Museo Retro Camping

In vacanza con la casa

Settanta veicoli, tra auto caravan e camper, dal 1928 al 2011, ma anche cicli e motocicli, tende, air camping, oggetti, attrezzature e curiosità d’epoca rappresentano il nutrito corpus della singolare collezione custodita e valorizzata dal “Museo Retro Camping”. Un’esposizione eccezionale per la qualità e rarità dei veicoli raccolti secondo due fili conduttori: da un lato il meglio della produzione mondiale, dall’altro le aziende italiane, molte delle quali sono cadute in un oblio profondo. Modelli rari, in condizioni originali, curati in ogni dettaglio, dai complementi d’arredo alle stoviglie, in perfetta armonia con l’epoca di riferimento del caravan. Dove? In Brianza, a Robbiate (LC) presso Palazzo Bassi Brugnatelli, seicentesca dimora patrizia, essa stessa casa museo. L’ambientazione vuole rendere omaggio al campeggio delle origini, fatto di libertà e natura, ma anche di stile e rispetto. Chi? Tutto inizia un po’ per caso, nel 2015, quando l’architetto Marcello Bassi Brugnatelli s’imbatte nella sua prima roulotte, visitando il garage da ristrutturare di amici: una Sterckeman 310 minor del ’71 che gli verrà regalata. Una miccia esplosiva che ha aperto le porte di un mondo meraviglioso fatto di ingegno, tecnologia, creatività, design e tanta socialità ed avventura.

Collezione Alfa Mottini

Una vita per l’Alfa Romeo

Marco Mottini di Novara, classe 1965, ha l’Alfa Romeo nel DNA fin da bambino. Gli trasmette la passione il padre che non si accontenta di parlargli di belle automobili ma gli insegna, quando ha solo nove anni, a guidare l’auto di famiglia, un’elegante 1750 berlina. Era inevitabile che la passione Alfa si impadronisse di quel bimbo che, a soli dieci anni, acquista il primo numero di ‘Quattroruote’ e inizia a tappezzare le pareti della sua cameretta con modellini in scala 1/43. Si aggiungono, nel tempo, cataloghi, depliants, oggettistica di vario tipo, gadget molto rari, documentazione fotografica, libri, monografie, orologi, giocattoli, perfino i bottoni delle guardie di Arese, ovviamente tutto con il marchio del Biscione. Quando, intorno ai trent’anni, il lavoro gli permette di acquistare anche Giulia, 1750, 75, e tante altre, lo spazio non basta più e Mottini riempie addirittura un capannone per raccogliere e custodire la sua bella Collezione, che ricorda un po’ le vecchie officine, dove era piacevole intrattenersi. Mottino è sempre lieto di condividere con gli alfisti di mezza Europa che vengono a trovarlo emozioni e competenze, grazie alle quali ha guidato per anni la Commissione Tecnica Nazionale Auto dell’Automotoclub Storico Italiano ed oggi occupa la vicepresidenza del Registro Mille Miglia.

Museo Tonutti

É difficile immaginare che a Remanzacco, cittadina in provincia di Udine, con seimila abitanti, in mezzo ad un gruppo di case e capannoni siano radunati sotto lo stesso tetto i modelli di auto e moto più esclusivi, lussuosi, sportivi della storia dei motori. Invece, presso i locali del vecchio battiferro Tonutti, che accolgono il Museo che reca il nome del suo fondatore, oltre ai macchinari che testimoniano gli anni di impegno, dedizione e passione che, generazione dopo generazione, i membri della numerosa famiglia Tonutti hanno investito nella loro attività di costruttori di attrezzature e macchine agricole, si possono ammirare anche alcuni dei gioielli più preziosi delle due e quattro ruote.

L’idea di un museo scaturì da Gino, allorché l’espansione della produzione richiese una nuova e più ampia sede per la sua fabbrica. Il legame affettivo nei confronti dei vecchi capannoni, lo indusse a conservare tutta l’attrezzatura al loro interno, così da fermare il tempo e mantenere la medesima atmosfera dei tempi passati. Sono oltre duecento i pezzi che testimoniano l’attività della famiglia nella realizzazione di attrezzature rurali, contenuti nella officina fabbrile e nella sezione macchinari, due dei quattro reparti nei quali è organizzato il museo.

