indietro quella in salita. Curiose le “Ciclopalla”, specialità sportiva che permette di giocare al calcio in bicicletta. La palla, ad eccezione del portiere quando si trova all’interno della propria area di rigore, può essere giocata toccandola solamente con le ruote della bicicletta. Le squadre, a seconda della variante del gioco considerata, sono normalmente composte da due, cinque o sei giocatori per parte. L’invenzione del gioco della ciclopalla viene attribuita al ciclista statunitense, di origini tedesche, Nick Kaufmann. Kaufmann avrebbe avuto l’ispirazione imbattendosi in un cane di piccola taglia mentre era alla guida della bicicletta, scansandolo delicatamente a lato della strada con la ruota anteriore. Kaufmann ebbe così l’idea di sostituire il cane con una palla, dando vita nel 1893 a Rochester -sua città natia negli Stati Uniti- alla prima partita di ciclopalla. Molto ammirato anche il tandem con sedute parallele di Dei, che permetteva ai due ciclisti di conversare, viaggiando uno accanto all’atro e non uno dieto l’altro. Solo uno però guidava il mezzo con il manubrio. Il secondo manubrio era d’appoggio.

Collezione Marchiori

Oggi i moderni mezzi di trasporto e le autostrade permettono di accorciare le distanze raggiungendo in giornata città lontane fra loro diverse centinaia di chilometri.

Non era così nel Novecento quando i grandi trasporti venivano assicurati da imponenti camion che, già nel nome, rivelavano la forza e la potenza di cui erano capaci, come l’OM Titano del 1937 o il Fiat 634 80 HP dello stesso anno denominato ‘Carnera’, con chiaro riferimento al pugile friulano Primo Carnera, noto come ‘Gigante buono’, il primo italiano a conquistare un titolo mondiale di pugilato il 29 giugno 1933, quando si aggiudicò l’ambito trofeo dei pesi massimi.

Nella Collezione Marchiori questi ‘Giganti dell’Asfalto’ sono conservati e custoditi con grande cura per testimoniare, con l’imponenza della loro stazza, quanto fossero impegnativi i trasporti nel secolo scorso.

Dal lavoro di famiglia, ossia l’estrazione, la lavorazione e il commercio di ghiaia, pietrisco e sabbie da costruzione con proprie cave ed attività connesse ai trasporti, alla quale nel tempo si è affiancata l’attività di produzione di conglomerati bituminosi e la costruzione di opere stradali, idrauliche, fognarie ed affini, la famiglia Marchiori ha conservato alcuni veicoli come i citati OM Titano, nelle due versione autobotte e cassone, il Fiat 634, il Fiat 666 del 1942, il Fiat 666 N7 del 1952 ed altri ancora.

Dai camion è poi germogliata una raffinata collezione di auto fra le quali brillano due Alfa Romeo 6C 2500SS in condizioni da concorso, Alfa 1900 Sprint Superleggera, due Fiat 522, Fiat 501 e Fiat 519 del 1925. E molto altro ancora…

Museo Pompieri di Selva di Cadore

Inaugurato in occasione dei cent’anni di fondazione del corpo volontario dei pompieri, raccoglie ed espone attrezzature ed equipaggiamenti d’epoca che narrano il valore e il coraggio dei vigili del fuoco volontari, veri angeli custodi delle comunità montane. All’interno, veicoli di soccorso, manufatti, attrezzatura, divise storiche, ed equipaggiamenti  usati dai vigili del fuoco in caso di incendi o altri interventi. Nei mesi di luglio e agosto vengono organizzate delle guidate tutti i giovedì dalle 18.00 alle 20.00. Selva di Cadore è situata in val Fiorentina, nell’alto Agordino, e rappresenta un’importante stazione turistica estiva e invernale.

