Museo delle Carrozze d'epoca

Situato a Roma e inserito nei Musei Regionali del Lazio, il museo “Mostra Permanente – Le Carrozze d’Epoca” è un luogo di cultura per tutti gli appassionati del mondo del cavallo e delle carrozze.

In uno spazio di 3.000 mq sono esposti 159 esemplari di veicoli d’epoca, appartenenti ad una collezione che vanta una raccolta di circa 600 carrozze, frutto di cinquant’anni di approfondita e appassionata ricerca.

Nella peculiare e ricca Mostra è possibile ammirare le originali bighe protagoniste dei film “Ben Hur” e “Il Gladiatore”, maestose “Berline”, tra le quali quella per bambini appartenuta alla principessa Sissi e eleganti Landaulet. Nella collezione spicca il Landau utilizzato dall’allora vescovo Karol Wojtyla per andare a sciare a Zakopane, in Polonia. Non mancano poi slitte, diligenze, risciò cinesi, carrozze orientali, un originale carro napoleonico con cannone apparso poi del film “Il Barone di Manchausen”, la carrozzella appartenuta all’attrice Anna Magnani, carri della I Guerra Mondiale, carri agricoli italiani finemente decorati, il carro dei pompieri, il carro irlandese del film “Un Uomo Tranquillo” con protagonista John Wayne, carovane simbolo delle avventure nel West, Omnibus, Coupé, carrozze di servizio d’ogni tipologia e tante altre ancora.

Inoltre, a corredo degli svariati esemplari di veicoli finora elencati, il Salone del Cavallo è completato da un’infinità di selle, finimenti, tra i quali i finimenti utilizzati per la diligenza del film “Ombre Rosse”, e bardature; il tutto scrupolosamente conservato nella Sala Finimenti.

E, ad ampliare ulteriormente la collezione, vi sono anche corazze, elmi, gualdrappe, armi d’epoca, antiche attrezzature, modellini di carrozze, quadri a tema, giocattoli antichi, accessori, preziose porcellane e quant’altro rappresenti l’ambiente ippotrainato.
Carico di un così importante patrimonio di valenza internazionale, il museo “Mostra permanente – Le Carrozze d’Epoca” intende rendere possibile la riscoperta delle antiche e affascinanti carrozze antesignane all’avvento delle autovetture, promuovendone la divulgazione storica, artistica, tecnica, culturale e didattica.

Un luogo dedicato agli esperti, che ricopre il luogo di centro di ricerca per gli studiosi del settore, ma anche spazio dedicato ai normali visitatori che intendono capire l’evoluzione di questo mezzo di trasporto.