Percorrendo il pavimento d’argilla battuta del battiferro si ha la sensazione che l’atmosfera del passato non sia stata compromessa dagli interventi di restauro. I macchinari e le attrezzature, ancora perfettamente funzionanti, contribuiscono a rendere viva questa sezione, in cui sono raccolti i primi utensili adoperati per fabbricare i carri e gli aratri del 1864, ancora trainati dalla forza animale, i primi trapani a mano, la prima forgia del 1906 e il maglio azionato dalla forza idraulica del corso d’acqua che scorre adiacente alla fabbrica.

La sezione dedicata ai macchinari agricoli, invece, conserva non soltanto gli attrezzi e gli utensili per uso agricolo, ma anche alcune macchine che hanno rivestito un ruolo importante nella meccanizzazione agricola degli Anni Trenta e Quaranta.

Nelle sezioni auto e moto è possibile ammirare quattro lussuose Rolls Royce, oppure la Ferrari F40, che insieme alle Lamborghini, conferiscono un tono sportivo alla collezione. Spazio anche all’immaginazione nella parte dedicata alle “prime donne” cinematografiche, come l’avveniristica DeLorean, protagonista dei viaggi nel tempo della trilogia “Ritorno al Futuro”.

Non delude certamente la sezione dedicata alle moto d’epoca tra cui spiccano le Guzzi, moto italiane per antonomasia, e le Harley Davidson, mito dell’America “on the road”.

Museo della ferrovia Ceva-Ormea

La linea inaugurata a fine Ottocento

Dal mese di ottobre 2011 grazie alla collaborazione congiunta tra Comune di Nucetto, Museo Ferroviario Piemontese e Rete Ferroviaria Italiana, è stato allestito il Museo della linea ferroviaria Ceva-Ormea. È dedicato ad un percorso storico che ripercorre tutte le tappe dalla sua controversa nascita, al passaggio alla alimentazione elettrica trifase della linea, fino alla sua riconversione moderna. Un’opera di rilevanza culturale e storica, volta a valorizzare questa ferrovia, inaugurata nel 1893 con l’intento di collegare direttamente alla costa ligure di Oneglia l’entroterra dell’Alto Monregalese e della Val Tanaro, attraverso una nuova linea di valico lungo il Col di Nava, che purtroppo non vide mai la luce, lasciando come capolinea l’attuale stazione di Ormea, all’epoca importante capoluogo termale e di villeggiatura montana. Documenti storici e pannelli raccontano un mondo ormai dimenticato. All’esterno è stato ricostruito un tratto di binari. Pezzo forte dell’esposizione è l’ottocentesco carro coperto a cassa in legno H 509 appartenuto alle SFT (Strade Ferrate Ticinesi), messo a disposizione dal Museo Ferroviario Piemontese. Il Museo è visitabile previo appuntamento telefonico.

Museo delle Carrozze d'epoca

Situato a Roma e inserito nei Musei Regionali del Lazio, il museo “Mostra Permanente – Le Carrozze d’Epoca” è un luogo di cultura per tutti gli appassionati del mondo del cavallo e delle carrozze.

In uno spazio di 3.000 mq sono esposti 159 esemplari di veicoli d’epoca, appartenenti ad una collezione che vanta una raccolta di circa 600 carrozze, frutto di cinquant’anni di approfondita e appassionata ricerca.

Nella peculiare e ricca Mostra è possibile ammirare le originali bighe protagoniste dei film “Ben Hur” e “Il Gladiatore”, maestose “Berline”, tra le quali quella per bambini appartenuta alla principessa Sissi e eleganti Landaulet. Nella collezione spicca il Landau utilizzato dall’allora vescovo Karol Wojtyla per andare a sciare a Zakopane, in Polonia. Non mancano poi slitte, diligenze, risciò cinesi, carrozze orientali, un originale carro napoleonico con cannone apparso poi del film “Il Barone di Manchausen”, la carrozzella appartenuta all’attrice Anna Magnani, carri della I Guerra Mondiale, carri agricoli italiani finemente decorati, il carro dei pompieri, il carro irlandese del film “Un Uomo Tranquillo” con protagonista John Wayne, carovane simbolo delle avventure nel West, Omnibus, Coupé, carrozze di servizio d’ogni tipologia e tante altre ancora.

