Museo Ducati

Il museo si trova a Borgo Panigale, in uno stabilimento di 1.000 mq nella sede storica della Ducati. È stato presentato nel giugno 1998, per celebrare la prima edizione del World Ducati Week, anche se l’inaugurazione risale all’ottobre dello stesso anno.

L’ambiente nel quale è conservata la raccolta, che testimonia la storia dell’azienda di Borgo Panigale, fondata nel 1926 dai fratelli Ducati, è piuttosto particolare ed originale. È caratterizzato da un casco rosso centrale di grandi dimensioni, circondato da 33 motociclette disposte su una pista illuminata.

Livio Lodi, curatore del museo, ha suddiviso la carrellata storica in sette stanze tematiche multimediali, in cui le emozioni suscitate dalle gloriose motociclette sono rievocate da filmati d’epoca, cimeli ed accessori che ripercorrono a tutto tondo la storia della Ducati.

La prima stanza celebra il “Cucciolo”, il capostipite della collezione; immesso sul mercato italiano nel 1946 micromotore della Ducati che diventerà un gran successo popolare e fornirà un considerevole aiuto alla motorizzazione.

La seconda stanza accoglie le motociclette che decretarono il successo della Ducati in ambito sportivo. Si tratta delle Gran Sport, familiarmente soprannominate Marianne, progettate per prendere parte al Giro d’Italia e alla Milano-Taranto.

Nella terza stanza sono esposti gli esemplari monocilindrici e i bicilindrici paralleli trialberi.

I modelli di serie a “carter larghi” rappresentano il culmine della linea evolutiva dei monocilindrici Ducati. Questi modelli si sono imposti sul mercato sin dall’inizio grazie alla loro raffinatezza tecnica e alle prestazioni.

I motori Ducati con distribuzione a coppie coniche sono ospitati dalla quarta stanza. L’avvento della gamma di motori bicilindrici da 750 cm3, sviluppati sotto forma di prototipo con le moto Gran Prix 500 cm3, che gareggiarono nel 1971, ha consolidato la reputazione di Ducati come costruttore di motociclette di grossa cilindrata e ha apportato notevoli contributi di matrice tecnica, fino alla realizzazione del motore con trasmissione a cinghia, il Pantha, che è celebrato nella stanza cinque del museo.

La sesta stanza è dedicata alla partecipazione della Ducati al Campionato del Mondo di Superbike, una competizione che valse alla storica Casa numerose vittorie. Infine, la settima stanza espone una serie di motociclette che hanno partecipato al MotoGP, tra cui la Ducati Desmodieci, che si è conquistata un posto nel cuore dei vecchi e dei nuovi appassionati. Il Motomondiale ha rappresentato, dopo trent’anni di assenza, una sfida impegnativa, che però Ducati ha superato fabbricando una delle motociclette più potenti che abbiano mai percorso i circuiti di tutto il mondo.

Museo ferroviario Montesilvano

Al cinema sul carro merci del secolo scorso

L’Associazione Culturale Amatori Ferrovie (ACAF), costituita da un primo gruppo di soci fondatori nel settembre 2002, si prefigge una serie di scopi di tutela, salvaguardia e valorizzazione della cultura ferroviaria italiana, con particolare riguardo al vissuto abruzzese del secolo Novecento.

Il Museo del treno di Montesilvano è il terzo sulla costa adriatica dopo quelli di Trieste Campo Marzio e Lecce. Il sito museale custodisce ed espone, perfettamente ed esteticamente restaurati, due locomotive (anni di costruzione 1924 e 1964) ed otto veicoli rimorchiati, di epoche diverse. Al loro interno si possono ammirare cimeli, reperti e testimonianze dell’esercizio, trazione, manutenzione e segnalamento ferroviario di un tempo. Uno dei vagoni storici preservati, il famoso carro merci FS “F1925” del periodo pre e post-bellico, è destinato a sala video-mediatica per gruppi di visitatori e scolaresche. L’ingresso è aperto al pubblico gratuitamente.

Prenotazione visite: 339 549 3395 per visite gruppi e scolaresche.

Museo del Fuoco e della Misura

Il percorso del fuoco e della misura.
Una singolare collezione privata di strumenti tecnici e antincendio.

Il piccolo museo prende forma all’interno dello studio professionale dei progettisti, con la duplice finalita’ di ristrutturare un vecchio magazzino di proprieta’ e valorizzare i circa 8.000 pezzi della collezione. La raccolta e’ stata nominata ‘Percorso del Fuoco e della Misura‘ per la particolarita’ degli oggetti in essa collocati – che richiamano l’attivita’ dei Vigili del Fuoco – ma anche in quanto rappresentazione metaforica della vita dell’uomo, fatta di fuoco e misura, perche’ piena di entusiasmi e delusioni superabili solo grazie all’equilibrio, alla misura, per l’appunto.

