Collezione Gianfranco Bisiccia

Auto, moto, biciclette, macchine agricole e attrezzi e manufatti utilizzati nell’agricoltura e nell’artigianato. Quella di Gianfranco Bisiccia è una collezione che racconta storia e tradizioni. Una raccolta che è frutto di 50 anni di attenzione verso il passato. La cura che il suo ideatore ha avuto per le cose che sono state utilizzate dall’uomo per coltivare la terra è stata tale da averlo spinto a raccogliere quanto non veniva più utilizzato dopo l’avvento dei macchinari a motore.
La collezione si compone di attrezzature e macchine agricole in uso nell’800 e 900 nelle campagne
per lo più dell’Italia Centrale e vanno dalle più piccole falci, zappe e coltelli alle più grandi trebbiatrici, sgranatrici e sgusciatrici e sfavatrici.
Le vecchie attrezzature agricole presenti nella collezione sono testimoni di tutto ciò che durante tutta l’attività agricola stagionale, poteva essere utilizzato per lo svolgimento delle varie fasi culturali. Non possono pertanto mancare: macchine semoventi e trattori, macchine operatrici per l’aratura, l’estirpatura, l’erpicatura, la semina, l’ archiatura, e la raccolta. C’è anche quello che veniva utilizzato nel vigneto e nella cantina, nella stalla e nel bosco.
Come detto all’inizio, completano la collezione auto, moto e biciclette degli anni ’20, ’30, ’50 e ’60.
La collezione non ha la presunzione di essere esauriente per quanto concerne il mondo contadino
ed artigiano delle Marche, ma rappresenta un significativo contributo alla conoscenza di quelle
realtà ormai perdute ed un invito a riviverle con emozione e spirito di riconoscenza.
Da anni sono Bisiccia è alla ricerca di Enti o istituzioni che possano mettere a disposizione locali idonei per la realizzazione di un museo pubblico dove tutto il materiale possa essere visibile dal pubblico, degli storici e delle scuole, che possono usufruire anche di una adeguata documentazione
storica. Si ricorda che l’intera collezione è supportata da un’opera libraria composta da 10 volumi, raccolti in tre cofanetti, per un totale di circa 4.000 pagine, che illustrano con foto, dati tecnici e notizie varie ogni elemento della collezione. Questi libri sono stati editi dall’Asi Service nel 2013 e sono acquistabili compilando l’apposito modulo su “La Manovella”.

Scuderia Traguardo

Museo di Amelia Collezione Traguardo.

Nel nome di Rinaldo Tinarelli rivive la passione motoristica della cittadina umbra di Amelia. La “Scuderia Traguardo” è parte integrante di “Amelia Motori” e quindi filiazione del “Magnete”, auto–motoclub amerino, un’associazione di grande vitalità. Amelia Motori–Scuderia Traguardo ha trovato una sede adatta alle sue iniziative: una vecchia concessionaria Fiat, in via Federico Zeri, che è stata riutilizzata, ristrutturata e trasformata in museo dei motori e nello stesso tempo in centro propulsivo, nella scia dell’attività dei soci del club “Il Magnete”. L’idea guida è quella di “sposare” la passione per i motori alla promozione turistica, affiancando ad auto e motoraduni d’epoca, iniziativa folkloristiche e di scoperta del territorio e delle sue particolarità artistiche, storiche, ambientali ed enogastronomiche. L’ex concessionaria, diventata a tutti gli effetti un polo multifunzionale, è ora sede di varie attività, prima fra tutte un’esposizione dinamica di mezzi d’epoca: auto e moto, ma anche mezzi agricoli. Dinamica in quanto si tratta di mostre che variano continuamente: ogni due mesi i mezzi esposti e le scenografie cambiano a rotazione, mentre ogni quattro mesi si realizza una mostra a tema specifico. I locali occupano circa 350 metri quadrati su due livelli. Al piano terra l’esposizione di mezzi d’epoca ma anche salone per conferenze; al piano rialzato, oltre agli uffici, una biblioteca per la consultazione di testi specializzati ed un mostra di modelli in miniatura. In uno spazio del salone è stata ricostruita una vecchia officina Fiat con grafica ed attrezzature originali. Non manca un ufficio di consulenza e disbrigo pratiche per vetture e moto d’epoca.

Museo della Bicicletta

Il fascino delle corse ciclistiche di un tempo fa venire in mente le epoche eroiche di Fausto Coppi e Gino Bartali, fatte anche di salite infinite da percorrere sullo sterrato. A fare da corollario alle epiche sfide tra i miti del ciclismo c’è la “carovana”, costituita dalle vetture d’assistenza dei corridori e i veicoli pubblicitari.