Inoltre, a corredo degli svariati esemplari di veicoli finora elencati, il Salone del Cavallo è completato da un’infinità di selle, finimenti, tra i quali i finimenti utilizzati per la diligenza del film “Ombre Rosse”, e bardature; il tutto scrupolosamente conservato nella Sala Finimenti.

E, ad ampliare ulteriormente la collezione, vi sono anche corazze, elmi, gualdrappe, armi d’epoca, antiche attrezzature, modellini di carrozze, quadri a tema, giocattoli antichi, accessori, preziose porcellane e quant’altro rappresenti l’ambiente ippotrainato.
Carico di un così importante patrimonio di valenza internazionale, il museo “Mostra permanente – Le Carrozze d’Epoca” intende rendere possibile la riscoperta delle antiche e affascinanti carrozze antesignane all’avvento delle autovetture, promuovendone la divulgazione storica, artistica, tecnica, culturale e didattica.

Un luogo dedicato agli esperti, che ricopre il luogo di centro di ricerca per gli studiosi del settore, ma anche spazio dedicato ai normali visitatori che intendono capire l’evoluzione di questo mezzo di trasporto.

Officine Benelli

Officine Benelli è il nome assegnato al vecchio complesso edilizio della fabbrica Benelli e al Progetto Culturale ad esso strettamente connesso, partendo dall’unico edificio storico rimasto utilizzabile della vecchia Fabbrica Motociclistica Benelli in viale Mameli a Pesaro.
I locali della vecchia fabbrica Benelli, completamente restaurati, sono occupati dal Registro Storico Benelli e dal Moto Club Pesaro “T. Benelli” a cui il comune di Pesaro, proprietario del locale, con delibera di Giunta comunale n.122 dell’8.06.2010 ha stabilito di concedere in comodato gratuito per destinarlo esclusivamente a Museo espositivo delle moto Benelli, MotoBi e delle moto Marchigiane ed alla realizzazione del progetto culturale “Officine Benelli” ad esso connesso.
I mille metri quadrati delle “Officine Benelli” di viale Mameli sono l’ultimo esempio di archeologia industriale, sede storica dell’Azienda metal meccanica che ha contribuito a scrivere la storia della città. Nei locali della vecchia fabbrica Benelli sono oggi, in esposizione permanente 150 motociclette Benelli e MotoBi.
Il percorso inizia dalla sala Tonino Benelli dove sono esposti fotografie di centauri pesaresi, trofei di ogni epoca e motori Benelli, MotoBi. e Molaroni. Prosegue nella grande sala dedicata a Giuseppe Benelli dove oltre alla prima motocicletta transitata a Pesaro nel 1897, un triciclo De Dion Bouton, due rarissime moto Molaroni degli anni venti e anche trenta Benelli costruite prima della seconda guerra mondiale e assolutamente protagoniste per raffinatezza tecnica ed estetica negli anni trenta.
Nel secondo salone tutti i tipi del modello Leoncino, motocicletta che ha segnato la rinascita del marchio Benelli dopo le rovine del secondo conflitto mondiale. Nello stesso salone in evidenza le pluricilindriche a sei e quattro cilindri costruite negli anni settanta, quando il marchio pesarese era stato acquisito dall’industriale argentino Alejandro De Tomaso. Poi la mostra prosegue al piano rialzato, una affascinante struttura di circa 300 mq completamente in legno dove sono in esposizione tutti i modelli prodotti dalla Motobì “l’aristocratica fra le moto” dal 1950 al 1970 e tutta la fantastica serie di ciclomotori Benelli e Motobi indiscussi protagonisti del mercato italiano negli anni sessanta. Uno spazio del piano rialzato è dedicato ad una improbabile partenza per moto da corsa costruite a Pesaro fra gli anni sessanta e ottanta MBA, Morbidelli, Piovaticci e Sanvenero. Tutte moto protagoniste in diverse competizioni a livello mondiale.
La straordinaria storia dei sei fratelli Benelli viene narrata dai soci dei due sodalizi che gestiscono il museo e coinvolgono i visitatori in una ambientazione unica nel suo genere grazie al fatto che le motociclette esposte sono i locali dove sono state progettate e costruite. Poi le stupefacenti vicende dei piloti da Tonino Benelli a Valentino Rossi primo e ultimo di una generazione di centauri che hanno appassionato migliaia di tifosi contribuisce ad arricchire una piacevole visita al mondo motociclistico di una zona indiscutibilmente ricca di storia.