L’inaugurazione della struttura e’ avvenuta il 24 febbraio scorso nell’ambito della manifestazione ‘Incontro della Citta’ di Jesi con i Vigili del Fuoco’, dedicata al Prefetto Alberto Giombini, nato a Jesi e unanimemente riconosciuto come il creatore del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Tra i pezzi in mostra, estintori di varie forme ed epoche provenienti da tutto il mondo, compassi del Settecento, amperometri, voltmetri, altri strumenti di misura e una preziosa bicicletta dei Vigili del Fuoco del 1923.

L’allestimento dello spazio destinato ad accogliere l’eterogeneo materiale della collezione e’ stato realizzato nella porzione di un edificio sito in prossimita’ del centro storico di Jesi, disposto in parte a quota di campagna e in parte seminterrato, la cui superficie e’ di circa 130 mq, distribuiti su un unico livello e con un’altezza media di 4 metri. Il progetto nasce dall’idea di creare nella sala principale un percorso a fasce a partire dal centro fisico del settore circolare, posto all’incrocio dei raggi perpendicolari, da cui hanno origine le direttrici dei due setti espositivi in vetro attraversabili, che si agganciano ed appoggiano alla parallela interna al perimetro curvilineo dell’edificio, anch’essa costituita da una serie continua di vetrine-contenitore.

Adattare il locale all’esigenza di esporre tanti strumenti, per la maggior parte molto pesanti e voluminosi, ha significato affrontare e risolvere differenti questioni: – creare uno spazio capiente ma allo stesso tempo fluido e visitabile senza disturbarsi o intralciarsi a vicenda; – dare vita a piu’ ambienti che identifichino settori distinti tra loro e sviluppati su piu’ livelli, per dare movimento a uno spazio – il museo tradizionalmente inteso – per sua natura statico.

Per ottenere questo effetto la fascia perimetrale e’ stata soppalcata ad un’altezza di circa 1,10 metri dal pavimento anche per consentire un’illuminazione naturale piu’ diretta; – progettare vetrine resistenti al peso degli oggetti ma parimenti leggere, permeabili, trasparenti e in armonia con la forma originaria del locale. Allo scopo sono state utilizzate barre modulari di alluminio verniciato di diverse sezioni assemblate tramite giunti, fornite di un sistema di illuminazione interna su cavi in rame; – in sintesi, realizzare uno spazio che trasmetta il paziente e appassionato impegno del suo ideatore.

L’allestimento della collezione privata del committente-progettista si e’ rivelato un progetto ambizioso e laborioso, che ha permesso di ricostruire l’attivita’ dei Vigili del Fuoco nonche’ di altri settori professionali legati al lavoro dell’uomo da cui derivano le attuali strumentazioni di uso quotidiano.

Museo Autofunebri

Nel comune irpino di Atripalda, in provincia di Avellino, a trecento metri di altitudine, è visitabile questa inconsueta raccolta di mezzi funebri con vetture del Novecento tra le quali Cadillac, Fiat e Mercedes. Le auto sono caratterizzate da carrozzerie molto ornate, talune in stile barocco. Caratteristica comune ai vari mezzi sono le lavorazioni molto complesse, quasi a sottolineare, con la tipica religiosità campana, l’antica solennità del rito religioso celebrato per l’estremo commiato.

Struttura Museale "Musa"

Il MUSA possiede una esposizione permanente, una splendida collezione di trattori e macchine agricole, provenienti da tutto il mondo, con esemplari rari e in perfetto stato di conservazione. Nel percorso guidato, la macchina agricola, apparentemente fredda e astratta, prende vita e si circonda di figure di braccianti e padroncini, entusiasma nell’esperienza del riscaldamento delle ‘teste calde’ – motori particolarissimi che richiedevano l’accensione di un fuoco sotto la testata – diverte nell’osservare ingegnose modifiche e adattamenti alle esigenze particolari di trattori trasformati in autovetture e cingoli rivestiti di pneumatico per l’agibilità su strada, commuove, nel ricordo dei tanti, troppi braccianti che hanno perso la vita lottando per la dignità del proprio lavoro. L’allestimento, nel seguire le tappe della introduzione della tecnica nel faticoso e fiero lavoro dei campi, fa da sfondo a una serie infinita di racconti tradizionali, recupero di tecniche agricole e prodotti scomparsi o a rischio di scomparire