A rievocare il fascino delle corse di un tempo provvede ogni anno il Club Ruote d’Epoca in Valbormida organizzando la rievocazione del circuito di Cosseria. Un evento che è stato ben descritto su “La Manovella” dell’ottobre 2012.

Ma come conservare la memoria storica delle corse ciclistiche? A far nascere l’idea di raccogliere un bel po’ di biciclette è stato il ritrovamento nella metà degli anni ‘90 di molte due ruote da corsa degli anni’30. La scoperta del “tesoro” ha portato alla creazione del Museo della Bicicletta di Cosseria, prezioso scrigno nel quale è custodita parte della storia del ciclismo.

Per gli appassionati di questo sport una visita a questa struttura è obbligatoria.

Il piccolo comune della Val Bormida ha contribuito a valorizzare questa storia destinando al museo degli spazi nel centro del paese. Così antichi tesori come il velocipede del 1868 “Egal de Michaux” o la Rudge “Gran Bi” del 1881 sono visibili a tutti.

Interessante, per quanto riguarda l’evoluzione della bicicletta moderna, è la francese Clement del 1890, con telaio “a quadro”, il pignone fisso e la catena a maglie piene. Con una bici simile Charles Terrot ha corso nel 1891 la Parigi-Brest-Parigi (1.200 km) a 16,140 km/h di media. C’ è anche la Cycle Omega “Acatene” del 1899, bici priva di catena. La trasmissione del moto avviene tramite un albero inserito nel fodero posteriore. Altra curiosità di questo mezzo è il “freno invisibile”, con comando all’interno del cannotto dello sterzo. Una particolarità dovuta non a motivi estetici ma alla necessità di dotare la bici di un freno non visibile per poter dare la possibilità al proprietario di vantarsi dell’assenza di un sistema frenante. Queste sono solo alcuni dei gioielli custoditi in questa bella struttura, punto di riferimento per la storia della bicicletta in Italia. Interessante anche la pubblicazione “La bici d’epoca”, utile libro per gli appassionati.

Museo della “500” Dante Giacosa

Il Museo è nato a Garlenda, sede del Fiat 500 Club Italia, per diffondere il mito della 500 storica,diventata ormai un fenomeno sociale, culturale e di costume.

La 500 è infatti l’auto che ha traghettato l’Italia del dopoguerra verso la modernità. Gli anni in cui venne prodotta la 500 coincidono, in modo significativo, con un periodo centrale della storia economica e sociale della nostra nazione. Diciotto anni, dal ‘57 al ‘75, che hanno cambiato radicalmente il volto del Paese. Per la prima volta le famiglie avevano l’opportunità di spostarsi dalle città per gite di piacere al mare e in campagna; le donne, sempre più protagoniste della società, avevano un mezzo facile e maneggevole per fare la spesa, portare i figli a scuola e per recarsi al lavoro; per i giovani la 500 assumeva il significato di libertà e divertimento. Si trattava di un’auto alla quale, anche grazie alle sue linee simpatiche, si ci affezionava facilmente, tanto da essere conservata in famiglia per decenni e spesso tramandata di padre in figlio fino ai nostri giorni.

Il Museo “Dante Giacosa” è l’unico al mondo ad avere i video storici dell’Istituto Luce e della Fiat, interviste a personaggio famosi, documentazioni storiche e attuali sulla 500, incluse le numerose attività legate ad essa. Oltre 100 ore di contenuto video per soddisfare tutte le curiosità sul mitico cinquino: un inestimabile patrimonio documentaristico disponibile per tutti i visitatori consultando i 2 touch screen. La numerose sale contengono moltissimi elementi utili per capire l’importanta di questa vettura, con approfondimenti in grado di soddisfare ogni curiosità sulla mitica utilitaria torinese.

Al termine della visita al Museo, si può curiosare nel nuovissimo 500 Shop, dove è possibile acquistare gadget, abbigliamento, libri, DVD e modellini, tutti firmati 500 Club Italia, per portare a casa un ricordo del “viaggio nel tempo” fatto a Garlenda.

Museo Ducati

Il museo si trova a Borgo Panigale, in uno stabilimento di 1.000 mq nella sede storica della Ducati. È stato presentato nel giugno 1998, per celebrare la prima edizione del World Ducati Week, anche se l’inaugurazione risale all’ottobre dello stesso anno.

L’ambiente nel quale è conservata la raccolta, che testimonia la storia dell’azienda di Borgo Panigale, fondata nel 1926 dai fratelli Ducati, è piuttosto particolare ed originale. È caratterizzato da un casco rosso centrale di grandi dimensioni, circondato da 33 motociclette disposte su una pista illuminata.