Officine Benelli

Officine Benelli è il nome assegnato al vecchio complesso edilizio della fabbrica Benelli e al Progetto Culturale ad esso strettamente connesso, partendo dall’unico edificio storico rimasto utilizzabile della vecchia Fabbrica Motociclistica Benelli in viale Mameli a Pesaro.
I locali della vecchia fabbrica Benelli, completamente restaurati, sono occupati dal Registro Storico Benelli e dal Moto Club Pesaro “T. Benelli” a cui il comune di Pesaro, proprietario del locale, con delibera di Giunta comunale n.122 dell’8.06.2010 ha stabilito di concedere in comodato gratuito per destinarlo esclusivamente a Museo espositivo delle moto Benelli, MotoBi e delle moto Marchigiane ed alla realizzazione del progetto culturale “Officine Benelli” ad esso connesso.
I mille metri quadrati delle “Officine Benelli” di viale Mameli sono l’ultimo esempio di archeologia industriale, sede storica dell’Azienda metal meccanica che ha contribuito a scrivere la storia della città. Nei locali della vecchia fabbrica Benelli sono oggi, in esposizione permanente 150 motociclette Benelli e MotoBi.
Il percorso inizia dalla sala Tonino Benelli dove sono esposti fotografie di centauri pesaresi, trofei di ogni epoca e motori Benelli, MotoBi. e Molaroni. Prosegue nella grande sala dedicata a Giuseppe Benelli dove oltre alla prima motocicletta transitata a Pesaro nel 1897, un triciclo De Dion Bouton, due rarissime moto Molaroni degli anni venti e anche trenta Benelli costruite prima della seconda guerra mondiale e assolutamente protagoniste per raffinatezza tecnica ed estetica negli anni trenta.
Nel secondo salone tutti i tipi del modello Leoncino, motocicletta che ha segnato la rinascita del marchio Benelli dopo le rovine del secondo conflitto mondiale. Nello stesso salone in evidenza le pluricilindriche a sei e quattro cilindri costruite negli anni settanta, quando il marchio pesarese era stato acquisito dall’industriale argentino Alejandro De Tomaso. Poi la mostra prosegue al piano rialzato, una affascinante struttura di circa 300 mq completamente in legno dove sono in esposizione tutti i modelli prodotti dalla Motobì “l’aristocratica fra le moto” dal 1950 al 1970 e tutta la fantastica serie di ciclomotori Benelli e Motobi indiscussi protagonisti del mercato italiano negli anni sessanta. Uno spazio del piano rialzato è dedicato ad una improbabile partenza per moto da corsa costruite a Pesaro fra gli anni sessanta e ottanta MBA, Morbidelli, Piovaticci e Sanvenero. Tutte moto protagoniste in diverse competizioni a livello mondiale.
La straordinaria storia dei sei fratelli Benelli viene narrata dai soci dei due sodalizi che gestiscono il museo e coinvolgono i visitatori in una ambientazione unica nel suo genere grazie al fatto che le motociclette esposte sono i locali dove sono state progettate e costruite. Poi le stupefacenti vicende dei piloti da Tonino Benelli a Valentino Rossi primo e ultimo di una generazione di centauri che hanno appassionato migliaia di tifosi contribuisce ad arricchire una piacevole visita al mondo motociclistico di una zona indiscutibilmente ricca di storia.

Il museo Benelli e della moto Marchigiana, per il quale viene adottata la denominazione di Mototeca Storica Marchigiana, va inteso come parte importante ed integrante del progetto complessivo che prende il nome di Officine Benelli con il dichiarato intento di svolgere contemporaneamente la funzioni di:

Museo Espositivo delle Moto Benelli – MotoBi e delle Moto Marchigiane;
Centro Culturale di raccolta e diffusione di cultura motociclistica;
Sala Conferenze a disposizione del Museo e/o dell’Amministrazione Comunale;
Scuola di Restauro di Motociclette d’epoca;
Punto di Ritrovo con annessa attività di ristorazione;
Sede del Moto Club Benelli e del Registro Storico Benelli

Museo Memoriale della Libertà

Tutto è nato dalla decisione di costruire un percorso narrativo che rievocasse gli avvenimenti legati al tentativo, coronato da successo, di sfondare la linea gotica, il sistema difensivo costruito dai tedeschi per impedire l’accesso degli alleati nella pianura padana.
La decisione di dividere lo spazio in cinque scene è nata durante la fase di progettazione.
Nel l998, Arturo Ansaloni e lo scenografo Andrea Armieri decisero quali scene sarebbero state più rappresentative sull’argomento della Linea Gotica.
La prima scena avrebbe illustrato il rastrellamento di civili di un borgo appenninico da parte dell’Organizzazione Todt, per essere impiegati come manodopera per le fortificazioni in prossimità del fronte.
Le due scene successive avrebbero avuto il compito di fare comprendere ai visitatori la precarietà dell’esistenza vissuta dalla popolazione, durante il duro inverno del 1944, a causa dei bombardamenti anglo-americani.
Con la quarta scena, si sarebbe messo in risalto il fatto che i partigiani avevano deciso di reagire all’angosciosa situazione in cui era caduta Bologna, attaccando di notte, e con clamorosi colpi di mano i nazi-fascisti i quali approfittando della pausa invernale sulla vicinissima gotica organizzarono il 07 Novembre 1944 l’accerchiamento di una ottantina di partigiani asserragliati nelle rovine dell’ospedale Maggiore in  Riva Reno , dopo un giorno di combattimenti si arriva allo scontro di Porta Lame, con la vittoria dei Partigiani.
Per l’ultima scena si è deciso di ricreare l’ultimo scontro della vittoriosa offensiva alleata, che permise la liberazione dell’Italia Settentrionale: la scalata del Costone Riva, sede di un importante osservatorio tedesco, neutralizzato il quale fu possibile procedere alla conquista di Monte Belvedere, operazione indispensabile per sfondare la linea gotica.
In futuro si è preso in considerazione di realizzare la scenografia di via Rizzoli, percorsa dagli Alleati vincitori, tra il giubilo dei civili.