Museo dei Lambretta Club

Il museo nasce nel 2003 attraverso la collaborazione di alcuni appassionati dei Lambretta Club Campania. La collezione è esposta su due piani: al piano terra le Lambrette dal 1947 al 1970, al primo piano le Lambrette dal 1958 al 1970. In esposizione alcune versioni speciali (Olimpiadi Roma, Alpini, Gelataio, Barbiere, Vigili del Fuoco, Vigili Urbani, Croce Rossa Italiana, Coca-Cola, AGIP Gas, Poste Italiane, da competizione). A completamento della collezione si possono vedere l’archivio storico dei rivenditori Lambretta a livello regionale e nazionale e l’archivio dei verbali dei Lambretta Club d’Italia. Sono presenti trofei, medaglie olimpiche, poster e depliant.

Collezione Ferracchiato

Il mondo delle macchine agricole

Una Collezione che rende omaggio al mondo dell’agricoltura con macchine ed attrezzature, trattori, trebbiatrici, biciclette, mietilega, falci, bilance, scure, aratri. Molti mezzi sono omologati Asi. Ogni oggetto è stato completamente restaurato dopo accurata ricerca e documentazione sulla sua funzionalità, le caratteristiche tecniche, i materiali di costruzione e il necessario inquadramento storico. Tra gli oggetti di maggior spicco c’è un Landini L35 monocilindrico a testacalda, pure del 1955, un motore Deutz Mah 914 e alcune bicilette del Novecento. I mezzi sono correttamente conservati e custoditi e provengono dall’attività agricola portata avanti con passione e da lunghi anni dalla famiglia Ferracchiato. In esposizione anche un trattorino da fornace Lugli Golia. Questo mezzo permise di sostituire il trasporto animale all’interno degli spazi stretti delle fornaci,  molto diffuse in Italia negli anni Cinquanta e Sessanta. Erano realizzati dalla ditta Lugli di Carpi, terra ricca di inventiva per fronteggiare le innumerevoli esigenze degli agricoltori che, all’epoca, rappresentavano la prima risorsa economica del Paese. Tant’è vero che qualche anno prima della seconda guerra mondiale la stessa Lugli si cimentò nella produzione di “carioche” utilizzando componenti di recupero e motorizzazioni Fiat.

Collezione Riva Bellini

UNA VITA PER I MOTOSCAFI RIVA

I motoscafi Riva sono i più famosi e affascinanti al mondo. Lo sa bene Romano Bellini, che gestisce, con i figli Battista (che si chiama come suo papà, che fondò la Nautica Bellini oltre 50 anni fa) e Martina, un’azienda eccellenza nel settore della nautica da di porto a Clusane, sul Lago di Iseo – a pochi passi da dove i Riva nascono, a Sarnico – specializzata proprio nel rimessaggio ma soprattutto nella manutenzione e nel restauro di queste iconiche imbarcazioni (oggi anche di modelli di altri marchi), dai più piccoli particolari fino al fasciame completo dello scavo. Oltre a questo, presso lo stabilimento Bellini di Corte Franca, a pochi passi dalla bella struttura della Nautica, a Clusane, è visibile la più ricca e completa collezione di motoscafi Riva esistente, frutto della lungimiranza della famiglia, di Romano ma anche di Battista e Martina, nel mettere da parte, uno dopo l’altro, un esemplare per ogni modello della produzione dei tradizionali scafi in fasciame di mogano. Circa 20 esemplari, dal Riva Racer del 1929 (già Martini & Rossi) al più esclusivo dei modelli Riva, l’Aquarama di Ferruccio Lamborghini (1968) motorizzato con due motori V12 direttamente prelevati dalla produzione di vetture della Casa del Toro (Miura, in primis) in luogo dei tradizionali Chris Craft, passando per l’unico esemplare al mondo di Lancetta, del 1950, per il Sebino del 1954, il primo entrato in collezione e poi per Florida (1958), Ariston (1956), Olympic (1973) Super Ariston (1973) e l’iconica serie degli Aquarama, iniziata nel 1965 (sembra che il nome sia venuto in mente a Carlo Riva quando scoppiò la moda del “Cinerama”, sistema di proiezione che abbinava tre proiettori e fu quindi definito “cinema panoramico”, dal quale la crasi del nome). Il più particolare è quello che campeggia al centro della sala, personalizzato con tappezzerie firmate dall’artista contemporaneo Mr Brainwash (nome d’arte di Thierry Guetta, vicino agli ambienti più progressisti come Banksy e Keith Haring).
Un’esposizione imperdibile per tutti gli amanti dei Riva d’epoca che, per altro, è collocata nelle stanze sopra l’atelier, anch’esso visitabile, del dipartimento di restauro, dove si possono vedere in azione gli artigiani che riportano in vita queste straordinarie barche, mostrando i segreti e le tecniche di lavoro e toccando con mano ciò che sta dietro le quinte della rinascita di opere d’arte uniche. Oltre a questo è possibile vivere la Riva Aquarama Experience, il noleggio con conducente di un Aquarama sul Lago di Iseo.