Livio Lodi, curatore del museo, ha suddiviso la carrellata storica in sette stanze tematiche multimediali, in cui le emozioni suscitate dalle gloriose motociclette sono rievocate da filmati d’epoca, cimeli ed accessori che ripercorrono a tutto tondo la storia della Ducati.

La prima stanza celebra il “Cucciolo”, il capostipite della collezione; immesso sul mercato italiano nel 1946 micromotore della Ducati che diventerà un gran successo popolare e fornirà un considerevole aiuto alla motorizzazione.

La seconda stanza accoglie le motociclette che decretarono il successo della Ducati in ambito sportivo. Si tratta delle Gran Sport, familiarmente soprannominate Marianne, progettate per prendere parte al Giro d’Italia e alla Milano-Taranto.

Nella terza stanza sono esposti gli esemplari monocilindrici e i bicilindrici paralleli trialberi.

I modelli di serie a “carter larghi” rappresentano il culmine della linea evolutiva dei monocilindrici Ducati. Questi modelli si sono imposti sul mercato sin dall’inizio grazie alla loro raffinatezza tecnica e alle prestazioni.

I motori Ducati con distribuzione a coppie coniche sono ospitati dalla quarta stanza. L’avvento della gamma di motori bicilindrici da 750 cm3, sviluppati sotto forma di prototipo con le moto Gran Prix 500 cm3, che gareggiarono nel 1971, ha consolidato la reputazione di Ducati come costruttore di motociclette di grossa cilindrata e ha apportato notevoli contributi di matrice tecnica, fino alla realizzazione del motore con trasmissione a cinghia, il Pantha, che è celebrato nella stanza cinque del museo.

La sesta stanza è dedicata alla partecipazione della Ducati al Campionato del Mondo di Superbike, una competizione che valse alla storica Casa numerose vittorie. Infine, la settima stanza espone una serie di motociclette che hanno partecipato al MotoGP, tra cui la Ducati Desmodieci, che si è conquistata un posto nel cuore dei vecchi e dei nuovi appassionati. Il Motomondiale ha rappresentato, dopo trent’anni di assenza, una sfida impegnativa, che però Ducati ha superato fabbricando una delle motociclette più potenti che abbiano mai percorso i circuiti di tutto il mondo.

Museo ferroviario Montesilvano

Al cinema sul carro merci del secolo scorso

L’Associazione Culturale Amatori Ferrovie (ACAF), costituita da un primo gruppo di soci fondatori nel settembre 2002, si prefigge una serie di scopi di tutela, salvaguardia e valorizzazione della cultura ferroviaria italiana, con particolare riguardo al vissuto abruzzese del secolo Novecento.

Il Museo del treno di Montesilvano è il terzo sulla costa adriatica dopo quelli di Trieste Campo Marzio e Lecce. Il sito museale custodisce ed espone, perfettamente ed esteticamente restaurati, due locomotive (anni di costruzione 1924 e 1964) ed otto veicoli rimorchiati, di epoche diverse. Al loro interno si possono ammirare cimeli, reperti e testimonianze dell’esercizio, trazione, manutenzione e segnalamento ferroviario di un tempo. Uno dei vagoni storici preservati, il famoso carro merci FS “F1925” del periodo pre e post-bellico, è destinato a sala video-mediatica per gruppi di visitatori e scolaresche. L’ingresso è aperto al pubblico gratuitamente.

Prenotazione visite: 339 549 3395 per visite gruppi e scolaresche.

Museo del Fuoco e della Misura

Il percorso del fuoco e della misura.
Una singolare collezione privata di strumenti tecnici e antincendio.

Il piccolo museo prende forma all’interno dello studio professionale dei progettisti, con la duplice finalita’ di ristrutturare un vecchio magazzino di proprieta’ e valorizzare i circa 8.000 pezzi della collezione. La raccolta e’ stata nominata ‘Percorso del Fuoco e della Misura‘ per la particolarita’ degli oggetti in essa collocati – che richiamano l’attivita’ dei Vigili del Fuoco – ma anche in quanto rappresentazione metaforica della vita dell’uomo, fatta di fuoco e misura, perche’ piena di entusiasmi e delusioni superabili solo grazie all’equilibrio, alla misura, per l’appunto.

L’inaugurazione della struttura e’ avvenuta il 24 febbraio scorso nell’ambito della manifestazione ‘Incontro della Citta’ di Jesi con i Vigili del Fuoco’, dedicata al Prefetto Alberto Giombini, nato a Jesi e unanimemente riconosciuto come il creatore del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Tra i pezzi in mostra, estintori di varie forme ed epoche provenienti da tutto il mondo, compassi del Settecento, amperometri, voltmetri, altri strumenti di misura e una preziosa bicicletta dei Vigili del Fuoco del 1923.

