Collezione Luigi Amoretti

Quando piccolo è bello

A volte le grandi passioni nascono da un film, com’è capitato al veneto Luigi Amoretti che si è innamorato delle piccole Morgan guardando il film ‘Hollywood party’ con Peter Sellers. L’attore sfrecciava con quel curioso mezzo per le vie di Londra. Al film seguì la lettura approfondita di riviste inglesi. E’ stato così che Amoretti ha iniziato a correre avanti e indietro per l’Inghilterra per acquistarne una, e poi un’altra, e poi un’altra ancora, fino a raggiungere la rispettabile quota di sette Morgan ‘Three Wheeler’, alle quali si sono poi aggiunte altre piccole vetture come la Isetta prodotta in Italia del 1953, la Messerschmitt KR200 DEL 58, la Roquette del 1890, la Fundamobil del 1950 e la Velorex del 1951. Della collezione Amoretti fa parte anche una BMW Dixi Sport del 1928 recuperata ai confini con la Russia, della quale esistono solo pochi esemplari al mondo. A queste, sono state col tempo affiancate anche diverse Moto Guzzi, tra le quali i modelli Sport 13, 14 e 15, il V 500 bitubo, oltre ad una collezione di Laverda con la prestigiosa SFC superfreno Corsa, una Formula 500 più varie SF 750 e 1000 a tre cilindri. Da vedere anche alcune Maserati e la Ferrari 550 Maranello appartenuta a Luca Badoer.

Collezione Franchini

Duecento moto per capire da dove veniamo

Gino Franchini vive in Valpolicella, vicino a Verona, dove si coltivano uve pregiate per fare vini preziosi. Non meno preziose sono le sue moto, più di 200, raccolte e conservate con cura in un ampio salone grazie all’aiuto dei figli Matteo e Luca. Oltre a pezzi molto rari come Casali 1922, Derad 1925, Motobecane 1926 e Peugeot 1930, ci sono tutte le moto italiane che, dalla fine degli Anni Quaranta, permisero all’Italia di motorizzarsi, accorciare le distanze, favorire spostamenti, scambi e commerci. Molte le schede tecniche che aiutano a comprendere la storia dei vari modelli e a calarsi nella realtà della loro epoca. Una sensibilità particolare è stata quella di indicare, vicino al prezzo di alcune moto, anche la dimensione sociale che gli italiani vivevano quando quella moto veniva venduta e commercializzata. Così, ad esempio, nella scheda descrittiva della Guzzi Falcone 500 cc. si legge che nel 1961 questa moto veniva venduta a 419 mila lire, un operaio ne guadagnava mediamente 47 mila, il caffè costava 50 lire, un quotidiano 30 lire e un litro di benzina 120. Le imprese aiutano a capire il personaggio: per festeggiare i 70 anni Gino Franchini è andato a Capo Nord su un’Honda 800 dopo aver attraversato in lungo e in largo i destri di Libia, Tunisia e Algeria. La sua collezione, che raccoglie anche memorabilia, foto, souvenirs, depliant e molto altro, è meta di molti raduni motociclistici che oltre a ridenti paesaggi cercano radici storiche.

Jonathan Collection Aerei Storici

Il fascino antico dei pionieri del cielo

La ‘Jonathan Collection’, presieduta da Giancarlo Zanardo, è un museo dinamico che fa rivivere -volando- le repliche di aerei costruiti nel periodo pionieristico dell’aviazione. La sede è presso il Campo di volo Francesco Baracca a Nervesa della Battaglia in provincia di Treviso. Com’è noto Baracca fu l’asso dell’aviazione italiana nella guerra mondiale 1915-1918 durante la quale gli vennero attribuiti trentaquattro abbattimenti di aerei nemici. Il suo Spad fu abbattuto da un aereo austro-ungarico nel giugno del 1918, cinque mesi prima della fine del conflitto. Insignito della medaglia d’oro al valor militare, Baracca è ricordato anche per lo stemma della sua famiglia, il Cavallino Rampante, che divenne il simbolo della Scuderia Ferrari. Il museo-aeroporto ‘Jonathan Collection’ è situato nella valle del Piave, ai piedi del Montello, territorio che fu teatro di sanguinose battaglie aeree durante la Prima Guerra Mondiale.  I vari velivoli, come Caproni, Bleriot, Sopwith Camel, sono visibili nei fine settimana, ma anche in altri giorni, per gruppi di almeno 15 persone. Notevole anche la grande area circostante, che ben si presta per l’organizzazione di raduni di veicoli storici, manifestazioni e meeting con possibili esibizioni in volo.