Museo della Valle dell’Idice

Il Museo della Valle dell’Idice è collocato in una scuola elementare costruita nel 1922 e dismessa nei primi anni ottanta. Questo edificio, dopo un’importante ed impegnativa ristrutturazione, che ha permesso di conservarne l’originale stile neorinascimentale, è oggi la sede del Museo, inaugurato il 3 novembre 2001.

E’ sorretto per l’attività culturale ed amministrativa dalla Fondazione Cervellati. L’attività si è concretizzata grazie alla convergenza di pubblico, il Comune di Budrio e privato, la famiglia di Sante Cervellati. Già nella denominazione del Museo emerge l’attenzione per le risorse territoriali e per i protagonisti della sua storia, uomini che individualmente o con un lavoro di squadra, ne hanno determinato le principali innovazioni e trasformazioni.

Il percorso espositivo inizia con la sezione dedicata all’inventore della radio (e illustre bolognese) Guglielmo Marconi. L’esposizione prosegue poi con numerosi e rari cimeli prodotti dalla fabbrica Ducati dall’origine al 1973: poster pubblicitari, rasoi, videocamere, fotocamere, apparecchi radiofonici e altri piccoli elettrodomestici straordinariamente conservati. Fra questi, il primo prodotto Ducati in assoluto: un condenser del 1936. La sezione Ducati si sviluppa quindi nei prodotti più famosi associati al marchio bolognese: i motocicli. In evidenza, il Cucciolo: uno dei primi e più fortunati modelli della casa. La storia delle moto Ducati continua con l’incredibile avventura di Tartarini e Monetti, che nel 1957 e 1958 effettuarono il giro del mondo in sella a 2 moto Ducati 175, qui esposte. Oltre alle moto originali, il Museo consente anche la visione del film originale del viaggio. Ducati è anche scooter: dalla collezione Mengoli, numerosi veicoli di questa produzione poco conosciuta al grande pubblico. Recentemente è stata organizzata un’interessante mostra sul sistema desmodromico.

Museo dei Trattori e Macchine d’epoca

L’Emilia è rinomata, oltre che per la cucina anche per i motori. Lo deve a marchi quali Ducati, Ferrari, Lamborghini e Maserati, che hanno prodotto modelli di perfezione estetica e meccanica, che grazie alle competizioni sono conosciuti anche all’estero.

Ma la ricchezza di questa regione è da attribuire anche a mezzi poco competitivi, però sicuramente indispensabili: i poderosi lavoratori dei campi, i trattori, prezioso anello di congiunzione tra il settore primario e il secondario. Nasce infatti a Fabbrico, in provincia di Reggio Emilia, una delle più note aziende costruttrici di trattori: la Landini, fondata da Giovanni Landini nel 1884.

Landini si ispirò ai primi motori a testa calda per realizzare il modello 25/30 HP, primo trattore agricolo a testa calda, che si rivelerà un successo e sarà costruito in serie a partire dal 1925.

Il Museo è all’interno di un capannone ben rifinito e funzionale, in cui i trattori sono esposti secondo un criterio cronologico. I visitatori sono subito accolti da una locomobile, ossia un carro trainabile provvisto di motore, della potenza di 16/18 CV, seguito da un trattore “30 HP” del 1928, il primo ad essere prodotto in piccola serie dalla Casa emiliana. Si possono trovare anche un SuperLandini-SL 50, potente e solido, quasi statuario e il più piccolo “Velite”, dotato di un posto di guida dalle caratteristiche ergonomiche sorprendenti per quel periodo.