Museo Moto da Competizione

Nate per correre

Moto da competizione del Novecento

Questo museo è stato fondato da Francesco Bazzani, classe 1941, amico dell’imprenditore Luciano Nicolis, a sua volta fondatore dell’omonimo museo di Villafranca. Per molti anni i due amici frequentarono i mercatini e le aste italiane ed europee acquistando splendide auto e moto del Novecento. Da questi “tesori ritrovati”, sottratti all’oblìo del tempo, sono nati due musei distanti fra loro pochi chilometri. Il museo di Bazzani è particolarmente dedicato alle moto da competizione, grande passione del fondatore, visto che lui stesso, in gioventù, fu pilota da corsa in sella a Mondial 125 bialbero. Il fratello di Bazzani ottenne la rappresentanza di varie marche di moto tra cui Mondial, Motobi ed altre ancora. Il Museo Bernardi è un omaggio alle case italiane come Morini, Mondial, Gilera, Guzzi ed MV Agusta che nelle corse del Novecento riuscirono a conquistare risultati sportivi eccezionali, prima dell’avvento delle case giapponesi. Bazzani visse infanzia e gioventù vicino al padre Carlo, nato a una quindicina di chilometri da Castel d’Ario, paese natale di Tazio Nuvolari, dove i Bazzani gestivano un’officina con una dozzina di collaboratori addetti alla riparazione di trattori e motociclette. Successivamente, Francesco Bazzani si afferma come mobiliere. L’amore per la meccanica rimane però in fondo al suo cuore. Così, appena gli è possibile, si avvicina al mondo del collezionismo fino a fondare il museo dedicato al pioniere veronese Enrico Bernardi che nel 1882 brevettò il primo motore a scoppio alimentato a benzina: Enrico Bernardi. Grazie all’amicizia con tecnici di valore come Nerio Biavati e Dino Gilli, Francesco Bazzani restaura splendidi esemplari di Mondial e Morini. In esposizione anche la Ofmer 250, esemplare unico, l’ultima costruita da Biavati. La stampa internazionale definì la Morini 250 Bialbero come “la moto monocilindrica più veloce del mondo”.  Ideata da Alfonso Morini, Dante Lambertini e Nerio Biavati questa moto vinse i campionati italiani 1961 e 1962, nel 1963 il campione piacentino Tarquinio Provini (1933-2005) si lancerà alla conquista del Campionato Mondiale 250 cc. E mancherà la vittoria per due soli punti, causa indisposizione del nell’ultimo Gran Premio. Non mancano però molte moto di produzione straniera, particolarmente iconiche e rappresentative come Indian, Triumph, BSA, Peugeot e molte altre. Tutti i modelli sono perfettamente restaurati o conservati e si presentano in ottime condizioni grazie ad una costante ed amorosa manutenzione. Imponente anche la biblioteca, ricca di documenti originali, progetti, schizzi, libretti di manutenzione e rare fotografie dell’epoca.

Collezione Archivi Storici Carrozzerie Dalla Via

La Carrozzeria Luigi Dalla Via è stata un’azienda italiana fondata nel 1905 a Schio in provincia di Vicenza, specializzata nella realizzazione del rivestimento esterno del telaio di autoveicoli ed in particolare degli autobus. È entrata in liquidazione nel corso del 2007 per poi chiudere definitivamente i battenti. Dopo aver iniziato l’attività come produttrice di rimorchi agricoli ed essersi dedicata per breve tempo alla costruzione di carrozzerie automobilistiche, l’azienda vicentina si è specializzata in carrozzerie di autobus. Negli anni ha ricavato mezzi di trasporto pubblico da vari tipi di telai messi a disposizione dai vari costruttori, tra i quali meritano menzione ad esempio quello ricavato dall’OM Tigrotto. In tempi più recenti vari sono stati gli allestimenti su base Iveco 370 che ancor oggi fanno parte delle flotte aziendali di varie aziende di trasporto pubblico. Tra le più diffuse elaborazione da quel telaio il modello turistico denominato “Palladio” presentato nel 1987 e “Giotto”, quest’ultimo con allestimento sia di linea che noleggio. Oltre che elaborazioni su telai di fabbricazione nazionale l’azienda ha utilizzato anche quelli di primarie aziende estere del settore quali la Mercedes-Benz e la DAF. Le radici venete dell’azienda sono rimarcate anche dai nomi con cui sono stati battezzati i suoi modelli, quasi interamente dedicati a personaggi storici della regione. Anche per questo il Comune di Schio ha affidato all’Historic Club Schio l’intero archivio fotografico e documentale che costituisce un prezioso mosaico di storia del trasporto del Novecento.