L’allestimento dello spazio destinato ad accogliere l’eterogeneo materiale della collezione e’ stato realizzato nella porzione di un edificio sito in prossimita’ del centro storico di Jesi, disposto in parte a quota di campagna e in parte seminterrato, la cui superficie e’ di circa 130 mq, distribuiti su un unico livello e con un’altezza media di 4 metri. Il progetto nasce dall’idea di creare nella sala principale un percorso a fasce a partire dal centro fisico del settore circolare, posto all’incrocio dei raggi perpendicolari, da cui hanno origine le direttrici dei due setti espositivi in vetro attraversabili, che si agganciano ed appoggiano alla parallela interna al perimetro curvilineo dell’edificio, anch’essa costituita da una serie continua di vetrine-contenitore.

Adattare il locale all’esigenza di esporre tanti strumenti, per la maggior parte molto pesanti e voluminosi, ha significato affrontare e risolvere differenti questioni: – creare uno spazio capiente ma allo stesso tempo fluido e visitabile senza disturbarsi o intralciarsi a vicenda; – dare vita a piu’ ambienti che identifichino settori distinti tra loro e sviluppati su piu’ livelli, per dare movimento a uno spazio – il museo tradizionalmente inteso – per sua natura statico.

Per ottenere questo effetto la fascia perimetrale e’ stata soppalcata ad un’altezza di circa 1,10 metri dal pavimento anche per consentire un’illuminazione naturale piu’ diretta; – progettare vetrine resistenti al peso degli oggetti ma parimenti leggere, permeabili, trasparenti e in armonia con la forma originaria del locale. Allo scopo sono state utilizzate barre modulari di alluminio verniciato di diverse sezioni assemblate tramite giunti, fornite di un sistema di illuminazione interna su cavi in rame; – in sintesi, realizzare uno spazio che trasmetta il paziente e appassionato impegno del suo ideatore.

L’allestimento della collezione privata del committente-progettista si e’ rivelato un progetto ambizioso e laborioso, che ha permesso di ricostruire l’attivita’ dei Vigili del Fuoco nonche’ di altri settori professionali legati al lavoro dell’uomo da cui derivano le attuali strumentazioni di uso quotidiano.

Museo Autofunebri

Nel comune irpino di Atripalda, in provincia di Avellino, a trecento metri di altitudine, è visitabile questa inconsueta raccolta di mezzi funebri con vetture del Novecento tra le quali Cadillac, Fiat e Mercedes. Le auto sono caratterizzate da carrozzerie molto ornate, talune in stile barocco. Caratteristica comune ai vari mezzi sono le lavorazioni molto complesse, quasi a sottolineare, con la tipica religiosità campana, l’antica solennità del rito religioso celebrato per l’estremo commiato.

Struttura Museale "Musa"

Il MUSA possiede una esposizione permanente, una splendida collezione di trattori e macchine agricole, provenienti da tutto il mondo, con esemplari rari e in perfetto stato di conservazione. Nel percorso guidato, la macchina agricola, apparentemente fredda e astratta, prende vita e si circonda di figure di braccianti e padroncini, entusiasma nell’esperienza del riscaldamento delle ‘teste calde’ – motori particolarissimi che richiedevano l’accensione di un fuoco sotto la testata – diverte nell’osservare ingegnose modifiche e adattamenti alle esigenze particolari di trattori trasformati in autovetture e cingoli rivestiti di pneumatico per l’agibilità su strada, commuove, nel ricordo dei tanti, troppi braccianti che hanno perso la vita lottando per la dignità del proprio lavoro. L’allestimento, nel seguire le tappe della introduzione della tecnica nel faticoso e fiero lavoro dei campi, fa da sfondo a una serie infinita di racconti tradizionali, recupero di tecniche agricole e prodotti scomparsi o a rischio di scomparire

Museo dei Lambretta Club

Il museo nasce nel 2003 attraverso la collaborazione di alcuni appassionati dei Lambretta Club Campania. La collezione è esposta su due piani: al piano terra le Lambrette dal 1947 al 1970, al primo piano le Lambrette dal 1958 al 1970. In esposizione alcune versioni speciali (Olimpiadi Roma, Alpini, Gelataio, Barbiere, Vigili del Fuoco, Vigili Urbani, Croce Rossa Italiana, Coca-Cola, AGIP Gas, Poste Italiane, da competizione). A completamento della collezione si possono vedere l’archivio storico dei rivenditori Lambretta a livello regionale e nazionale e l’archivio dei verbali dei Lambretta Club d’Italia. Sono presenti trofei, medaglie olimpiche, poster e depliant.