Descrizione
Antonino Catanzaro, l’ideatore e il curatore del museo di Cerda, esprime in ogni parola la passione genuina per la Targa Florio della sua adorata Sicilia. Ospitato in un vecchio garage che era il quartier generale della Squadra Corse Alfa Romeo, questo piccolo ma intenso museo espone un’impressionante raccolta di foto, perlopiù in bianconero, oltre a rari cimeli, trofei, automobilia, libri, depliant, tute di celebri piloti, cataloghi, registri e oggettistica legata alla corsa. Per 34 anni anni operaio alla Fiat di Termini Imerese, una volta conquistata la pensione, Catanzaro ha potuto occuparsi della passione giovanile per la corsa su strada siciliana. Non gli è bastato raccogliere. Ha voluto riprodurre. Così, grazie a grandi plastici colorati realizzati da abili artigiani nel museo di Cerda si possono ammirare scene memorabili di alcune edizioni della Targa Florio, come la celeberrima toccatina agli alti marciapiedi di Collesano che costò la vittoria a Nino Vaccarella su Ferrari P4 nell’edizione 1967. Fra i molti oggetti esposti spicca la Targa del 1926, l’unica ad essere stata consegnata da Vincenzo Florio ad una casa costruttrice, la Bugatti, che proprio quell’anno portò a casa un risultato eccezionale: primo, secondo e terzo posto. Meta di molti raduni di auto storiche, il museo di Cerda non è distante da Floriopoli, luogo magico per gli appassionati, con le vestigia delle vecchie tribune e dei box. “Ogni volta che passò di lì”, racconta Catanzaro, “sento una fitta al cuore per la rovina e l’abbandono, per tacere delle condizioni del percorso, spesso impercorribile per smottamenti, buche profonde sul manto asfaltato e pericolosi gradini dovuti all’incuria e alla pessima manutenzione”. Poi spiega il lento e inesorabile declino: “Il 15 maggio 1977 il marchigiano Gabriele Ciuti su Osella sbandò sul rettilineo di Buonfornello provocando la morte di due spettatori. L’Automobile Club Palermo fu costretto a mettere in vendita le tribune, i box e la palazzina della Direzione Gara, ossia il “quartier generale” della corsa, per fronteggiare i danni conseguenti all’incidente. Il guaio è che nessuno si è fatto avanti nelle numerose aste che si sono succedute negli anni. Per giunta il progetto di restauro prevede una spesa consistente, superiore ai 60 milioni di euro, difficili da trovare in questi tempi di crisi senza il generoso intervento di qualche grosso sponsor”. Nell’attesa, bisogna accontentarsi dei plastici di Floriopoli.