Il museo Benelli e della moto Marchigiana, per il quale viene adottata la denominazione di Mototeca Storica Marchigiana, va inteso come parte importante ed integrante del progetto complessivo che prende il nome di Officine Benelli con il dichiarato intento di svolgere contemporaneamente la funzioni di:

Museo Espositivo delle Moto Benelli – MotoBi e delle Moto Marchigiane;
Centro Culturale di raccolta e diffusione di cultura motociclistica;
Sala Conferenze a disposizione del Museo e/o dell’Amministrazione Comunale;
Scuola di Restauro di Motociclette d’epoca;
Punto di Ritrovo con annessa attività di ristorazione;
Sede del Moto Club Benelli e del Registro Storico Benelli

Museo Memoriale della Libertà

Tutto è nato dalla decisione di costruire un percorso narrativo che rievocasse gli avvenimenti legati al tentativo, coronato da successo, di sfondare la linea gotica, il sistema difensivo costruito dai tedeschi per impedire l’accesso degli alleati nella pianura padana.
La decisione di dividere lo spazio in cinque scene è nata durante la fase di progettazione.
Nel l998, Arturo Ansaloni e lo scenografo Andrea Armieri decisero quali scene sarebbero state più rappresentative sull’argomento della Linea Gotica.
La prima scena avrebbe illustrato il rastrellamento di civili di un borgo appenninico da parte dell’Organizzazione Todt, per essere impiegati come manodopera per le fortificazioni in prossimità del fronte.
Le due scene successive avrebbero avuto il compito di fare comprendere ai visitatori la precarietà dell’esistenza vissuta dalla popolazione, durante il duro inverno del 1944, a causa dei bombardamenti anglo-americani.
Con la quarta scena, si sarebbe messo in risalto il fatto che i partigiani avevano deciso di reagire all’angosciosa situazione in cui era caduta Bologna, attaccando di notte, e con clamorosi colpi di mano i nazi-fascisti i quali approfittando della pausa invernale sulla vicinissima gotica organizzarono il 07 Novembre 1944 l’accerchiamento di una ottantina di partigiani asserragliati nelle rovine dell’ospedale Maggiore in  Riva Reno , dopo un giorno di combattimenti si arriva allo scontro di Porta Lame, con la vittoria dei Partigiani.
Per l’ultima scena si è deciso di ricreare l’ultimo scontro della vittoriosa offensiva alleata, che permise la liberazione dell’Italia Settentrionale: la scalata del Costone Riva, sede di un importante osservatorio tedesco, neutralizzato il quale fu possibile procedere alla conquista di Monte Belvedere, operazione indispensabile per sfondare la linea gotica.
In futuro si è preso in considerazione di realizzare la scenografia di via Rizzoli, percorsa dagli Alleati vincitori, tra il giubilo dei civili.

Museo della Valle dell’Idice

Il Museo della Valle dell’Idice è collocato in una scuola elementare costruita nel 1922 e dismessa nei primi anni ottanta. Questo edificio, dopo un’importante ed impegnativa ristrutturazione, che ha permesso di conservarne l’originale stile neorinascimentale, è oggi la sede del Museo, inaugurato il 3 novembre 2001.