L’esposizione dei mezzi Landini si chiude con modello “R25” del 1958, tra i primi con motore diesel; tuttavia la visita prosegue all’insegna dell’internazionalità, con un trattore dell’Hanomag, usato per spostare gli aerei all’aeroporto di Monaco di Baviera ed alcuni motori stazionari provenienti dall’estero, come il “Waterloo Boy”.

Anche gli estimatori delle due ruote saranno soddisfatti dalla collezione, infatti, il fondatore del Museo, grande appassionato di moto, ha dedicato uno spazio anche ai motoveicoli e ai ciclomotori degli anni Cinquanta.

Collezione del Camion e delle Corriere Politi

Oltre alle collezioni di camion e corriere storiche custodite dai soci nei siti a loro esclusiva disponibilità, nel corso dei 20 anni di vita del C.I.C.S. è nato anche un autoparco comune per soddisfare la necessità di spazi indispensabili per la custodia dei veicoli acquisiti e salvati da sicura distruzione.

E’ una raccolta di veicoli da trasporto di cose e persone nata circa 20 anni fa per volontà di un gruppo di collezionisti “pionieri” di questo genere di veicoli. Non è quindi un vero e proprio museo, ma una raccolta di 600 mezzi salvati dall’oblio (250 di questi veicoli sono funzionanti).

Camion, corriere, taxi, ambulanze, mezzi della polizia, camion del soccorso stradale, mezzi dei vigili del fuoco, autoscale e anche numerose vetture storiche. C’è anche una piccola officina per la manutenzione e leggeri restauri. Per scoprire il mondo di appassionati di questo genere di veicoli si può consultare i siti www.circolocamionstorici.it e www.collezionepoliti.it.

CHI ERA GINO TASSI

Classe 1920, Gino Tassi ha sempre vissuto a Bondeno, in provincia di Ferrara e di professione ha fatto l’autotrasportatore. Già prima della seconda guerra mondiale, con la sua ditta di trasporti, ha partecipato alla rinascita dell’Italia e al boom economico degli anni Sessanta. Grande appassionato di camion, ha utilizzato prevalentemente veicoli Lancia con cisterna, al servizio dello zuccherificio di Bondeno.

Quando è arrivata l’età della pensione, ha venduto il suo parco mezzi e si è dedicato a tenere i contatti con i primi collezionisti di camion storici, consigliandoli sui restauri e sollecitandoli a salvare gli ultimi esemplari esistenti.

Il giro degli appassionati si è allargato e, nel 1993, è stato promotore con altri dieci amici della nascita del Circolo Italiano Camion Storici, fondato ufficialmente un anno dopo, a qualche mese dalla sua prematura scomparsa.

Ecco perché il Circolo Italiano Camion Storici porta il suo nome. Dopo la fase del salvataggio, l’obiettivo del Club è l’affido dei veicoli storici ai soci per le operazioni di restauro. E’ quindi incessante la ricerca di nuovi appassionati che aiutino il Club nella missione di tramandare la cultura del motorismo storico industriale italiano.

Collezione Mauro Calestrini

Pregevoli esemplari della Piaggio, molti pezzi unici.

La produzione Piaggio, dalle Vespe con esemplari vari in condizioni di conservazione esemplare. Dai motori marini, alla vettura Vespa ai mezzi di trasporto Ape e rimorchi. Raro sidecar per Vespa. Premi e coppe dei raduni e corse con Vespa.

Calestrini dal ’95 raccoglie tutta la documentazione Piaggio ed è stato Presidente del World Club Vespa. Ha un eccezionale archivio con documenti e foto con Caproni plurivincitore di gare con Vespa. Notevole l’Ape con le scritte Coca-Cola ultimo rimasto della produzione Piaggio.

Collezione Mario Sassi

Una visione ad un incrocio stradale è stata l’origini della passione di Mario Sassi per le motociclette Ducati. Appena sedicenne, dopo aver visto in un crocevia una Ducati 100 Sport, il giovane emiliano decide di destinare il suo primo stipendio (40.000 lire) all’acquisto di questa mitica motocicletta di Borgo Panigale. Non a caso questo moto è la prima esposta nel percorso della collezione che raccoglie alcuni dei più significativi prodotti della Ducati.

