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Descrizione

Gioielli del Made in Italy

 La Collezione dei fratelli Livon è un’opera d’arte fatta a mano. Non è un’esagerazione, ma la sintesi di una realtà oggettiva perché Nicola e Fabrizio non hanno acquistato le loro auto bell’e pronte, tirate a lucido, sfogliando gli annunci delle riviste specializzate o navigando sulla rete. Hanno fatto di più. Le hanno restaurate completamente con le loro mani. «All’inizio non potevamo permetterci di acquistare modelli già restaurati o perfettamente conservati», racconta Fabrizio, «così abbiamo acquistato vetture che avevano avuto vite difficili e le abbiamo riportate agli antichi splendori. Piano piano, con il valore aggiunto del nostro impegno fatto di studi, ricerche, documentazioni e infine lavoro duro, le abbiamo fatte rinascere. Ridare una nuova vita è un’emozione particolare, della quale andiamo molto fieri».

Il primo acquisto risale al 1988 e sembra uscito da un libro di favole. Durante un giro in moto nelle campagne del suo amato Friuli, Fabrizio vede spuntare da un fienile diroccato il muso di una Lancia Flaminia Coupè. E’ lei la numero uno. Seguita da una Flaminia Touring i cui interni vengono cuciti con la vecchia macchina Singer della nonna.

L’appetito vien mangiando, dice il proverbio. E succede così anche a loro che acquistano un’officina per migliorare la qualità dei restauri e, mese dopo mese, anno dopo anno, la arricchiscono con strumenti e utensili di qualità. Papà Cornelio, diploma d’Istituto d’Arte a Venezia, ebanista e ingegno smisurato, guarda con affetto i figli che hanno ereditato la sua passione per la meccanica.

Oggi la Collezione Livon è arrivata a quota 35, con Lancia Gamma coupè, Flaminia coupè, Flaminia GT Touring, Aurelia B20, Flaminia Convertibile proveniente dalla Germania dell’Est, Aurelia B24 Convertibile che arriva dall’Oregon. E ancora B24 Spider America, Flaminia Sport Zagato 3C, Maserati 3500 Spider Vignale, appartenuta ad uno psichiatra della California, citato su ‘Time’. Non mancano Alfa Romeo Villa d’Este color amaranto, Lamborghini Miura, Ferrari 250 Cabriolet curata con amore e tenerezza per farle dimenticare la sventagliata di mitra che aveva rimediato in Sicilia sulla fiancata destra. E poi Maserati 3500 Touring, Ghibli, Stanguellini 1100 Sport, Lamborghini Countach 4000 S e Ferrari 365 G BB. Splendida nella sua livrea verde inglese è la Dino 246 GT. In fase di restauro la prima Dino 206GT uscita dalla Ferrari, color grigio metallizzato e la Lancia Aprilia Sport Colli utilizzata da Bracco nella Mille Miglia del 1940.

Potrebbe bastare? Certo. Ma ci sono anche Maserati Bora, Mistral Coupé, Mistral Spider, Maserati 5000GT, Ferrari 275 GTB, Lamborghini Espada, Flaminia Sport Zagato con faro carenato. E in mezzo a tanto ben di Dio c’è pure un camion Esatau B del 1957. «E’ un camion ma ha l’eleganza di un’Aurelia» sintetizza Fabrizio Livon. L’obiettivo è trasformarlo in bisarca.

In una stanza riservata, c’è anche una perla più unica che rara. L’Alfa che fu il prototipo dal quale nacque la TZ acquistata a Firenze nel 2010 dall’ex pilota Vito Witting da Prato, grande esperto di Alfa. «L’Alfa Romeo GTZ Prototipo è la progenitrice della TZ», spiega Fabrizio Livon. E aggiunge che «grazie a un controllo minuzioso delle linee e dei dettagli e sovrapponendo la scansione della carrozzeria realizzata alle foto originali, abbiamo constatato che c’erano troppe differenze tra il primo progetto di restauro e le forme originali. A questo punto abbiamo deciso di ripartire da zero, procedendo con la tecnica della modellazione digitale realizzata in modo ineccepibile dall’architetto Gioacchino Acampora con un risultato molto fedele all’originale». E solo a vederla, quell’auto, fa battere forte il cuore.

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