Collezione Emilio Agosti

Uno dei problemi più ricorrenti per colleziona auto e moto d’epoca è lo spazio. Chi può, costruisce appositi garages. Altri, più fortunati, utilizzano aree più grandi. Altri ancora cercano nei seminterrati o nel sottosuolo i luoghi più adeguati per ‘contenere’ la loro sconfinata passione. Emilio Agosti di Cremona ha pensato di appendere al soffitto del garage le sue moto. Non tutte, ma le più leggere, ovvero i famosi ‘Cinquantini’ da competizione che filavano come missili.

Suo padre, Bruno, correva in moto ed era fatale trasmettere il contagio al figlio che, per tutta la vita, ha lavorato in una concessionaria Lancia. Un giorno, conoscendo la sua immensa passione, qualcuno gli segnala che lungo l’argine del Po giace abbandonata una moto Zündapp, la grande casa motociclistica tedesca attiva dal 1917 al 1984. Ogni volta che il fiume esondava la vecchia due ruote finiva sott’acqua. Emilio la salva. Fa così anche con dozzine di altre motociclette pregiate, molte delle quali prodotte nella prima metà del Novecento, come Frera, Guzzi, Ras, Matchless, DKW, GD, FN e tante altre.

La ricchezza della sua collezione lo autorizzerebbe a farsi vanto di tanta bellezza. Invece non si dà troppe arie e vola basso. E raccomanda: «Oggi molti collezionisti tendono al confronto, e ripetono fino allo sfinimento ‘La mia moto è più bella e vale più della tua’. Sarebbe meglio limitarsi alla passione pura, alla ricerca storica, insomma a trasmettere al futuro le nostre competenze a vantaggio delle giovani generazioni perché nessuno di noi sopravviverà alle nostre moto. Lasceremo tutto qui…».

 

Collezione Gianfranco Bisiccia

Auto, moto, biciclette, macchine agricole e attrezzi e manufatti utilizzati nell’agricoltura e nell’artigianato. Quella di Gianfranco Bisiccia è una collezione che racconta storia e tradizioni. Una raccolta che è frutto di 50 anni di attenzione verso il passato. La cura che il suo ideatore ha avuto per le cose che sono state utilizzate dall’uomo per coltivare la terra è stata tale da averlo spinto a raccogliere quanto non veniva più utilizzato dopo l’avvento dei macchinari a motore.
La collezione si compone di attrezzature e macchine agricole in uso nell’800 e 900 nelle campagne
per lo più dell’Italia Centrale e vanno dalle più piccole falci, zappe e coltelli alle più grandi trebbiatrici, sgranatrici e sgusciatrici e sfavatrici.
Le vecchie attrezzature agricole presenti nella collezione sono testimoni di tutto ciò che durante tutta l’attività agricola stagionale, poteva essere utilizzato per lo svolgimento delle varie fasi culturali. Non possono pertanto mancare: macchine semoventi e trattori, macchine operatrici per l’aratura, l’estirpatura, l’erpicatura, la semina, l’ archiatura, e la raccolta. C’è anche quello che veniva utilizzato nel vigneto e nella cantina, nella stalla e nel bosco.
Come detto all’inizio, completano la collezione auto, moto e biciclette degli anni ’20, ’30, ’50 e ’60.
La collezione non ha la presunzione di essere esauriente per quanto concerne il mondo contadino
ed artigiano delle Marche, ma rappresenta un significativo contributo alla conoscenza di quelle
realtà ormai perdute ed un invito a riviverle con emozione e spirito di riconoscenza.
Da anni sono Bisiccia è alla ricerca di Enti o istituzioni che possano mettere a disposizione locali idonei per la realizzazione di un museo pubblico dove tutto il materiale possa essere visibile dal pubblico, degli storici e delle scuole, che possono usufruire anche di una adeguata documentazione
storica. Si ricorda che l’intera collezione è supportata da un’opera libraria composta da 10 volumi, raccolti in tre cofanetti, per un totale di circa 4.000 pagine, che illustrano con foto, dati tecnici e notizie varie ogni elemento della collezione. Questi libri sono stati editi dall’Asi Service nel 2013 e sono acquistabili compilando l’apposito modulo su “La Manovella”.

Collezione Tardioli

I mezzi che aiutano la terra a germogliare 

Vicino Assisi, terra di San Francesco e Santa Chiara, meta turistica rinomata nel mondo per la bellezza del territorio a forte vocazione agricola, la famiglia Tardioli gestisce dal 1955 nel comune di Bastia Umbra una nota struttura turistica, a pochi chilometri dalla terra del Santo patrono d’Italia, rimanendo tuttavia profondamente legata alle proprie radici agricole. Qui ha allestito una raccolta di macchine agricole storiche ed ogni anno realizza una rievocazione dei mestieri agricoli, dalla mietitura alla trebbiatura ed aratura, con la partecipazione di numerosi appassionati.