Non solo motociclette: pochi sanno infatti che all’inizio della sua storia l’azienda bolognese produceva rasoi, radio e condensatori. Solo con il “Cucciolo”, il motore ausiliario applicabile alle biciclette prodotto dopo la seconda guerra mondiale, la Ducati inizia la sua produzione motociclistica. Le cinquanta moto esposte nei locali di Mario Sassi raccontano questa storia, coprendo un arco temporale compreso tra il 1950 e i primi anni ’90.

Visitando l’esposizione l’appassionato incontra motocicli come la Ducati 200 Elite del 1958, la 250 Mach 1 del 1965 (in grado di superare i 160 km/h, la più veloce “duemezzo” del suo periodo), la 250 Scrambler del 1968 e la ricercatissima 750 Super Sport del 1974. La collezione si integra perfettamente con il Museo Ducati di Borgo Panigali, riservata quasi esclusivamente alle motociclette da competizione.

Collezione Pollini

Lo sviluppo dell’automobile ha evidenziato anche l’evoluzione della società. I progressi tecnici di questo complesso prodotto hanno riflesso anche quelli che sono stati i salti in avanti compiuti nel settore della produzione industriale e in altri campi. Ma come evidenziare lo stretto legame tra il mondo dell’auto e quello delle varie organizzazioni economiche? Un collezionista di Bologna ha provato a rispondere a questa domanda creando un’associazione che ha come scopo quello di favorire la conoscenza dell’evoluzione delle abitudini e del costume dagli anni ’50 al 2000 attraverso la storia e i modelli delle auto che hanno accompagnato più generazioni. Un modo per evidenziare quel sottile legame che esiste tra auto e mondo del cinema, della moda, dello sport, della politica e dell’arte.

Quest’organizzazione (che ha ottenuto il patrocinio del Comune di Casalecchio di Reno) è stata creata dal collezionista Giovanni Pollini. L’appassionato ha saputo mettere insieme una ricca raccolta di materiale automobilistico: modellini d’auto, depliant pubblicitari, libretti d’uso e manutenzione,riviste specializzate, modelli di vetture d’epoca, ed oggetti che gravitano intorno al mondo dell’auto (dalle radio a valvole al mangiadischi, dal vecchio biglietto dell’autostrada al gettone telefonico e tante altre curiosità).

Alla scoperta dell’affascinate mondo dell’automobile spiegato attraverso i suoi legami con la storia, i personaggi, il cinema, la musica e altri importanti aspetti della società dal 1950 al 2000.

Aneddoti di storia e di memoria suscitano nostalgia in alcuni ed il piacere della scoperta in altri.

Collezione Righini

La collezione d’auto e moto Righini è conservata all’interno del Castello di Panzano a Castelfranco Emilia, in provincia di Modena, un tempo appartenuto al casato Malvasia.

Le antiche mura della struttura racchiudono la testimonianza della grande passione di Mario Righini per il recupero e il restauro di auto antiche, coltivata sin dalla giovinezza, allorché assistette alla demolizione degli automezzi requisiti dallo Stato. E così, mantenendo fede alla promessa di raccogliere il maggior numero di auto e moto d’epoca, Righini ha conservato la storia dei motori del nostro paese negli spazi del castello un tempo destinati agli ambienti di servizio.

La collezione composta da circa 350 esemplari, tra cui spiccano la Auto Avio Costruzioni 815 del 1940, la prima vettura costruita da Enzo Ferrari, quando ancora non esisteva la sua fabbrica, acquistata da Righini dal Museo di San Martino in Rio; l’Alfa Romeo 2300 8C, appartenuta al leggendario Tazio Nuvolari, che con essa vinse la Targa Florio nel 1933 e il Gran Premio di Monza; la singolare Fiat Chiribiri del 1912, che nell’aspetto ricorda un sigaro su quattro ruote, in grado di raggiungere velocità sorprendenti per l’epoca. Non mancano anche altri pezzi che rappresentano il meglio dell’automobilismo, come Ferrari, Mercedes Benz, Isotta Fraschini, Rolls Royce.

Ad accogliervi sarà Mario Righini in persona, che dimora proprio presso il castello.