Museo della Motorizzazione Militare

Il Museo Storico della Motorizzazione Militare è sorto nel 1955, per volere del Capo del Corpo Automobilistico in carica. Ospitato per oltre trentacinque anni nei locali della Caserma Rossetti di Roma, nel 1991 è stato trasferito nell’attuale struttura, la Caserma Arpaia, all’interno della Città Militare della Cecchignola, una località situata alla periferia sud di Roma, poco distante dal quartiere dell’Eur.

L’area di 50 mila mq, molto articolata, con ampi viali, zone verdi e volumi con struttura a “Scheda”, caratteristica dell’inizio Novecento, in passato era sede della Scuola della Motorizzazione Militare.

Il Museo, che rappresenta l’unica mostra in Italia dedicata ai veicoli militari, ha come obiettivo, evidenziato dal motto “con fede custodisco”, che appare sul suo stemma, quello di raccogliere e conservare il materiale storico e tecnico della Motorizzazione Militare, oltre a quello del Genio, dell’Artiglieria e delle Trasmissioni.

I cimeli esposti fanno di questo museo il principale veicolo dei valori etici e delle tradizioni del corpo e la giusta vetrina per la commemorazione delle gesta dei protagonisti della sua vicenda centenaria.

Sono raccolti oltre trecento veicoli tra autocarri, automobili, mezzi cingolati e corazzati ed anche circa sessanta motocicli, che costituiscono una collezione piuttosto variegata.

I sei padiglioni espositivi presentano una serie di spaccati sui momenti più salienti nell’arco di un centenario, ricchi di avvenimenti, invenzioni, sfide, sia in guerra, sia in pace. Ad esempio quello intitolato alla “Medaglia d’Oro Arturo Mercanti”, in cui si trovano la Direzione, una biblioteca-archivio che conserva dati e schede tecniche inerenti ai numerosi mezzi a motore affidati all’Esercito sino ai giorni nostri e la Sala Riunioni del Museo, è la testimonianza del primissimo sviluppo e dell’integrazione del trasporto militare con veicoli a motore.

Siamo a cavallo della Prima Guerra Mondiale: il veicolo a motore, fino ad allora utilizzato per il trasporto di materiali, diventa fondamentale.

Il Padiglione dei Mercanti ospita i primi autocarri con carrozzeria grigio-verde, il Fiat 17°, lo Zust, il Fiat 18 BL e l’ambulanza  Fiat tipo 2F, celebre grazie ad Hemingway e il suo “Addio alle armi” e la Fiat 513/4 con cui Vittorio Emanuele III si spostava sul fronte per visitare le truppe, è esposta inoltre la grande carta murale che riporta in dettaglio la prima grande manovra “auto-trasportata” compiuta dal Generale Cadorna in Trentino nel 1916.

Interessante anche il padiglione dedicato alla Seconda Guerra Mondiale, con le varie “coloniali”: Lancia Aprilia e Alfa Romeo 6 C 2500, Fiat 508 CM, la Lince, l’autoblindo costruito dalla Lancia e numerosi autocarri, come il Ceirano 50 CM, lo SPA 38R e l’OM 32.

Il padiglione dedicato alla storia e all’evoluzione dell’automobile, costituisce una sorta di museo nel museo e fa invidia ad altri musei dell’auto. In esso è ripercorso il cammino dell’auto, a partire dal veicolo a vapore di Cuognot del 1769 e dalla ricostruzione del carro a vapore De Dion Bouton, per giungere alle prime Fiat, la Zedel del 1910, la Renault A.G Torpedo, la Bianchi, la Balilla, l’Aprilia, l’Artena, l’Alfa Romeo 6C 2500 Sport carrozzata Boneschi, fino al pezzo forte: un’Alfa Romeo 1750.

Una peculiarità del Museo è rappresentata dalla scelta di non inserire i veicoli in scene o contesti bellici, per sottolineare la volontà di concentrare l’attenzione sulla macchina e sulla sua tecnica, al fine di comprenderne e apprezzarne lo sviluppo tecnologico e la sua funzionalità.