La collezione è composta da una cinquantina di mezzi, tutti restaurati, funzionanti e certificati ASI, tra cui trebbiatrici a fermo, locomobili a testacalda, trattori a petrolio, diesel dagli anni ’20 del Novecento fino ai primi anni ’70. Sono presenti vari esemplari del marchio OM, dal locomobile degli anni ’20 ai diesel  35 – 45- 50 – 513  degli anni ’50.

La serie dei mitici Landini a testacalda dal L 25 al SuperLandini, Fiat a petrolio e diesel, Fordson a petrolio che erano i trattori della famiglia Tardioli.

Museo della Bicicletta

Il fascino delle corse ciclistiche di un tempo fa venire in mente le epoche eroiche di Fausto Coppi e Gino Bartali, fatte anche di salite infinite da percorrere sullo sterrato. A fare da corollario alle epiche sfide tra i miti del ciclismo c’è la “carovana”, costituita dalle vetture d’assistenza dei corridori e i veicoli pubblicitari.

A rievocare il fascino delle corse di un tempo provvede ogni anno il Club Ruote d’Epoca in Valbormida organizzando la rievocazione del circuito di Cosseria. Un evento che è stato ben descritto su “La Manovella” dell’ottobre 2012.

Ma come conservare la memoria storica delle corse ciclistiche? A far nascere l’idea di raccogliere un bel po’ di biciclette è stato il ritrovamento nella metà degli anni ‘90 di molte due ruote da corsa degli anni’30. La scoperta del “tesoro” ha portato alla creazione del Museo della Bicicletta di Cosseria, prezioso scrigno nel quale è custodita parte della storia del ciclismo.

Per gli appassionati di questo sport una visita a questa struttura è obbligatoria.

Il piccolo comune della Val Bormida ha contribuito a valorizzare questa storia destinando al museo degli spazi nel centro del paese. Così antichi tesori come il velocipede del 1868 “Egal de Michaux” o la Rudge “Gran Bi” del 1881 sono visibili a tutti.

Interessante, per quanto riguarda l’evoluzione della bicicletta moderna, è la francese Clement del 1890, con telaio “a quadro”, il pignone fisso e la catena a maglie piene. Con una bici simile Charles Terrot ha corso nel 1891 la Parigi-Brest-Parigi (1.200 km) a 16,140 km/h di media. C’ è anche la Cycle Omega “Acatene” del 1899, bici priva di catena. La trasmissione del moto avviene tramite un albero inserito nel fodero posteriore. Altra curiosità di questo mezzo è il “freno invisibile”, con comando all’interno del cannotto dello sterzo. Una particolarità dovuta non a motivi estetici ma alla necessità di dotare la bici di un freno non visibile per poter dare la possibilità al proprietario di vantarsi dell’assenza di un sistema frenante. Queste sono solo alcuni dei gioielli custoditi in questa bella struttura, punto di riferimento per la storia della bicicletta in Italia. Interessante anche la pubblicazione “La bici d’epoca”, utile libro per gli appassionati.

Museo della “500” Dante Giacosa

Il Museo è nato a Garlenda, sede del Fiat 500 Club Italia, per diffondere il mito della 500 storica,diventata ormai un fenomeno sociale, culturale e di costume.

La 500 è infatti l’auto che ha traghettato l’Italia del dopoguerra verso la modernità. Gli anni in cui venne prodotta la 500 coincidono, in modo significativo, con un periodo centrale della storia economica e sociale della nostra nazione. Diciotto anni, dal ‘57 al ‘75, che hanno cambiato radicalmente il volto del Paese. Per la prima volta le famiglie avevano l’opportunità di spostarsi dalle città per gite di piacere al mare e in campagna; le donne, sempre più protagoniste della società, avevano un mezzo facile e maneggevole per fare la spesa, portare i figli a scuola e per recarsi al lavoro; per i giovani la 500 assumeva il significato di libertà e divertimento. Si trattava di un’auto alla quale, anche grazie alle sue linee simpatiche, si ci affezionava facilmente, tanto da essere conservata in famiglia per decenni e spesso tramandata di padre in figlio fino ai nostri giorni.

Il Museo “Dante Giacosa” è l’unico al mondo ad avere i video storici dell’Istituto Luce e della Fiat, interviste a personaggio famosi, documentazioni storiche e attuali sulla 500, incluse le numerose attività legate ad essa. Oltre 100 ore di contenuto video per soddisfare tutte le curiosità sul mitico cinquino: un inestimabile patrimonio documentaristico disponibile per tutti i visitatori consultando i 2 touch screen. La numerose sale contengono moltissimi elementi utili per capire l’importanta di questa vettura, con approfondimenti in grado di soddisfare ogni curiosità sulla mitica utilitaria torinese.