E’ sorretto per l’attività culturale ed amministrativa dalla Fondazione Cervellati. L’attività si è concretizzata grazie alla convergenza di pubblico, il Comune di Budrio e privato, la famiglia di Sante Cervellati. Già nella denominazione del Museo emerge l’attenzione per le risorse territoriali e per i protagonisti della sua storia, uomini che individualmente o con un lavoro di squadra, ne hanno determinato le principali innovazioni e trasformazioni.

Il percorso espositivo inizia con la sezione dedicata all’inventore della radio (e illustre bolognese) Guglielmo Marconi. L’esposizione prosegue poi con numerosi e rari cimeli prodotti dalla fabbrica Ducati dall’origine al 1973: poster pubblicitari, rasoi, videocamere, fotocamere, apparecchi radiofonici e altri piccoli elettrodomestici straordinariamente conservati. Fra questi, il primo prodotto Ducati in assoluto: un condenser del 1936. La sezione Ducati si sviluppa quindi nei prodotti più famosi associati al marchio bolognese: i motocicli. In evidenza, il Cucciolo: uno dei primi e più fortunati modelli della casa. La storia delle moto Ducati continua con l’incredibile avventura di Tartarini e Monetti, che nel 1957 e 1958 effettuarono il giro del mondo in sella a 2 moto Ducati 175, qui esposte. Oltre alle moto originali, il Museo consente anche la visione del film originale del viaggio. Ducati è anche scooter: dalla collezione Mengoli, numerosi veicoli di questa produzione poco conosciuta al grande pubblico. Recentemente è stata organizzata un’interessante mostra sul sistema desmodromico.

Collezione del Camion e delle Corriere Politi

Oltre alle collezioni di camion e corriere storiche custodite dai soci nei siti a loro esclusiva disponibilità, nel corso dei 20 anni di vita del C.I.C.S. è nato anche un autoparco comune per soddisfare la necessità di spazi indispensabili per la custodia dei veicoli acquisiti e salvati da sicura distruzione.

E’ una raccolta di veicoli da trasporto di cose e persone nata circa 20 anni fa per volontà di un gruppo di collezionisti “pionieri” di questo genere di veicoli. Non è quindi un vero e proprio museo, ma una raccolta di 600 mezzi salvati dall’oblio (250 di questi veicoli sono funzionanti).

Camion, corriere, taxi, ambulanze, mezzi della polizia, camion del soccorso stradale, mezzi dei vigili del fuoco, autoscale e anche numerose vetture storiche. C’è anche una piccola officina per la manutenzione e leggeri restauri. Per scoprire il mondo di appassionati di questo genere di veicoli si può consultare i siti www.circolocamionstorici.it e www.collezionepoliti.it.

CHI ERA GINO TASSI

Classe 1920, Gino Tassi ha sempre vissuto a Bondeno, in provincia di Ferrara e di professione ha fatto l’autotrasportatore. Già prima della seconda guerra mondiale, con la sua ditta di trasporti, ha partecipato alla rinascita dell’Italia e al boom economico degli anni Sessanta. Grande appassionato di camion, ha utilizzato prevalentemente veicoli Lancia con cisterna, al servizio dello zuccherificio di Bondeno.

Quando è arrivata l’età della pensione, ha venduto il suo parco mezzi e si è dedicato a tenere i contatti con i primi collezionisti di camion storici, consigliandoli sui restauri e sollecitandoli a salvare gli ultimi esemplari esistenti.

Il giro degli appassionati si è allargato e, nel 1993, è stato promotore con altri dieci amici della nascita del Circolo Italiano Camion Storici, fondato ufficialmente un anno dopo, a qualche mese dalla sua prematura scomparsa.

Ecco perché il Circolo Italiano Camion Storici porta il suo nome. Dopo la fase del salvataggio, l’obiettivo del Club è l’affido dei veicoli storici ai soci per le operazioni di restauro. E’ quindi incessante la ricerca di nuovi appassionati che aiutino il Club nella missione di tramandare la cultura del motorismo storico industriale italiano.