Collezione Solex Francesco Manelli

Oggi tutti parlano di slow food e slow drive, per definire un pranzo e una guida lenta, senza fretta. Ebbene, un collezionista ha dedicato a quella dimensione una piccola ma significativa raccolta dei mezzi a due ruote che rappresentano al meglio quel modo di vivere. “C’era un tempo”, racconta l’architetto Francesco Manelli, “in cui gli spostamenti da un luogo ad un altro erano fondamentali ma il tempo necessario per farlo non lo era affatto. Immaginate di essere in aperta campagna e nella quiete della sera e avvertire in lontananza il sommesso rumore di un motore a scoppio, quasi un fruscio, la cui potenza supera di poco il mezzo cavallo. Se vi fermate a guardare, vedrete arrivare un ciclomotore di colore nero con il motore sulla ruota anteriore: un Velosolex, il ciclomotore prodotto in Francia e anche all’estero dal 1946 al 1988. La mia passione nasce con uno di questi mezzi arrivato in eredità da quel tempo. Girare a 25 all’ora godendosi il paesaggio e dando qualche pedalata affrontando le salite più erte mi ha coinvolto al punto di dedicare uno spazio a tutti i modelli prodotti, alcuni acquistati in Italia, altri in Francia”. La collezione Manelli dei modelli Solex è completa e comprende i modelli 45 cc, il 33O con cilindrata 49 cc e tutti gli altri fino alla versione 3800. “Ogni tanto sbuffano e fanno i capricci, il carburatore si sporca o la piccola pompa della benzina esige il cambio della membrana”, sorride Manelli, “ma Il bello è anche questo: metterci le mani, farli funzionare, e fare un giro con il loro confortante rumore di fondo che rimanda ad un tempo il cui la vita era come ballare uno slow”. Il garage è arricchito da alcune vetture d’epoca, fra cui Jaguar XK120 e MGA, anche in versione racing.

Collezione Anapoli

È prevalentemente dedicata alle moto Guzzi la bella collezione di Armando Anapoli di Thiene, che da bambino cresce in una famiglia dove le moto sono l’unico mezzo di spostamento per tutta la famiglia. Su una Falcone 500 salivano il papà, che stringeva il manubrio e dietro la mamma con in mezzo i due figli ancora bambini. Dal ricordo della ‘Sport 500’ del 1930 guidata dal padre, germoglia il desiderio di raccogliere con pazienza una collezione completa dei modelli di Mandello del Lario. Con pazienza e caparbietà Anapoli si cimenta in questa impresa che oggi regala ai visitatori autentiche perle come la ‘Normale 500’ del 1923, la ‘C2V’ del 1924, la ‘Sport’ del 1928 e molte altre rarità.

Hangar Museum

Dal passato al futuro

Il Roma Tokyo Hangar Museum – “RTHM” è dedicato al raid compiuto nel 1920 dall’aviatore thienese Arturo Ferrarin su Ansaldo SVA 9. Giorgio Bonato, fondatore del museo, promuove insieme all’omonima associazione culturale che ha sede in RTHM, una realtà innovativa nel panorama dell’aviazione museale italiana, che coniuga l’esposizione permanente di oggetti e cimeli di assoluto valore con una collezione di velivoli di interesse storico e in perfette condizioni di volo. RTHM conserva e mantiene in efficienza velivoli originali restaurati oppure auto costruiti partendo dai progetti originali e rappresenta un punto di riferimento per avvicinare e approfondire le diverse tecniche costruttive e di restauro, anche attraverso specifici corsi di avviamento e perfezionamento. Nel soppalco dell’hangar c’è una ricca biblioteca con 2500 tra riviste e volumi, prevalentemente a carattere storico. In occasioni particolari, RTHM si trasforma, senza tradire la propria vocazione, in una location polivalente e di prestigio in grado di accogliere eventi e presentazioni. RTHM è visitabile prevalentemente nei week end, meglio tramite visite programmate.