Al termine della visita al Museo, si può curiosare nel nuovissimo 500 Shop, dove è possibile acquistare gadget, abbigliamento, libri, DVD e modellini, tutti firmati 500 Club Italia, per portare a casa un ricordo del “viaggio nel tempo” fatto a Garlenda.

Museo Ducati

Il museo si trova a Borgo Panigale, in uno stabilimento di 1.000 mq nella sede storica della Ducati. È stato presentato nel giugno 1998, per celebrare la prima edizione del World Ducati Week, anche se l’inaugurazione risale all’ottobre dello stesso anno.

L’ambiente nel quale è conservata la raccolta, che testimonia la storia dell’azienda di Borgo Panigale, fondata nel 1926 dai fratelli Ducati, è piuttosto particolare ed originale. È caratterizzato da un casco rosso centrale di grandi dimensioni, circondato da 33 motociclette disposte su una pista illuminata.

Livio Lodi, curatore del museo, ha suddiviso la carrellata storica in sette stanze tematiche multimediali, in cui le emozioni suscitate dalle gloriose motociclette sono rievocate da filmati d’epoca, cimeli ed accessori che ripercorrono a tutto tondo la storia della Ducati.

La prima stanza celebra il “Cucciolo”, il capostipite della collezione; immesso sul mercato italiano nel 1946 micromotore della Ducati che diventerà un gran successo popolare e fornirà un considerevole aiuto alla motorizzazione.

La seconda stanza accoglie le motociclette che decretarono il successo della Ducati in ambito sportivo. Si tratta delle Gran Sport, familiarmente soprannominate Marianne, progettate per prendere parte al Giro d’Italia e alla Milano-Taranto.

Nella terza stanza sono esposti gli esemplari monocilindrici e i bicilindrici paralleli trialberi.

I modelli di serie a “carter larghi” rappresentano il culmine della linea evolutiva dei monocilindrici Ducati. Questi modelli si sono imposti sul mercato sin dall’inizio grazie alla loro raffinatezza tecnica e alle prestazioni.

I motori Ducati con distribuzione a coppie coniche sono ospitati dalla quarta stanza. L’avvento della gamma di motori bicilindrici da 750 cm3, sviluppati sotto forma di prototipo con le moto Gran Prix 500 cm3, che gareggiarono nel 1971, ha consolidato la reputazione di Ducati come costruttore di motociclette di grossa cilindrata e ha apportato notevoli contributi di matrice tecnica, fino alla realizzazione del motore con trasmissione a cinghia, il Pantha, che è celebrato nella stanza cinque del museo.

La sesta stanza è dedicata alla partecipazione della Ducati al Campionato del Mondo di Superbike, una competizione che valse alla storica Casa numerose vittorie. Infine, la settima stanza espone una serie di motociclette che hanno partecipato al MotoGP, tra cui la Ducati Desmodieci, che si è conquistata un posto nel cuore dei vecchi e dei nuovi appassionati. Il Motomondiale ha rappresentato, dopo trent’anni di assenza, una sfida impegnativa, che però Ducati ha superato fabbricando una delle motociclette più potenti che abbiano mai percorso i circuiti di tutto il mondo.

Museo ferroviario Montesilvano

Al cinema sul carro merci del secolo scorso

L’Associazione Culturale Amatori Ferrovie (ACAF), costituita da un primo gruppo di soci fondatori nel settembre 2002, si prefigge una serie di scopi di tutela, salvaguardia e valorizzazione della cultura ferroviaria italiana, con particolare riguardo al vissuto abruzzese del secolo Novecento.

Il Museo del treno di Montesilvano è il terzo sulla costa adriatica dopo quelli di Trieste Campo Marzio e Lecce. Il sito museale custodisce ed espone, perfettamente ed esteticamente restaurati, due locomotive (anni di costruzione 1924 e 1964) ed otto veicoli rimorchiati, di epoche diverse. Al loro interno si possono ammirare cimeli, reperti e testimonianze dell’esercizio, trazione, manutenzione e segnalamento ferroviario di un tempo. Uno dei vagoni storici preservati, il famoso carro merci FS “F1925” del periodo pre e post-bellico, è destinato a sala video-mediatica per gruppi di visitatori e scolaresche. L’ingresso è aperto al pubblico gratuitamente.

Prenotazione visite: 339 549 3395 per visite gruppi e scolaresche.