Collezione Ceccato

Un libro aperto sul Novecento

Non basta vendere, bisogna ricordare. Sembra essere questo il messaggio che il Gruppo Ceccato lancia ai visitatori di questa bella collezione collocata su una vasta area sopra i saloni di vendita. Fare un giro qui dentro è come passeggiare nel Novecento, quando le auto contrappuntavano le tappe sociali di molti italiani. Era l’epoca in cui le automobili non erano ancora diventate abitudine, ingorgo quotidiano, traffico paralizzato, parcheggio impossibile e contravvenzioni certe, ma esplosione di libertà, voglia di scoperta, incontro di culture, autonomia nel movimento e, per pochi fortunati, avventure da corsa. Negli Anni Sessanta e Settanta Pino Ceccato interpretò in modo magistrale l’automobilismo nei rally e nelle corse di durata. Guidava auto di famiglia come la 124 e la 125 ma faceva vedere i sorci verdi alle Porsche 911 e alle Alpine-Renault, conquistando così, per i colori della Fiat, tre titoli nazionali Csai nel 1969, 1970 e 1972. Nel 1969, al Nürburgring, Pino corse con Luca Cordero di Montezemolo e Cristiano Rattazzi la “84 Ore” di endurance. Suo padre, Lorenzo, era concessionario Fiat sin dal 1962 ed era molto appassionato di competizioni. Per questo incoraggiò il figlio e lo seguì sui campi di gara. La passione della famiglia Ceccato -che oggi gestisce un articolato gruppo di concessionarie Fiat, Iveco, Lancia e Alfa nel Nordest- era così forte che a Schio, nel 1966, con straordinario anticipo rispetto all’ingresso ufficiale delle Fiat nel mondo dei rally, questi vicentini un po’ svizzeri, tanto era il metodo che applicavano nel loro lavoro, misero in piedi un reparto corse che richiamò i migliori specialisti. A 29 anni, Pino, dopo aver declinato con un sorriso l’invito pressante di Cesare Fiorio che lo voleva ufficiale alla Lancia, riuscì a staccare la spina dicendo “Signori, grazie, è stato bello ma ora vado a lavorare perchè la concessionaria mi aspetta”. E proprio nella concessionaria ha realizzato un museo con una sessantina di vetture, molte delle quali impreziosite dalla Targa Oro dell’Automotclub Storico Italiano. Fra le varie auto esposte, partendo dalle Fiat, i modelli 503 del 1926, 507 del 1928, 508 del 1934, 500C del 1950, 1900 Gran Luce del 1955, 600 del 1956, 1600S del 1965, 1500 del 1966, 124 Coupè del 1967, 850 Coupè del 1967, 2300 del 1968, 125 del 1970, 124 Spider Abarth del 1973 e molte altre. Fra le Alfa, la 1900 Super del 1955, la Giulietta Spider del 1960, la 2600 Sprint del 1963, la Duetto del 1966 e parecchie altre. Le Lancia sono rappresentate da una sontuosa Aurelia del 1952, un’elegante Flaminia del 1962 e ancora Flavia, Fulvia, Beta e Delta in varie versioni. Qualche digressione al made in Italy con Mercedes Pagoda, Volkaswagen Maggiolino e Ford Mustang.

Museo Cesare Cappelletto

A Torre di Mosto, località situata tra Jesolo e Caorle, sorge un museo estremamente interessante ospitato nei locali di un’antica azienda agricola, già proprietà dei conti Giusti. La barchessa ospita la “Collezione Cappelletto”, con oltre 170 mezzi.
“Ho iniziato a raccoglierle, restaurarle e conservarle dal 1981”, racconta Cesare Cappelletto, “frequentando per oltre quarant’anni i mercatini e le mostre scambio alla ricerca di moto ed altri mezzi. Credo sia stata la maturazione di un sogno giovanile, quando viaggiavo in Vespa. La vespa era estremamente versatile e semplice, ma ero affascinato dalle linee, la meccanica e i colori delle Guzzi, alle quali ho dedicato buona parte del museo dove, col tempo e infinita pazienza, ho raccolto un’ampia collezione, dalla prima, chiamata ‘Normale’, fino alla ‘California 850’”.
Oltre alle moto Guzzi, sono in mostra molte Vespe e diversi ciclomotori. Splendida la raccolta arcobaleno dei Ciao. Cappelletto ha avuto la costanza di raccogliere tutte le tonalità cromatiche del famoso cinquantino che fece sognare i baby-boomers degli anni Sessanta e veniva pubblicizzato con slogan simpatici e attraenti poster, dove comparivano ragazzine spigliate che interpretavano il cambiamento e la ventata di freschezza dell’epoca.
Altri mezzi degni di nota sono le moto e i sidecar tedeschi della Zundapp e della BMW a trazione integrale, progettati per la II^ Guerra mondiale e mai più prodotti.
Della Collezione Cappelletto fanno parte anche Frera, Ducati, MV Agusta e altri marchi.
A completamento, una vasta serie di biciclette Bianchi, Dei e Graziella.
Notevole anche la vasta libreria con decine di volumi dedicati alle moto della collezione, oltre a periodici del settore, dai primi numeri a oggi.